Il costante peggioramento della qualità dell’aria mette a dura prova chi soffre d’asma e di allergie. Molte volte ci si accorge di essere in un ambiente particolarmente inquinato solo quando si è presi dalla crisi o comunque da problemi respiratori: troppo tardi per intervenire. A questo proposito la startup californiana Chemisense sta sperimentando un sensore indossabile per monitorare la qualità dell'aria e rilevare la presenza di sostanze dannose in tempo reale. Il sensore comunica con lo smartphone: il soggetto asmatico potrà così controllare l’aria che sta respirando e, se possibile, allontanarsi da quel luogo.
Negli
Stati Uniti, la qualità dell'aria è monitorata grazie a
migliaia di stazioni: su siti web
dedicati si possono verificare i valori e le eventuali previsioni per i giorni
seguenti. Ma si tratta di misure accurate giusto intorno ai rilevatori. Invece
la Chemisense prevede di utilizzare un braccialetto
individuale composto da polimeri trattati
con nanoparticelle cariche
di carbonio: i
polimeri si gonfiano in presenza
di alcuni vapori chimici, cambiando
uno o più parametri di un circuito elettronico. L’informazione
è poi tradotta in valore numerico che l’app dello smartphone interpreta come un
allarme.
Avvalendosi
anche del crowdsourcing, la Chemisense effettuerà dei test pilota su molti
bambini affetti da malattie respiratorie, che saranno d’ausilio sia per il test
del braccialetto che per identificare i
luoghi e le sostanze inquinanti che
tendono a provocare attacchi,
misurandone gli effetti all’esposizione per diversi giorni. Attualmente è
possibile misurare circa una dozzina di prodotti
chimici e composti, tra cui
il benzene, il biossido di azoto e il monossido di carbonio; stanno lavorando per individuarne circa altri venti. Ma lo sforzo maggiore sarà quello dei
limiti di rilevamento: una stazione standard misura fino ad una parte per
miliardo dell’inquinante, cosa al limite dell’impossibile per i nuovi sensori
della startup californiana, dove sono fiduciosi di arrivare a misurare 100
parti per miliardo.
Come in
altri casi, anche in questo si può parlare di tecnologia abilitante: una volta
trovato il miglior compromesso tra le prestazioni del sensore e un prezzo
accessibile a tutti, le possibilità di sviluppare uno strumento che aiuti i
pazienti ad avere una buona qualità di vita saranno molteplici. Il loro smartphone diventerà una banca dati personale
che consentirà di conoscere meglio la propria patologia e, forse, accettarla
con un sorriso in più. E quei dati, condivisi magari con i centri di ricerca,
saranno fonte per migliorare la vita anche di altri. Insomma, un respiro
davvero smart.
Nessun commento:
Posta un commento