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lunedì 18 febbraio 2019

L’intelligenza artificiale rimpiazzerà i medici?



Siamo giunti in un periodo storico in cui inizia a delinearsi una certa rivalità tra uomini e macchine. Ieri era solo fantascienza: molti film si sono basati su questo dualismo, con la ovvia vittoria finale dell’uomo. Oggi e domani sarà anche così? In molti settori i robot stanno sostituendo la manodopera, con grandi conseguenze negative sociali, dato che la spinta avanguardista del progresso e l’egoismo monetario se ne fregano di chi resta indietro. Scusate la brutalità, però era doveroso dirlo. Ma ora, oltre all’esempio degli operai in fabbrica, dovrebbero temere anche professioni una volta ritenute intoccabili. Sto parlando dei medici.

Anche se le macchine intelligenti non sono ancora migliori dei medici, la sfida di perfezionarle è tecnicamente intrigante, a causa della capacità pressoché illimitata di elaborazione dati e del conseguente apprendimento. Con il cosiddetto deep learning (apprendimento profondo) i sistemi imparano costantemente senza le potenziali difficoltà intrinseche dell'apprendimento umano, derivanti da scuole di pensiero o da preferenze culturali. Così si integrano continuamente nuove conoscenze, comprese quelle di carattere etico ed economico, con velocità che gli esseri umani non possono uguagliare. In alcuni casi si sono ottenute diagnosi migliori di quelle umane: in radiologia, dermatologia e terapia intensiva, ma pure nel generare modelli prognostici e nell’eseguire piccoli interventi chirurgici. Certi sistemi intelligenti possono anche monitorare i pazienti da remoto. Tutte prestazioni considerevoli, se si pensa che il fabbisogno mondiale di medici è inferiore alla domanda.

La grande quantità di dati sanitari, di dispositivi di monitoraggio personali, di cartelle cliniche elettroniche, e così via, può essere integrata in sistemi armonizzati. Ciò accade già nella rete sanitaria svizzera. L'obiettivo è fornire alle macchine un'immagine quanto più completa possibile della salute dei pazienti ed una profonda conoscenza delle loro patologie. “L'idea che i medici di oggi possano approssimare questo sapere, tenendosi al corrente delle attuali ricerche, al contempo mantenendo uno stretto contatto con i loro pazienti, è un'illusione, non da ultimo a causa dell'enorme volume di dati”, dice il professor Jörg Goldhahn, vicepresidente dello Institute of Translational Medicine, al Politecnico di Zurigo. Questi sistemi evoluti hanno un altro vantaggio: elaborano il linguaggio naturale e possono quindi "leggere", in tempi non umani, la letteratura scientifica del caso ed incrementare il livello di auto-conoscenza.

La capacità di stabilire relazioni con i pazienti è spesso vista come la carta vincente a favore dei medici tradizionali: in poche parole, dovrebbe crearsi empatia. Già, perché la fiducia dei pazienti nel proprio interlocutore scientifico fa comprendere necessità e qualità della cura. Ma macchine e sistemi possono essere più affidabili se si guarda all’imparzialità e ai conflitti di interesse. Affermare che gli individui richiedono sempre l'empatia dei medici significa ignorare importanti differenze tra gli stessi: pare infatti che i più giovani e i pazienti con disturbi minori desiderino semplicemente una diagnosi accurata e un trattamento che funzioni. Inoltre, in alcune situazioni molto personali i servizi di un robot potrebbero aiutare i pazienti a non provare vergogna. Anche nel caso di diagnosi gravi o terminali può valere qualcosa di simile: studi recenti mostrano che i sistemi con “agenti conversazionali” hanno il potenziale per tracciare le condizioni dell’ammalato e suggerire più attenzione quando serve, guidandolo fino a fine vita.

Il futuro vi appare freddo e distaccato? Non lo sarà se progettisti e programmatori riusciranno a donare insospettabili lati umani ai robot. Nel frattempo, la figura del medico attuale diventerà obsoleta? Nessuno può dirlo con certezza. Sicuramente aumenterà la porzione tecnologica in settori come l'analisi delle immagini o il riconoscimento di modelli; probabilmente in seguito verrà dimostrato che gli androidi col camice bianco saranno un valore aggiunto per pazienti e società. Ancora, ci si potrà trovare nella situazione in cui i medici umani faranno gli assistenti ai colleghi robot. Forse questi ultimi la spunteranno facilmente rispetto a certi attuali medici di base, ma non possederanno mai la verve del professor Sordi-Tersilli …