Powered By Blogger

venerdì 22 agosto 2014

Un braccialetto aiuterà chi soffre d’asma


Chemisense braccialetto

Il costante peggioramento della qualità dell’aria mette a dura prova chi soffre d’asma e di allergie. Molte volte ci si accorge di essere in un ambiente particolarmente inquinato solo quando si è presi dalla crisi o comunque da problemi respiratori: troppo tardi per intervenire. A questo proposito la startup californiana Chemisense sta sperimentando un sensore indossabile per monitorare la qualità dell'aria e rilevare la presenza di sostanze dannose in tempo reale. Il sensore comunica con lo smartphone: il soggetto asmatico potrà così controllare l’aria che sta respirando e, se possibile, allontanarsi da quel luogo. 

Negli Stati Uniti, la qualità dell'aria è monitorata grazie a migliaia di stazioni: su siti web dedicati si possono verificare i valori e le eventuali previsioni per i giorni seguenti. Ma si tratta di misure accurate giusto intorno ai rilevatori. Invece la Chemisense prevede di utilizzare un braccialetto individuale composto da polimeri trattati con nanoparticelle cariche di carbonio: i polimeri si gonfiano in presenza di alcuni vapori chimici, cambiando uno o più parametri di un circuito elettronico. L’informazione è poi tradotta in valore numerico che l’app dello smartphone interpreta come un allarme.

Avvalendosi anche del crowdsourcing, la Chemisense effettuerà dei test pilota su molti bambini affetti da malattie respiratorie, che saranno d’ausilio sia per il test del braccialetto che per identificare i luoghi e le sostanze inquinanti che tendono a provocare attacchi, misurandone gli effetti all’esposizione per diversi giorni. Attualmente è possibile misurare circa una dozzina di prodotti chimici e composti, tra cui il benzene, il biossido di azoto e il monossido di carbonio; stanno lavorando per individuarne circa altri venti. Ma lo sforzo maggiore sarà quello dei limiti di rilevamento: una stazione standard misura fino ad una parte per miliardo dell’inquinante, cosa al limite dell’impossibile per i nuovi sensori della startup californiana, dove sono fiduciosi di arrivare a misurare 100 parti per miliardo. 

Come in altri casi, anche in questo si può parlare di tecnologia abilitante: una volta trovato il miglior compromesso tra le prestazioni del sensore e un prezzo accessibile a tutti, le possibilità di sviluppare uno strumento che aiuti i pazienti ad avere una buona qualità di vita saranno molteplici.  Il loro smartphone diventerà una banca dati personale che consentirà di conoscere meglio la propria patologia e, forse, accettarla con un sorriso in più. E quei dati, condivisi magari con i centri di ricerca, saranno fonte per migliorare la vita anche di altri. Insomma, un respiro davvero smart.






Nessun commento:

Posta un commento