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martedì 29 dicembre 2015

Ritrovarsi, in concreto


Ci siamo ridotti maluccio. Parlo del genere umano. No, non si tratta dell’aumento di violenza, del terrorismo, fisico e psicologico, del clima pesantemente alterato, dei chili che stiamo prendendo durante le attesissime feste. Soltanto di noi uomini. Molti la considereranno retorica. Io solo realtà. Sto pensando a quel gesto, una volta naturale, che dovrebbe venire tra due persone, o anche più, se vogliamo. Può essere fatto per amore, amicizia, tra genitori e figli. Per consolare e confortare. Ora è diventato piuttosto virtuale, a distanza, molto poco praticato, tantissimo dibattuto e poeticamente descritto sulle piazze sociali digitali, specie da chi lo cerca disperatamente, perché ne sente un grande bisogno.

L’abbraccio.

Anni fa in alcune grandi città c'erano persone disposte a donare un abbraccio gratuito, magari come testimonial del prodotto NonSoCosa o il brand YouNeedSomethingAndWeKnowWhatYouNeed. Si vedono ancora ogni tanto: gente vestita in modo quotidiano oppure con indosso un abbigliamento a mo’ di pupazzone (tipo un orso rosa o giù di lì), pronta ad aprire le braccia e ad accoglierci in una morbida e calorosa (almeno per la temperatura) stretta. Ma ora a New York è successo qualcosa di più.

Avete presente le smart cities ? si, sono certo che le avete ben presenti. Nella grande mela, come in ogni smart city che si rispetti, hanno cercato di utilizzare le infrastrutture esistenti, dei semplici lampioni per la precisione, per farne dei totem informativi ed intelligenti. In più ora i lampioni chiedono gli abbracci... no, non sto scherzando, dico sul serio ! Possono discorrere con i passanti (e già di questo, ne vogliamo parlare ?), fornire informazioni sulle vie, sulla zona dove ci si trova, come trovare un parcheggio, oppure prevedere che tempo farà. I lampioni, strano a dirsi, fanno anche luce. Sotto la lampada sono dotati di uno schermo multifunzione, più un altoparlante e un microfono. Li ha progettati la Current, startup del colosso americano General Electric. Il sistema possiede diversi sensori locali ma è anche connesso ad un server centrale, da cui gli arriva sia l’intelligenza elaborativa, che quella emotiva di invitarvi ad abbracciarlo. E, naturalmente, la gente non se lo fa chiedere due volte! (ok, basta con lo scetticismo, guardate il video).

Avrete ora capito che si tratta di una trovata commerciale. La vera applicazione, una volta superate le sperimentazioni e le campagne sensazionalistiche, consisterà nel comunicare informazioni al nostro smartphone. E dunque anche a noi. Però è una trovata che fa riflettere. Quelli che una volta si chiamavano pubblicitari, ora diventati digital marketing manager, ne pensano una più del diavolo. Anche nel caso siano uomini. L’abbraccio come coronamento del progresso tecnologico. L’affetto vero inflazionato sul mercato del futuro presunto intelligente, in cui tutti sapranno tutto, o potranno chiederlo a dei lampioni, se proprio colti da amnesia temporale.

Ho scherzato anche stavolta, spero non me ne vorrete. Ma sull'argomento "abbracci mancanti" si potrebbe scrivere parecchio. Le news ci hanno abituato a così tanto lerciume che ci è quasi venuto il pudore dei sentimenti e dei gesti di affetto. Facciamocelo passare, in fretta. Ritroviamoci, con noi stessi e con gli altri, da oggi stesso.





lunedì 21 dicembre 2015

Un Natale diverso ?


Che Natale ci aspetta ? domanda da 1 milione di dollari. Ah, già, i dollari. Una volta solo a nominarli ci si sentiva ricchi. Poi arrivarono gli euro e ne persero il valore. Alla fine pure degli euro non sappiamo che farcene. Beninteso, perché sono pochi, sempre troppo pochi. Questa però è una storia vecchia. Perché di solito più se ne hanno e più se ne vogliono, voi mi insegnate. Senz'offesa, naturalmente.

Ok, ho tergiversato. Sono passato dal Natale, festa sacra (per i bambini, almeno), al vile denaro, allo sporco senso della vita. Su, non scandalizzatevi, per alcuni è così. Accumulare, accumulare, anche nel peggiore dei modi, col malaffare, col clientelismo, senza scrupoli. Una volta questi miseri mezzucci erano sufficienti, oggi invece bisogna sperare di non essere scoperti. La tecnologia ha fatto passi da gigante, dalle cimici siamo passati al controllo millimetrico delle nostre azioni (leggasi intercettazioni su telefonate, messaggini, chat, e poi videocamere sparse in ogni strada, e così via). I furfanti hanno le ore contate, tranne quelli che sono al governo: ma questa è un'altra storia.

Scusate, non ce la faccio proprio a concentrarmi su questo post. Avevo in mente di scrivere grandi cose sulla prosopopea dei sentimenti che non ci sono più. Bè, forse per questo non riesco a fissare i pensieri. Sul nulla è difficile farlo. Ma talvolta uno sforzo bisogna produrlo. Il cinismo lo accantono per qualche momento. E allora, mettiamoci all'opera.

Il Natale, dicevamo. La concentrazione dello spreco. L'apice del superfluo. La corsa per pacchi, pacchetti, doni di svariata dimensione e valore (si fa per dire). Volete mettere, però, la soddisfazione di riceverne uno? il pur lieve pensiero che qualcuno, vicino o lontano, abbia dovuto mettere in moto una manciata di neuroni e acceso per un tempo infinitesimale qualche sinapsi per noi ? per decidere cosa acquistare, quanto pagare (meglio, quanto risparmiare), come confezionare, solo per noi ? e se poi quel regalo ci piace davvero, dovremo scioglierci in modo sincero o mostrare una imbarazzata gratitudine con un sorriso di circostanza per non lasciargli intendere che ci ha preso ? Quante domande, quanta energia, quanto muoversi, quale aumento di entropia nelle case, nelle strade, nei negozi, con i titolari che almeno in questo periodo non si lamentano. Gioiamo, quindi: male che vada, su portali e mercatini dell'usato potremo recuperare qualche spicciolo.

