Una nuova
tecnologia di imaging tridimensionale consente ai radiologi di individuare più
casi di carcinoma mammario invasivo rispetto alla mammografia tradizionale. E’
il risultato di uno studio pubblicato di recente sul Journal of American
Medical Association. La mammografia 3D, detta anche tomosintesi, in
combinazione con il tradizionale screening ai raggi X, ha permesso di rilevare
circa il 40 % in più di cancri invasivi, nonché un calo del 15 % del
tasso di richiamo, ossia un numero inferiore di falsi positivi, con relativi minori
costi e traumi per le pazienti.
Attualmente negli Stati Uniti, i medici raccomandano alle donne oltre i 40 anni di sottoporsi a screening mammari ogni anno. Questo accade anche in altre paesi, ad esempio in Italia il test gratuito a cadenza biennale è consigliato per le donne oltre i 45 anni. La mammografia tradizionale utilizza delle radiografie laterali (da destra verso sinistra e viceversa) e verticali (dall’alto verso il basso) della mammella: sono immagini bidimensionali che possono creare ombre sovrapposte con il rischio di incorrette interpretazioni, cioè vedere un cancro che non c'è; al contrario, esse non riescono a individuare lesioni tumorali dietro il tessuto normale. Con la tomosintesi, approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) nel 2011, una serie di immagini a raggi X sono realizzate lungo un arco attraverso il seno, ossia prese da diverse angolazioni. Un algoritmo poi crea degli strati sottili sovrapposti che il radiologo è in grado di leggere, proprio come le pagine di un libro.
Questi
sistemi 3D costano da 300.000€ a 350.000€ circa, rispetto ai 220.000€ medi per
una macchina tradizionale; non è una differenza eccessiva se si pensa che,
almeno negli USA, il costo medio per un trattamento di tali patologie, specie
in stato avanzato, equivale a quasi 200.000€ per paziente; c'è da dire però che non
sarà facile sovraccaricare i pazienti statunitensi, già sottoposti ai costi
elevati della sanità privata.
La
mammografia 3D non sostituirà, almeno a breve, quella 2D. Alcuni medici credono
che le due tecniche dovrebbero completarsi; in tal senso è da poco uscito sul mercato uno scanner che combina entrambe le immagini per dare risultati ancora
più affidabili. Tuttavia, come afferma Etta Pisano, decano della Facoltà di
Medicina presso la Medical University of South Carolina, “non ci sono ancora prove
sufficienti che la tomosintesi sia la tecnica radiologica del futuro in questo
campo. E’ più facile prevedere che si vada verso screening individualizzati”. Comunque,
una volta dimostrati in modo certo i benefici delle nuove tecniche, i radiologi
saranno “costretti” ad usarle quanto prima, sia per deontologia professionale
che per evitare problemi di carattere legale, nel caso di tumori non rilevati
con la diagnostica attuale.
Nessun commento:
Posta un commento