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lunedì 28 luglio 2014

Alcuni batteri si ibernano nei cristalli di sale



Una sorprendente scoperta è stata fatta dal biologo spagnolo Josè  Maria Gomez, ancor di più perché osservata con un microscopio nella sua abitazione.  Ha introdotto delle cellule di Escherichia Coli (un batterio presente in grosse quantità  nel nostro intestino) in acqua salata e ha notato come essi cristallizzavano il sale, modulandone sviluppo e crescita dei cristalli. Quando l’acqua si è asciugata si sono create delle formazioni tridimensionali morfologicamente complesse, dette biosaline, all’interno delle quali i batteri si sono come ibernati: ma, straordinariamente, essi hanno ripreso a vivere bagnando nuovamente i cristalli.

La scoperta “casalinga” è stata poi confermata presso il Laboratory of BioMineralogy and Astrobiological Research (LBMARS) in Spagna, all’Università di Valladolid, dove Gomez lavora. Fino ad oggi, si sapeva di modelli affini creati da soluzioni saline e proteine ​​isolate, ma questa per gli scienziati è una grossa novità: le cellule batteriche possono gestire la cristallizzazione del cloruro di sodio e generare strutture biosaline auto-organizzate. "Il risultato più interessante è che i batteri entrano in uno stato di ibernazione all'interno di questi modelli essiccati, ma possono successivamente rivivere dopo una reidratazione" ha detto Gomez.

La ricchezza e la complessità di queste formazioni hanno un significato particolare: possono essere utilizzate come firme biologiche nella ricerca della vita in ambienti estremamente asciutti al di fuori del nostro pianeta, come ad esempio sulla superficie di Marte o di Europa (un satellite di Giove). Non a caso, il laboratorio LBMARS sta partecipando al progetto col quale l’ESA porterà il rover ExoMars sul pianeta rosso nel 2018: con questa nuova scoperta si potrebbero calibrare gli strumenti, usando i modelli cristallizzati per rilevare simili segni di ibernazione o comunque tracce di vita extraterrestre.

Al di là degli sviluppi astrobiologici la casualità e la passione fanno da cornice a questa scoperta e al modo in cui è avvenuta. Il dottor Gomez avrebbe potuto, come la maggior parte di noi, staccare la spina dalla quotidianità lavorativa una volta tornato a casa; invece, aveva magari un’idea, una verifica, un banale controllo da fare e non ha atteso l’indomani e l’ufficio. Sulla routine e sulla stanchezza di quella giornata hanno avuto la meglio, premiandolo, il carpe diem, l’entusiasmo e la dedizione per la sua attività scientifica.

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