Poi, giusto il 24 (per mostrarmi un attimo rinsavito) è in arrivo un asteroide. Non fate ora i cattivelli a pensare di volerlo dirigere sulle persone più antipatiche, tanto ne avete un elenco lungo e tutti non potreste colpirli. E poi passerà a 11 milioni di km da noi, quindi non se ne fa niente. Comunque è un bel sasso di circa 2 km di diametro. Se si alza un po' il vento durante il cenone o quando andate alla messa di mezzanotte, capirete il motivo.

Insomma, dobbiamo rassegnarci, anche questo Natale sarà sereno come gli altri. Meglio che continuiamo a crederlo. Auguri, dunque.



PS spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno con i miei voli pseudo-pindarici intorno alla cattiveria. L'ironia, a volte, può far bene. Prosit. 

giovedì 10 dicembre 2015

Virus, incontri ravvicinati


Ogni anno ai primi freddi ci troviamo a combattere con patologie più o meno importanti, tra le quali influenza e raffreddore la fanno da padroni. Oltre ai danni economici e sociali, le cui statistiche sul piccolo schermo sono sempre ben evidenziate, a noi tocca attendere che passi, fazzoletti e termometro alla mano, oppure sentire medico e farmacista. Ma forse tra qualche anno basteranno poche ore per rimetterci in sesto. Alla Scuola di Ingegneria e Scienze Applicate di Harvard (HSEAS) stanno infatti sperimentando tecniche di analisi all’avanguardia per osservare i virus e comprendere come si moltiplicano, al fine di bloccare questo meccanismo sul nascere.

I virus come l'influenza si diffondono e si riproducono in modo molto efficace per la loro straordinaria capacità di auto-assemblarsi spontaneamente in grandi numeri. Attività che avviene molto in fretta dando luogo a strutture molto resistenti. Per i ricercatori in campo medico riuscire a capire qual è il meccanismo alla loro base può essere importantissimo al fine di progettare farmaci che ne impediscano la formazione. Il team dell'HSEAS ha messo a punto un sistema per monitorare virus di dimensioni nanometriche (meno di 1/10000 del diametro di un capello) con variazioni temporali inferiori al millisecondo. Tale sistema fa parte di un progetto che punta a scrutare da vicino singole proteine ​​e molecole genomiche, mentre si combinano tra loro ad alte velocità per creare un virus.

La tecnica di base è quella di osservare queste particelle così minuscole mediante la dispersione della luce. E' una tecnica già usata in passato, nota come diffusione elastica, ed emette un numero illimitato di fotoni (le più piccole particelle di luce rilevabili) alla volta, risolvendo il problema legato alla velocità di misurazione. Tuttavia, questi fotoni interagiscono con i granelli ridottissimi di polvere, con la luce riflessa; inoltre alcune imperfezioni del cammino ottico rischiano di non far ottenere risultati veritieri. Su alcune applicazioni a scala più grande viene usata la microscopia a fluorescenza, ma essa non può funzionare a dimensioni così ridotte. Ad Harvard invece i ricercatori sono riusciti ad osservare il moto di alcuni virus di soli 26 nanometri di diametro, con una serie di molte migliaia di "scatti" al secondo. Ciò è stato possibile con fibre ottiche dalla qualità eccezionale, provenienti da laboratori di ricerca in telecomunicazioni. La fibra contiene delle nanoparticelle liquide che veicolano in modo opportuno la luce, diretta poi verso un microscopio elettronico.

Il passaggio successivo di monitorare le proteine ​​virali non sarà semplice, dato che queste  disperdono una luce anche 1000 volte inferiore a quella di un singolo virus. Ma la strada tracciata ha importanti sviluppi futuri. Comprendere tutte le fasi del processo di auto-assemblaggio virale sarà la chiave per riuscire ad interferire con questo processo, minimizzandone gli effetti negativi sugli esseri viventi. Un altro aspetto positivo che scaturisce da un simile studio verrà da nuove applicazioni con i materiali sintetici a livello microscopico: gli ingegneri potrebbero riuscire a creare nanomateriali che si riproducono spontaneamente. Ancora una volta, preziosi consigli dal mondo del creato.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-12/hjap-svi120715.php ; si ringrazia il sito http://7-themes.com/  per la gentile concessione della foto)



mercoledì 2 dicembre 2015

La COP21 potrebbe non servire


Clima, non c'è trippa per gatti. E' il primo, brutale, pensiero che mi è venuto quando ho letto un articolo pubblicato sul webzine dell'MIT di Boston da uno scienziato climatologo, Ken Caldeira, che lavora presso il Dipartimento di Ecologia Globale della Carnegie Institution for Science, alla Stanford University. In parole povere, Caldeira afferma che tutti gli sforzi provenienti dalla COP21 di Parigi non serviranno a niente se, da come sembra, i politici si impegneranno ad un livello molto al di sotto del necessario per ridurre in modo sostanziale il rischio climatico. Allora il destino del nostro splendido pianeta è davvero segnato ?

