Una volta c’erano solo i cinque sensi.
Poi arrivò il sesto e il mondo cambiò… Ops, questo non è un romanzo, è solo il
mio blog. Deve esserci stata un’interferenza. Che cosa sono i sensi? Possiamo
definirli gli input del nostro organismo? Direi di sì, anche se non sono gli
unici. (Ecco, questo è il blog, ci siamo). Tecnicamente qualcuno potrebbe
chiamarle interfacce, tra la nostra mente e il mondo esterno. Argomento
affascinante, senza dubbio. Lo è anche per grosse aziende mondiali che stanno cercando
di sviluppare nuove tipologie di tali interfacce. Due i personaggi in ballo sul
tema: Elon Musk (che conoscerete
grazie alle auto elettriche Tesla o
ai vettori spaziali di Space X) e Mark Zuckerberg (la parola Facebook vi
dice qualcosa?).
All’inizio del 2017 si è appreso che
Facebook (l’azienda, non il social) aveva creato un gruppo di lavoro,
denominato Building 8, per lavorare
su progetti al limite tra realtà e fantascienza. Il primo, più di là che di
qua, si avvarrebbe di una speciale chirurgia cerebrale per impiantare un
piccolo computer nel cranio e trasformare i pensieri in testo. E qui ce ne
sarebbe da scrivere, da molti punti di vista. L’altro, più reale e realistico,
riguarda una particolare fascia da polso per "sentire" attraverso la
pelle, trasformando le parole in vibrazioni comprensibili. Il dispositivo potrebbe
convertire ciò che viene ascoltato, come un dialogo nei pressi di chi lo
indossa oppure il parlato che viene fuori da un altoparlante, in qualcosa che
si avverte sotto forma di vibrazione.
Un simile oggetto potrebbe avere moltissimi
usi, come ad esempio fornire un modo alternativo ai non udenti di partecipare
ad una conversazione, o anche permettere a qualcuno di "ascoltare" cose
che altrimenti non potrebbe ascoltare, per legge o per altri motivi. Pensate
allo spionaggio? Non vi sbagliate. Ancora, aumentare le possibilità di svolgere
più attività contemporaneamente: lavorare al computer ed ascoltare un messaggio
vocale attraverso le vibrazioni, senza infastidire il collega accanto. Insomma,
una sorta di traduttore (o di trasduttore, per i pochi specialisti che mi
leggono), con il quale evitare la lingua dei segni o altri alfabeti simbolici
simili, e comprendere il discorso di un qualsivoglia interlocutore.
Semplicemente con l’ausilio di questo speciale braccialetto.
Agli scienziati di Facebook si sono
aggiunti medici della Stanford University.
All’interno della pubblicazione, uscita settimane fa su una rivista
specialistica della IEEE (Institute of
Electrical and Electronics Engineers), gli autori dello studio descrivono dettagliatamente
i test eseguiti su diversi partecipanti. I soggetti tentano di decifrare quali
parole la fascia da polso sta comunicando attraverso dei modelli vibranti,
basati su suoni predefiniti che in linguistica si chiamano fonemi. Difatti, quando
parliamo, i suoni che produciamo possono essere suddivisi in piccoli insiemi,
di cui ogni elemento è rappresentato da un fonema. Ciascuna parola ha quindi un
proprio “modello vibratorio” unico. La fascia contiene numerosi minuscoli
sensori, i quali si attivano con diverse frequenze. Ciò offre agli utenti moltissime
combinazioni potenziali, dunque un vocabolario ampio, con il quale gli
elettrodi che si muovono per generare la vibrazione creano le parole che
arrivano al cervello, tramite il sistema nervoso.
Quattro anni fa c’era stato uno studio
simile, nel quale si riusciva a riconoscere il parlato mediante analisi video
di piante o oggetti che vibravano nelle vicinanze della sorgente sonora. Qui il video. Un’applicazione
davvero interessante. Ora, però, la fascia da polso sviluppata dai cervelloni
di “Faccialibro” ha qualcosa in più. Al di là dei possibili impatti positivi
per chi ha gravi problemi di udito, è un primo passo per arrivare, chissà
quando, all’integrazione piena tra tecnologia e individuo, ad una vera e
propria ibridazione tra l’uomo e le macchine. Un giorno sarà il caso di
rivisitare il concetto di senso propriamente umano? Può darsi. Dieci anni fa
non avremmo mai pensato di passare delle ore, ogni giorno, con i polpastrelli
su un freddo schermo. E’ come se mano e smartphone siano entrati in simbiosi.
In futuro sentiremo anche senza usare le orecchie? Probabile. L’importante, in
ogni caso, sarà continuare ad ascoltare. Tutti.
(fonte http://uk.businessinsider.com/facebook-building-8-prototype-device-lets-you-hear-through-skin-study-2018-10?IR=T;
si ringrazia il sito https://www.academyhearing.ca
per la gentile concessione della foto)