Quanto credete nel vostro dio? Non
necessariamente quello cattolico, un dio sui
generis a cui affidate la vita, o una qualsiasi altra entità che vi aiuta a
sperare, fosse anche il vostro spirito? Fermi là, oggi non vi tedierò con
argomenti religiosi, né tantomeno filosofico-esistenziali. E’ che il tema che
sto proporvi ben si sposa con certe considerazioni, circa l’uguaglianza, la
fratellanza, ciò che ogni dio del bene ma anche un uomo che si rispetti dovrebbe
avere insito nel suo essere. Vedetelo pure come madre natura, invece che un
dio, e la cosa, da quanto leggerete, vi risulterà più chiara.
Gli studi moderni sull’apparizione dei
primi proto-ominidi parlano dell’Africa: secondo la genetica l’homo si colloca temporalmente intorno a
200.000 anni fa e attraversa le fasi di homo
ergaster, homo erectus e homo neanderthalensis (di quest'ultimo
vi avevo raccontato qualcosa qui). Poi,
all’incirca 60.000 anni fa, ci fu una massiccia ondata di colonizzazione dell'Eurasia
e dell’Oceania, processo ribattezzato Out-of-Africa.
Ciò valeva fino a ieri. Di recente, invece, i progressi tecnologici
nell'analisi del DNA e altre tecniche di identificazione dei fossili, nonché lo
sviluppo della ricerca multidisciplinare, stanno rivedendo tale storia. Alcune
scoperte mostrano infatti che gli umani hanno lasciato l'Africa più volte prima
di 60.000 anni fa e che si sono incrociati con altri ominidi in molte località dell'Eurasia.
L'analisi condotta da ricercatori del Max Planck Institute for the Science of
Human History, di Monaco di Baviera, in collaborazione con la University of Hawai, a Manoa, ha esaminato
a fondo le numerosissime scoperte dell'Asia nell'ultimo decennio, mostrando che
l'homo sapiens raggiunse parti
distanti del continente asiatico e dell'Oceania molto prima rispetto a quello
che si pensava. Fatto fondamentale, si è avuta la prova che gli umani moderni
si sono incrociati con altri ominidi già presenti in Asia, come il Neanderthal
e il recente Homo di Denisova, diversificando
la storia evolutiva della nostra specie. Gli autori hanno identificato fossili
umani moderni in aree lontane dell'Asia con caratteristiche molto più antiche
come, per esempio, resti di Sapiens rinvenuti in Cina meridionale e centrale, datati
tra 70.000 e 120.000 anni fa. Ulteriori reperti hanno confermato la nuova
ipotesi che tali ominidi abbiano raggiunto il sud-est asiatico e l'Australia in
epoca antecedente a 60.000 anni fa.
La ricerca genetica più innovativa ha sciolto
il dubbio degli incroci avvenuti tra ceppi diversi, identificando combinazioni
tra umani più recenti con i Neanderthal, ma anche con i nostri parenti scoperti nel 2010, i "Denisovani",
nonché con una popolazione attualmente non identificata di ominidi pre-moderni.
C'è stata dunque una sovrapposizione temporale e spaziale di diversi categorie
di homo, con interazioni anche
sociali. Una tale crescente evidenza fa
scaturire riflessioni differenti su come si sia diffusa la cultura materiale
nei millenni, con maggiori complicazioni rispetto al passato. Il professor Bae, dell'Università di Manoa, ha
spiegato: "Stiamo osservando come le variazioni comportamentali che hanno
portato all'uomo moderno si sono verificate non tramite un semplice processo
nel tempo da ovest a est, ma dovute ad un insieme di modi di fare, di usi e
costumi, mescolati tra loro grazie all'unione di diverse popolazioni di ominidi
presenti in Asia, durante il tardo Pleistocene".
L'approccio multidisciplinare alla
ricerca, ossia una strategia comune con la quale diversi settori scientifici
affrontano un tema o risolvono un problema, è senza dubbio una sinergia
vincente. Scoprire con precisione movimenti e comportamenti dell'uomo
preistorico ci dà la possibilità di comprendere meglio la storia moderna,
colmando le tante lacune ancora esistenti. Ma forse introduce anche altre
domande. E' probabile che alla luce di queste nuove scoperte si dovranno riesaminare i materiali raccolti prima dello
sviluppo dei moderni metodi analitici, per estrarne maggiori conoscenze.
Certamente, il significato recondito (e forse neanche tanto) che si evince
dagli studi fatti è che l'uomo non si è mai negato alle migrazioni per il
miglioramento di sé stesso e della propria comunità, non è mai stato stanziale
nell'accezione negativa del termine, indifferente al proprio destino. Ispirato
dalla propria volontà, dalle proprie paure o da uno o più dei, è andato avanti
anche a costo della propria vita.
Per concludere, nell'epoca in cui si
riparla di muri e qualcuno ricomincia a costruirli, si scopre che madre natura,
o chi per lei, ha sempre "tramato" per continui scambi ed incontri
tra uomini provenienti da posti molto lontani. Un insegnamento che dovrebbe
farci riflettere.
(fonte
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-12/mpif-rts120117.php; si ringrazia il sito http://www.eurthisnthat.com/ per la gentile concessione della foto)
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