Caldeira parte da una sua analisi introspettiva e di crescita della sua consapevolezza, essendo passato da un ottimismo basato sull'uso sfrenato, con le necessarie tecnologie, dell'energia eolica e solare, fino ad una più recente comprensione del fatto che queste due fonti rinnovabili, sommati ad una più capillare diffusione del gas naturale, potrebbe solo ridurre le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di energia elettrica di circa due terzi. Risultato non sufficiente perchè l'elettricità è responsabile solo per circa un terzo del totale dell'inquinamento globale dovuto all'anidride carbonica, che aumenta di oltre il 2% l'anno. Quindi, anche se sistemassimo questo settore, entro un decennio o due le emissioni tornerebbero ai livelli di oggi.

Oltre all'azione immediata di drastica riduzione dei gas climalteranti, con timeline molto stretta, è assolutamente necessario invertire la rotta sulle deforestazioni, passare rapidamente alla mobilità elettrica ed utilizzare la stessa elettricità anche per il riscaldamento, tendenza ormai in disuso visto la sua bassissima efficienza; investire su sistemi di stoccaggio dell'energia eolica e solare e forse ripensare all'energia nucleare. Ciò richiederebbe un sistema di produzione di energia elettrica molto più grande e complesso di quello odierno. Possiamo davvero utilizzare la tecnologia esistente per ampliare questo sistema in modo così evidente, e allo stesso tempo far decrescere le emissioni nocive in termini importanti ?

Dato che entro la fine del secolo saremo circa 11 miliardi, secondo Caldeira il fabbisogno di energia potrebbe crescere di un fattore 10. Ma lo stesso fattore servirebbe allo stato attuale per decimare il livello totale di emissioni. Il conto finale potrebbe essere drammatico: dover ridurre le emissioni totali di un fattore 100, il che è mera utopia. Com'è noto, la maggior parte della crescita delle emissioni è prevista venire dalle economie emergenti, desiderose di dare alle loro popolazioni povere un'assistenza sanitaria di base, un'adeguata istruzione e un lavoro. Potrà allora il lato occidentale del mondo chiedere che le persone di quei paesi poveri facciano morire di fame i bambini o non curino persone malate solo perchè non devono utilizzare combustibili fossili ? I paesi più ricchi pagherebbero per i più poveri la differenza di costo tra i sistemi di energia puliti e quelli inquinanti? Certo, sulla carta, ma non in pratica, visto che non hanno neanche la mentalità di investire in tecnologie green per proteggere loro stessi.

Per lo scienziato statunitense, due soluzioni semplici, almeno dal punto di vista economico, sarebbero di tassare l'utilizzo di combustibili fossili, in funzione di quanto emettono, e di puntare fortemente (e nuovamente) sugli incentivi. Anche perchè la rimozione ed il sequestro della CO2 non funzionano come inizialmente sperato: più facile purificare gli scarichi delle ciminiere, molto difficile pensare di pulire l'atmosfera dai gas già presenti o che si immettono senza alcun filtro. Naturalmente, in aggiunta a tecnologie e politiche fiscali, la cultura generale dovrebbe cambiare rapidamente: fare scelte importanti, quando si progetta un edificio o un veicolo, che vadano al di là dei costi e che tengano conto in primis dell'aspetto ambientale.

Sarà puro catastrofismo quello del professor Caldeira ? Può darsi. La COP21 porterà una svolta decisiva per il bene dei nostri discendenti, oppure (è il caso di dire) solo fumo negli occhi ? Ce lo auguriamo davvero. Certo, l'adesione massiccia della quasi totalità dei paesi mondiali è emblematica della portata del problema. Ma di qua a dire che possa venirne anche una corretta soluzione, la strada è lunga e tortuosa.



(fonte http://www.technologyreview.com/featuredstory/543916/stop-emissions/ ; si ringrazia il sito http://zeenews.india.com/ per la gentile concessione della foto)

martedì 24 novembre 2015

Primi risultati con le piante elettroniche


Anno 2065, pianeta Terra. Manca praticamente un mese a Natale. Per quanto la festa abbia perso il suo significato religioso, in molte case degli umani ci si appresta a vivere qualche giorno di spensieratezza. Qualcuno ha deciso di accendere l’albero di Natale. Sì, solo accendere, perché è davvero da tantissimo che l’albero non si monta più. Chi la fortuna di averne uno, in casa, nel giardino (o nella residenza virtuale del suo avatar), deve solo attendere data e ora ai quali l’albero è stato programmato e, come d’incanto, le migliaia di led incastonati nelle foglie, aghiformi o cuoriformi che siano, si illumineranno alimentati semplicemente attraverso le fibre sensoriali della pianta.
Tranquilli, non è un film di fantascienza né un cinepanettone del futuro. Ho solo voluto proiettare di 50 anni i risultati di una recente ricerca dell’Università di Linköping in Svezia, dove per la prima volta hanno creato circuiti elettronici all'interno di alcune piante vive. Il team, condotto dal professor Berggren Magnus, ha utilizzato il sistema vascolare delle rose per costruire componenti base dei circuiti elettronici. Si apre così la possibilità di sviluppare nuove applicazioni per l'elettronica organica e nuovi strumenti nel campo della botanica.
Piante e circuiti hanno in comune il trasporto di informazione attraverso segnali, anche se di natura non proprio simile, chimici ed elettrochimici le prime, elettronici i secondi. Inoltre i due sistemi lavorano a velocità molto diverse tra loro. Creare piante con funzionalità elettronica permetterebbe di combinare segnali elettrici con certi processi chimici tipici del regno vegetale, aprendo la strada a sensori ed attuatori per modulare le funzioni interne delle piante. In passato erano già stati fatti esperimenti per misurare il dosaggio di varie molecole in piante vive. Il salto di qualità attuale consiste nel poter influenzare la concentrazione delle differenti sostanze nella pianta che regolano la crescita e lo sviluppo.
Grazie ai fondi provenienti dalla Knut and Alice Wallenberg Foundation nel 2012, il professor Berggren ha riavviato il progetto di bioelettronica, iniziato timidamente una ventina d’anni fa. Sono stati effettuati molti tentativi per introdurre dei polimeri conduttori attraverso il gambo della rosa. Uno solo ha avuto successo, permettendo sia il trasporto della corrente elettrica come filo conduttore che il trasporto di acqua e sostanze nutritive. Tali fili hanno raggiunto la lunghezza di 10 cm e, combinati con l'elettrolita naturale contenuto all’interno della pianta, hanno permesso di realizzare la funzione di un transistor, il componente base di tutti i circuiti elettronici, arrivando infine ad una porta logica digitale, un mattoncino degli 0/1 contenuti in tutti i dispositivi informatici.
Questi risultati sono i primi passi per unire settori così agli antipodi come l’elettronica e la botanica. L'obiettivo è di sviluppare applicazioni per l'energia, la sostenibilità ambientale, più una nuova ambiziosa modalità di interazione con le piante. Il professor Berggren prevede la possibilità di un campo di ricerca davvero innovativo: "Si può davvero parlare di ibridazione tra biologia ed elettronica, introducendo sensori nelle piante e utilizzando l'energia prodotta a livello di fotosintesi clorofilliana, producendo antenne verdi e nuovi materiali.” Si tratta quindi di sistemi molto avanzati, con l’intervento dell’uomo su una base genetica con molti millenni di sviluppo alle spalle.
A tal proposito, chissà cosa pensa madre natura di queste nostre intrusioni. Forse dovremmo porre molta, molta attenzione. Anche perché, in caso di rigetto, i primi a subire danni saremmo noi. Noi uomini, figli di questa grande madre.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-11/lu-epd111315.php ; si ringrazia il sito http://cmp.mines-stetienne.fr/ per la gentile concessione della foto)



