Una
sorprendente scoperta è stata fatta dal biologo spagnolo Josè Maria Gomez, ancor di più perché osservata
con un microscopio nella sua abitazione.
Ha introdotto
delle cellule di Escherichia Coli (un batterio presente in grosse
quantità nel nostro intestino) in acqua
salata e ha notato come essi cristallizzavano il sale, modulandone sviluppo e crescita dei cristalli. Quando l’acqua si è asciugata si sono create
delle formazioni tridimensionali morfologicamente
complesse, dette biosaline,
all’interno delle quali i batteri si sono come ibernati: ma,
straordinariamente, essi hanno ripreso a vivere bagnando nuovamente i cristalli.
La
scoperta “casalinga” è stata poi confermata presso il Laboratory of BioMineralogy and Astrobiological
Research (LBMARS) in Spagna, all’Università di Valladolid, dove Gomez lavora.
Fino ad oggi, si sapeva di modelli
affini creati da soluzioni saline e proteine isolate,
ma questa per gli scienziati è una
grossa novità: le cellule batteriche possono gestire la cristallizzazione del cloruro di sodio e generare strutture biosaline auto-organizzate.
"Il risultato più interessante è
che i batteri entrano in uno stato di ibernazione all'interno di
questi modelli essiccati, ma possono successivamente rivivere
dopo una reidratazione" ha detto Gomez.
La
ricchezza e la complessità di queste formazioni hanno un
significato particolare: possono essere utilizzate come
firme biologiche nella ricerca della
vita in ambienti estremamente asciutti al di fuori del nostro pianeta, come ad esempio sulla superficie di
Marte o di Europa (un satellite
di Giove). Non a caso, il laboratorio LBMARS sta partecipando al progetto col quale
l’ESA porterà il rover ExoMars sul
pianeta rosso nel 2018: con questa nuova scoperta si
potrebbero calibrare gli strumenti, usando i modelli cristallizzati per
rilevare simili segni di ibernazione
o comunque tracce di vita
extraterrestre.
Al di là degli sviluppi astrobiologici la
casualità e la passione fanno da cornice a questa scoperta e al modo in cui è
avvenuta. Il dottor Gomez avrebbe potuto, come la maggior parte di noi,
staccare la spina dalla quotidianità lavorativa una volta tornato a casa;
invece, aveva magari un’idea, una verifica, un banale controllo da fare e non
ha atteso l’indomani e l’ufficio. Sulla routine e sulla stanchezza di
quella giornata hanno avuto la meglio, premiandolo, il carpe diem, l’entusiasmo
e la dedizione per la sua attività scientifica.
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