Sapevo che da un momento all’altro la mia vena provocatoria
sarebbe venuta fuori. E allora è il caso di iniziare. Per chi non lo sapesse,
oltre alla passione sfrenata per la scrittura, che mi porta ad essere qui, nel
quotidiano sono ingegnere. Bè, in fondo non vuol dire niente, è una professione
come tante, per di più inflazionata negli ultimi decenni. All’epoca della mia iscrizione
all’università (il terzo Politecnico d’Italia in ordine di apparizione, quello di Bari) sembrava ancora una laurea privilegiata e, a leggere gli annunci
lavorativi, di questi tempi ancora al top delle richieste. Ma non è questo il
punto, anche perché oggi, un po’ in tutti
i campi, la richiesta è bassa. Il punto riguarda tutta quella serie di
professioni che riguardano il web e che, volenti o nolenti, con un titolo di
studio non hanno niente in comune. Premessa: io sono favorevolissimo al
progresso in tutte le sue forme, positive s’intende, e quando penso ai social
(fuocherello, ci siamo quasi) li vedo come uno strumento nuovissimo ed
efficiente di comunicazione e di promozione (fuoco: ecco, questo è il nocciolo
della questione).
Mi sono iscritto a Twitter e a G+ quasi 2 anni fa, vi
risparmio il mio rapporto con Facebook che è passato da idilliaco andante ad un
odioso spinto (mi sono disattivato dopo 3 anni di apparizioni/sparizioni, parlo
di profilo personale e non professionale). Dicevo, su questi due social seguo
un po’ di utenti che hanno moltissimi follower (accaniti, mi sembra) che li vedono
come la panacea dei problemi aziendali, per quanto riguarda comunicazione
e marketing, problemi “risolvibilissimi” seguendo fedelmente i
loro consigli (o, eventualmente, contattandoli a pagamento). Ora, io non ho niente contro comunicazione e marketing, versione
post-moderna dello slogan “la pubblicità è l’anima del commercio”, ho solo dubbi
sul fatto che questi presunti santoni posseggano doti al limite del
soprannaturale per cambiare le sorti di qualche azienda in disgrazia. Lo so,
starete pensando che non mi sono aggiornato, che credo sia solo il prodotto
a fare la differenza e non il come lo si presenta e come lo si fa piacere ai
consumatori. Vi dirò che vi sbagliate, perché so bene che un prodotto perfetto
ma nascosto, con grandi funzionalità ma sconosciuto ai molti e, soprattutto,
senza un brand importante alle spalle, non può sfondare. Ma vi farò una domanda: è davvero la forma, la bellezza, il colore, un'emozione costruita che vi interessa, o la sostanza, il gusto, il tatto, un
sorriso dal vivo, la cortesia spontanea che trovate in una piccola bottega da un persona di
cui vi potete fidare? insomma, per fare un parallelo, preferite davvero il
centro commerciale, dove si compra tutto a buon prezzo, anche di marchi
mondiali, ma di incerta provenienza, o dei prodotti che stanno comodi lo
stesso ma senza firma, che sono gustosi anche di più, che sono (ancora meglio) sostenibili per
voi, i vostri figli e i figli di chi li vende ?
I santoni della digital reputation, dal canto loro, sanno
pubblicizzare, darvi l’idea giusta, il consiglio mirato per sfondare nel vostro
mercato. Non li biasimo, anzi a volte li ammiro per la loro convinzione, ma credo che certe metodologie
valgano per le grosse realtà, per le metropoli, per i luoghi dove si va di
fretta, per le aziende del business a tutti i costi che di umano ha forse poco e niente. Le
persone comuni, le piccole e micro attività, commerciali e artigianali, non
possono vendere fumo, nemmeno seguire i consigli di chi lo fa. Hanno bisogno di
trasparenza, di cordialità, di fiducia ricambiata, anche se il fine è lo
stesso, vendere per campare, per portare a casa la pagnotta.
Per finire, ci sono mestieri e professioni di cui il
mondo ha bisogno, non so se uno di questi è il mio, so solo che, tra gli altri, era quello
di Leonardo da Vinci (giusto per citare un nome a caso). Poi ci sono quelli che
un mestiere se lo sono inventato, studiando o non studiando, per spronare la
gente a fare meglio e a credere in sé stessi. Ben vengano pure questi, sono in tanti a cercarli. Però, perdonate il giudizio imparziale, loro sono
nati con internet, strumento ormai imprescindibile per la società odierna, o
comunque si basano su parole e immagini: molti altri proseguono, dignitosamente
e faticosamente, a volte toppando in modo clamoroso, un percorso che da secoli ha segnato la storia dell’umanità.
Sono sicuramente necessari sia i primi che i secondi, ma resto dell'idea che il ponte tra presente e futuro lo possano creare soprattutto tre fattori: visione, capacità manageriali e competenza
tecnica. Il resto ha tanto il sapore della sola cornice.
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