lunedì 16 novembre 2015

Negozi e spese automatizzati


Quest'anno all'Expo c'era un intero padiglione dedicato al supermercato del futuro. C'erano splendidi banconi di prodotti alimentari che sembrava gli mancasse solo la parola, dato che vi bastava sfiorarli ed un monitor vi “raccontava” l'intera filiera di provenienza. Tra l'altro ho visto robot prendere frutti da una cassetta e selezionarli per i clienti. Tutto fantastico, specie se la qualità e la sicurezza dei prodotti (la cosa più importante) seguiranno lo stesso trend positivo della tecnologia. Perchè da quest'ultimo punto di vista si continuano a sperimentare diverse soluzioni all'avanguardia. Da una startup americana è nato il robot che scandisce tutti gli scaffali del supermercato alla ricerca di prodotti mancanti o fuori posto; invece un'azienda inglese ha creato il carrellino automatico che porta la spesa a casa.

Tally è il robot dell'americana Simbe Robotics che automatizza i lavori di grande routine svolti in milioni di magazzini e negozi al dettaglio. Si aggira autonomamente nei corridoi del negozio, controllando se uno scaffale ha bisogno di essere ripopolato, se un prodotto è stato smarrito o scarsamente organizzato, se i prezzi indicati sugli scaffali sono corretti (e sappiamo quant'è fastidioso arrivare alla casa ed avere certe sorprese…). E' costituito da una piattaforma a ruote con quattro telecamere che analizzano le mensole fino a un'altezza di circa 2 metri e mezzo. Tally sfrutta il fatto che nei grandi magazzini esistono già i dati con la disposizione dei ripiani, settore per settore, e la composizione dei prodotti sugli scaffali. Così, utilizza una mappa del negozio per spostarsi, legge con i suoi occhi digitali le informazioni reali su cosa c'è davvero nei ripiani e trasmette i dati ad un server, dove vengono analizzati e trasformati in notifiche per i gestori. Potrebbe avere successo poiché sembra che il disordine nel posizionamento dei prodotti comporti perdite di miliardi alla grossa distribuzione.

Un altro esempio di come i robot potranno rivoluzionare il commercio viene dall'Inghilterra: sembra che già dall'anno prossimo potrà essere utilizzato nei primi esperimenti. Avete presente il ragazzo delle consegne che una volta portava la spesa a casa ? Alla Starship Technologies hanno pensato come sostituirlo, progettando un piccolo veicolo telecomandato a sei ruote che trasporta la spesa in modo virtuoso, ossia a costo zero, in un tempo di attesa quasi nullo e ad impatto zero, dato che anche le piccole consegne contribuiscono alla congestione del traffico e all'inquinamento. Arriverà a casa vostra (dei londinesi, per iniziare) con una velocità di circa 6 km/h, portando fino a 2 buste della spesa di media dimensione, in un vano che potrà aprire solo chi ha effettuato l'ordine, con smartphone o tablet. Pensate a chi non riesce ad uscire, per problemi di età, salute, e via discorrendo; oppure a chi non ha trovato il tempo per fare la spesa. Basteranno pochi clic ed ecco il carrellino automatizzato arrivare sul marciapiede davanti al portone di casa.

In entrambi i casi la parola smart rende un po' l'idea. Gestione smart dei propri prodotti da parte dei rivenditori, con conseguenti clienti più contenti: in quel negozio non manca mai niente, sono davvero ordinati e puntuali. Gestione smart delle consegne: non puoi affacciarti al supermercato? Nessun problema, il robottino con il carrello ti porta a casa tutto ciò di cui hai bisogno. Se poi intelligenti rimarranno anche i prezzi finali, anche stavolta la tecnologia avrà messo d'accordo tutti.



lunedì 9 novembre 2015

Cento anni dalla relatività generale


Poche settimane fa gli appassionati dei film fantascientifici hanno celebrato la data che nella saga del cult movie “Ritorno al futuro” era il futuro del film. Nella storia lo scienziato Doc aveva fatto andare avanti nel tempo i protagonisti, dal 1985 di allora al 2015 di adesso, 21 ottobre per la precisione. Quello che era fantascienza 30 anni fa oggi non è ancora diventata scienza, e chissà se lo sarà mai. Ma probabilmente questa ipotesi è entrata nelle discussioni degli scienziati, per non dire dei sognatori, grazie all’incommensurabile genio di un fisico tedesco. Egli pubblicò la sua teoria sulla relatività giusto 100 anni fa.

Era il novembre del 1915 quando Albert Einstein pubblicò quattro articoli, uno a settimana, in cui spiegava la teoria della relatività generale all'umanità. Chiaramente la spiegava ai suoi colleghi, ma col tempo sarebbe arrivata a tutti. Nessuno però, né i primi né i secondi, erano preparati ad una tale rivoluzione. Lo spazio era per tutti un punto fermo ed invariabile, basato sulle geometria euclidea, quella delle due rette parallele che non si incontrano mai, per capirci. La nuova teoria parlava di un’accoppiata spazio-tempo che cambia in modo dinamico ed è legata sia alla massa che alla densità di energia dell'universo. Naturalmente questa nuova visione non fu immediatamente accettata. Nel 1919 la spedizione navale di Sir Eddington per le isole di Sao Tomè e Principe dimostrò, approfittando di una eclissi, che il sole riusciva a modificare il percorso della luce emessa da una stella ad esso vicina: era una conferma della teoria di Einstein.

Einstein aveva previsto che nello spazio e nel tempo di quando ci si avvicina alla velocità della luce, il passare del tempo dipende anche dalla forza del campo gravitazionale. Ciò implica che gli orologi soggetti ad una maggiore gravità battono più lentamente rispetto a quelli che si trovano in un ambiente gravitazionale debole. Questa previsione fu testata nel 1971, quando gli studiosi statunitensi Hafele e Keating confrontarono il tempo segnato da alcuni orologi atomici, i più precisi al mondo, in parte fatti volare intorno alla Terra e in parte lasciati a terra in laboratorio. Ebbene, quelli che non si erano mossi segnavano un tempo diverso rispetto a quelli in volo (diverso di frazioni molto piccole di un secondo), in accordo esatto con le previsioni della relatività generale.

Per venire ai giorni nostri, pensate al GPS ormai integrato in tutti gli smartphone. Questo sistema si basa su una serie di satelliti che orbitano intorno alla terra, quindi rispetto ai nostri orologi (e ai nostri telefoni) sono meno influenzati dalla gravità. Proprio tenendo conto di queste differenze di sincronismo temporale dettate dalla relatività generale si riesce a stabilire con buona precisione dove ci troviamo. Se così non fosse il sistema potrebbe sbagliare fino a 10 km, dunque non sarebbe divenuto uno standard universale alla portata di tutti. Per fisici ed astrofisici la teoria einsteniana trova numerosi riscontri e regala possibilità di grande visione per la ricerca. Chissà quante volte volgono con gratitudine il pensiero a quei giorni di un secolo fa.

E’ fuori dubbio affermare che la teoria della relatività generale di Einstein sia stata una delle conquiste scientifiche ed intellettuali più sbalorditive di sempre. Ha cambiato totalmente il concetto di spazio e di tempo per gli scienziati: uno spazio e un tempo su cui si basa tutto il nostro pensiero, teorico, empirico e filosofico, circa l’intero universo. Lo spazio si può piegare e deformare sotto l'influenza della materia, anche se non è un’esperienza molto familiare per noi. Massa ed energia sono indissolubilmente intrecciate con la forma dello spazio e del tempo. Il tutto (semplificando molto) racchiuso nella nota equazione E=mc2 . Un trionfo di uno scienziato, di un uomo, di una sola intelligenza che accese un faro luminoso sul mistero comunque immenso dell’universo. E se pensiamo che al liceo lo studente Albert era stato rimandato in matematica, bè, ragazzi, forse c'è gloria anche per voi. Basta crederci. Ed avere una mente più che geniale.


(fonte http://www.space.com/31020-relativity-is-no-fantasy.html ; si ringrazia il sito http://www.amnestyindia.org/ per la gentile concessione della foto)


lunedì 2 novembre 2015

Fermare l'abuso di alcol nei minorenni tramite Instagram


I social network, spesso tacciati di essere alienanti dalla realtà e di far ridurre la comunicazione a quattr'occhi, specie tra i ragazzi, a volte si rivelano strumenti di utilità sociale. L'ultimo caso viene dell'Università di Rochester, stato di New York, dove un team di ricercatori ha dimostrato che usando foto e testi prelevati dal social Instagram si possono individuare comportamenti deprecabili di minorenni che fanno abuso di alcol, ma anche effettuare ricerche di mercato abbinando alcune marche o tipi di alcolici a gruppi demografici o aree geografiche.

Negli ultimi tempi Instagram si va diffondendo rapidamente tra i più giovani, i quali fanno in fretta a postare molte foto, corredandole di hashtag o commenti più o meno rilevanti. Si tratta pertanto di una grossa mole di informazioni, anche se perlopiù in forma di immagini. Inoltre, come altri social, rappresenta una vetrina che per alcuni serve a mostrare l'ultima bravata, tra cui la serata divertente in un tale posto, serata “rallegrata” da bevande più o meno alcoliche. La condivisione permette quindi, avendo a disposizione strumenti di analisi informatica evoluta, di rintracciare una categoria di persone in base alla loro età e risalire ai loro costumi. E' proprio quello che hanno fatto i ricercatori statunitensi.

Il monitoraggio di queste tematiche così importanti per la crescita giovanile non aveva fin'ora un corretto allineamento con la realtà, forse perché nei sondaggi i protagonisti tendevano a raccontare solo mezze verità. Ma applicando tecniche di computer vision, il team è riuscito ad estrarre informazioni dalle immagini, analizzando i volti del profilo di Instagram per ottenere ipotesi sufficientemente esatte circa età, sesso e razza. Dopo aver selezionato un gruppo di utenti minorenni per lo studio, gli studiosi hanno monitorato l'attività relativa a ciò che bevono e a quanto bevono, attraverso l'analisi dei tag presenti nelle foto, usando sia termini dello slang giovanile sul web che di parole collegate ai brand delle bevande. Hanno così scoperto che il consumo di alcol dei minorenni segue all'incirca quello degli adulti circa la temporalità, ossia fine settimana e giorni festivi, e che non c'è una proporzione predominante tra un sesso e l'altro. Inoltre le diverse marche di alcolici sono più o meno tutte utilizzate dagli adolescenti, con alcune preferenze più spiccatamente di genere per certe tipologie di bevande. Tutte informazioni utili a contrastare il fenomeno, specie per chi si occupa del settore e lavora a stretto contatto con ragazzi soggetti a queste gravi problematiche.

Uno strumento di indagine come questo potrebbe essere appetibile ai commerciali di grandi produttori e distributori di superalcolici. Ma il vero uso sociale sarebbe quello di promuovere campagne di informazione sociali, ad esempio nelle scuole, sui pericoli di questi abusi, facendo magari degli interventi mirati in funzione delle zone dove c'è maggior consumo. Allo stato attuale i ricercatori affermano però che è necessario verificare i risultati delle loro indagini con altri strumenti statistici, al fine di garantire che la loro metodologia funziona davvero. Se così fosse si potrebbe estendere anche ad altri problemi giovanili, come tabacco, droga, gravidanze adolescenziali, stress o depressione, e magari anche attraverso altri social media.

Dunque la tecnologia informatica funziona benissimo se applicata alle problematiche sociali, quella tecnologia spesso vista come un demone che crea bisogni e poi li soddisfa. Uno strumento come quello dell'Università di Rochester fa capire, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto sia l'uso stesso della tecnologia a fare la differenza. Noi la creiamo, noi la utilizziamo, noi, razionalmente, abbiamo il potere e il dovere di decidere a cosa serve.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-10/uor-ntc102815.php ; si ringrazia il sito http://www.cbc.ca/ per la gentile concessione della foto)



giovedì 22 ottobre 2015

Uomo e donna, due cuori che invecchiano diversamente


Il cuore della donna e dell'uomo sono diversi. Su questo argomento poeti, scrittori, tipi e tipe da social, parecchia gente si potrebbe cimentare nel dire la sua. Ma qui parliamo del diverso comportamento, scientificamente provato, che porta il muscolo cardiaco del gentil sesso ad invecchiare diversamente da quello del (ex) sesso forte, dando luogo a differenze di genere nello scompenso cardiaco. E' quello che affermano i ricercatori della scuola di medicina della Johns Hopkins University, a Baltimora, dopo uno studio durato circa un decennio.

Per lo studio, i ricercatori hanno analizzato le scansioni con risonanza magnetica effettuate su circa 3000 persone tra i 54 e i 94 anni, senza alcun problema cardiologico. Essi sono stati seguiti tra il 2002 e il 2012, in sei ospedali degli Stati Uniti, dove ognuno di loro si è sottoposto a risonanza all'inizio dello studio e dieci anni dopo. Gli esami hanno fornito immagini tridimensionali interne ed esterne del cuore, permettendo di determinarne dimensione e volume, dai quali, conoscendo la densità dei tessuti dell'organo, si è potuti risalire al suo peso. Nell'arco del decennio considerato il peso del ventricolo sinistro è aumentato in media di 8 grammi negli uomini ed è diminuito di 1,6 grammi nelle donne. La capacità di riempimento di sangue del cuore è diminuita in entrambi i sessi, ma un po' più velocemente nelle donne, circa 13 millilitri, contro gli scarsi 10 millilitri negli uomini. Le differenze in termini di dimensioni, volume e capacità di pompaggio sono state riscontrate indipendentemente da alcuni fattori di rischio, tra cui peso corporeo, pressione sanguigna, livelli di colesterolo, fumo ed esercizio fisico.

I risultati della ricerca, finanziata dal governo federale, non spiegano esattamente che cosa causi le differenze rinvenute, ma possono aiutare a comprendere meglio le diverse forme di insufficienza cardiaca osservate in uomini e donne, così da sviluppare trattamenti specifici di genere. La ricerca è la prima di lungo periodo che, tramite la risonanza magnetica 3D, mostra le variazioni morfologiche del cuore col tempo. "I nostri risultati sono la dimostrazione evidente che i problemi cardiaci possono avere una fisiopatologia diversa tra uomini e donne” ha detto il professor Lima che, oltre ad essere coautore dello studio, è anche direttore del dipartimento di imaging della stessa università di Baltimora. “Si tratta di una affascinante discrepanza, ma saranno necessarie ulteriori indagini per capirne le cause” ha aggiunto Lima.

In casi di insufficienza cardiaca, quando cioè il cuore si indebolisce pompando meno, la tendenza dei cardiologi nel mondo è quella di prescrivere farmaci allo scopo di ridurre lo spessore del muscolo cardiaco nel tempo e migliorare le prestazioni cardiovascolari generali. Ma sapere che con l'avanzare dell'età nelle donne la pompa vitale tende a conservare le stesse dimensioni, oppure a ridurle in maniera minima, significa che quelle prescrizioni non daranno gli stessi benefici. Sarà perciò opportuno, anche grazie a questo studio, individuarne altre più adeguate.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-10/jhm-maf101515.php ; si ringrazia il sito https://beatingheartcenter.com/ per la gentile concessione della foto)


mercoledì 14 ottobre 2015

Materiali green per le costruzioni di domani


Le case del futuro saranno bellissime. Per chi potrà permettersele, naturalmente. Avranno tutto il comfort e gli automatismi che la tecnologia potrà offrire. Allo stesso tempo minimizzeranno il loro impatto sull'ambiente, azzerandolo in alcuni casi, sia in fase costruttiva che durante il loro ciclo di vita. Ma già oggi in parte è così. Per quanto riguarda i materiali di costruzione che si useranno, diversi progetti attuali stanno evidenziando prodotti che oltre a non inquinare consentono di contribuire a farci respirare meglio o a migliorare la sicurezza in modo attivo.

L'inquinamento atmosferico causa nel mondo più di 3 milioni di morti l'anno, con una tendenza al raddoppio entro i prossimi 40 anni: è quello che riferisce uno studio recente del Germany’s Max Planck Institute for Chemistry. Le emissioni vanno certamente attenuate, ma intanto perché non provare a ripulire l'aria che respiriamo ? Alla scuola di architettura del California Polytechnic State University hanno inventato uno speciale mattone, chiamata Breathe Brick, grazie al quale si crea un sistema di ventilazione regolare dell'edificio, con una facciata a doppio strato di mattoni speciali all’esterno, più uno strato interno. Al centro del mattone, mediante la sua superficie sfaccettata che aiuta a dirigere il flusso d’aria, si crea un ciclo di filtrazione, grazie al quale le particelle inquinanti più pesanti dell’aria cadono in una tramoggia rimovibile alla base della parete. Il sistema è stato testato con buonissimi risultati, riuscendo a filtrare il 100% di particelle più grosse quali la polvere comune e fino al 30% delle particelle fini (tra le quali il più noto è forse il PM10).

Il cemento Portland, la maggiore componente delle nostre costruzioni, contribuisce significativamente alla crescita dei gas serra in atmosfera. Dato che la domanda di calcestruzzo contenente il Portland aumenta ogni anno e potrebbe crescere anche in futuro, diversi studiosi si stanno applicando nel ridurre l'impatto ambientale di questo materiale. Al NanoSystems Institute, ancora in California, hanno scoperto che l'anidride carbonica rilasciata durante la produzione potrebbe essere catturata e riutilizzata. Durante la produzione di cemento il calcare, ovvero la materia prima più utilizzata, viene riscaldato a circa 750° C, con relativa generazione di anidride carbonica. Ben il 65% dell'anidride carbonica emessa viene rilasciata quando il calcare si trasforma, mentre il restante 35% si sprigiona dal combustibile bruciato per riscaldare il composto che ne deriva. I ricercatori hanno dimostrato che l'anidride carbonica emessa durante questo procedimento può essere catturata e ricombinata con l'idrossido di calcio per ricreare calcare. In questo modo, si riduce l'immissione di CO2 in atmosfera e si risparmia anche circa il 50% del calore necessario per il ciclo produttivo.

Ma la nostra vita non si svolge solo in ambienti chiusi. Dobbiamo naturalmente spostarci e per farlo, percorriamo strade su strade, che si trovano in condizioni più o meno decenti. Quando piove, specie come negli ultimi anni, le capacità drenanti del manto stradale sono fondamentali per la sicurezza. Un'azienda inglese del settore, la Tarmac, ha messo a punto un cemento assorbente che, grazie ad una particolare stratificazione interna, è in grado di drenare per ogni metro quadro circa 600 litri al minuto. Una pavimentazione resiliente come questa avrebbe grandi vantaggi di sostenibilità: la capacità di aumentare le riserve di acque grigie per l’irrigazione dei parchi, la riduzione dell’inquinamento idrico causato dalla stagnazione di acqua non drenata, la ricarica delle falde sotterranee senza picchi improvvisi e, infine, una maggiore durata del manto stradale che evita il formarsi di buche dannose ai veicoli e pericolose per le persone.




giovedì 8 ottobre 2015

Milano o Roma ?


L'Italia è un bellissimo paese. Ora ce lo dicono anche in autostrada, casomai con i problemi (grossi) che ci ritroviamo lo avessimo dimenticato. Dalle Alpi all'Etna, dal Gran Sasso al Gennargentu, passando per i tanti splendidi mari che toccano lo stivale, degli scorci mozzafiato abbiamo solo l'imbarazzo della scelta. Poi ci sono le città. Lo so, starete pensando che le città sono forse la nota dolente di questa penisola. Ed in parte è vero. Se poi ne vediamo le bellezze artistiche rischiamo di scordarci tutte le negatività, che sono (ahiloro) affanno quotidiano per chi ci vive. Ma ci sono città e città. Nel bene e nel male, intendo.

Prendete Milano, ad esempio. Io ci ho vissuto per 4 anni. Non vi dico come sono stato: potrei anche farlo subito ma poi rovinerei il pezzo. Milano è una città fredda. Per alcuni. Non parlo solo di temperatura, lo avrete capito. E' quella città che a stento ti dà il buongiorno e il buonasera, che se abiti in un anonimo condominio a metà strada tra centro e periferia, conosci a stento i vicini di casa. All'inizio, per chi viene da fuori (sud o paesino, scegliete voi) può sembrare quasi un paradosso italiano. Poi, pian pianino ti abitui, ti sembra tutto normale ed un po' ti piace. Essere liberi di fare ciò che ti pare senza essere giudicati. Camminare per le vie di una città che fa di tutto per essere europea, ma che alla seconda occhiata ancora non lo è. Usare, con discreto successo, i mezzi pubblici, poter andare all'una di notte (ho sentito dire spesso “alla una” a Milano, ancora non ho approfondito la relativa grammatica) più o meno da un posto all'altro della città senza troppe difficoltà, sentirti chiedere l'elemosina con discrezione, quasi con eleganza.

Poi (indovinate un po' ?) c'è Roma. La città eterna. La città eternamente ancorata alla sua storia. Anche nel modo di fare, storico, lento, lassista, fatale. Ma basta uno sguardo al centro, un tramonto dal Gianicolo o una serata a Trastevere, per sentirsi insieme a casa e al centro del mondo (bè, ho esagerato, meglio al centro dell'Italia), per emozionarsi con il brivido di 2000 anni di passato che è ancora presente. Qui la privacy rispetto alla città lombarda è forse un po' meno tale, ma se proprio vogliamo farla rispettare basta urlare. Far capire al prossimo di farsi li caxxx sua. Che in fondo siamo nella capitale d'Italia, dove tutti devono farsi quelli propri, ed infatti se li fanno. Per approfondimenti, chiedere alle varie caste, politiche, mafiose, e non. Quanto a me, non ci ho abitato per tempi lunghi, ma esserci andato più volte negli ultimi anni della mia carriera (sì, lo so, il termine non è adeguato ma con questa città ci stava bene) mi ha aiutato a valutarla meglio. E, devo dire, i difetti di cui sapevo li ho trovati tutti, i pregi (leggasi bellezza e fascino) li ho apprezzati meglio nella versione live. In più ho apprezzato anche le voragini nell'asfalto e il decoro urbano non proprio smart.

C'è quindi un modo per dare i voti a due città agli antipodi ? Sapreste dare la risposta se è più buona la carne o il pesce ? In assoluto credo proprio di no, ma ognuno ha un'opinione, ed è stupido chi non la esprime. Da una parte c'è la Milano (però non è più “da bere”) che, nonostante l'etichetta di città a bassa temperatura, raccoglie generi di prima necessità per i profughi. Dall'altra Roma, ci vai e te ne innamori, ma è meglio che ci lasci solo il cuore, usare la testa non è proprio semplice. Arriva Dan Brown con uno dei suoi libri ed è subito film, poi James Bond scorrazza per il prossimo 007, ma anche Sorrentino non scherza affatto (tralascio l'infinita e prestigiosa cinematografia capitolina). Un alito di vento e ti sembra di volare, per quanto il cupolone ti avvisa che l'autonomia è limitata. I peccatori sono pregati di passare in Vaticano per le indulgenze del caso. Invece nella città del Manzoni i peccatori sono ben accetti. I più grossi sono stati addirittura al governo. Sul tema, serrata la lotta con i pari ruolo romani.

Roma caput mundi. Milan l'è on gran Milan. Milano con il suo lavoro, lavoro e poi il lavoro. Sarà questo il segreto dei meneghini e del loro circondario ? Forse. Anche nella capitale si lavora, ma a volte c'è qualcuno che continua a farlo allungato sui triclini come un paio di millenni fa.

(si ringrazia il sito http://www.diariodivic.it/ per la gentile concessione della foto)

venerdì 2 ottobre 2015

Scovare vita aliena ascoltandone il rumore


Le nostre città sono piene di rumori, ne sono così sature che si parla di inquinamento acustico. In alcuni posti, in campagna e ancor di più in alta montagna, “ascoltare” il silenzio della natura può essere gratificante. Ma il posto più silenzioso che l'uomo conosca è lo spazio profondo. Certo, non è alla portata di tutti, praticamente di nessuno. Ma è anche grazie a quella totale assenza di disturbi uditivi che una nuova tecnologia, inventata da un gruppo di ricercatori freelance di La Habra Heights, California, potrebbe permettere di ascoltare suoni di mondi lontani, addirittura quelli prodotti da microbi extraterrestri. Sempre che esistano, ovviamente.

Si tratta di uno speciale microfono applicato al cosiddetto sensore acustico a distanza (RAS, remote acoustic sensor), che è in grado di catturare i suoni all'interno di ambienti aerospaziali estremi e spesso inaccessibili. La struttura del rivelatore RAS è sensibile a piccole variazioni di frequenza audio traducibili in energia elettromagnetica. La tecnologia diventa ancora più interessante e utile quando combinata con immagini ad alta risoluzione sincronizzate con la registrazione della stessa scena. Una versione miniaturizzata del dispositivo potrebbe teoricamente fare la sua strada verso la Luna, Marte o sul satellite Europa di Giove per ascoltare di segni di vita, hanno detto i ricercatori.

Gli scienziati hanno testato il sistema su due scenari, uno macroscopico ed uno microscopico. Nel primo caso hanno effettuato delle registrazioni audio, a diverse decine di km di distanza, di un motore avionico che sarà inserito in un razzo leggero del programma NASA denominato Space Launch System. Nel secondo l'attenzione è stata rivolta al mondo dei microbi, registrando l'attività acustica prodotta da un tipo di protozoo di dimensione circa di 75 micron: un animaletto 13000 volte più piccolo di 1 mm."Se c'è vita, insieme al relativo pur minuscolo movimento, la tecnologia RAS è in grado di rilevarla", ha detto il leader del progetto RAS, Dan Slater,

Una navicella spaziale equipaggiata con la tecnologia RAS avrebbe le potenzialità per catturare suoni naturali su asteroidi, comete, pianeti e lune, oppure, fattore più importante ed intrigante, riuscire a percepire le vibrazioni prodotte dalla vita aliena almeno sui corpi celesti a noi più vicini. Ma, tornando sulla terra, un sistema simile potrebbe essere utile in misure a grande distanza, per conoscere in anticipo fenomeni naturali tipo perturbazioni pericolose, dando il tempo di mettere in salvo molte persone.

Tra i tanti sistemi che vanno alla ricerca di forme di vita extraterrestre, quella che usa il senso dell'udito, anche se amplificato in modo artificiale, è piuttosto innovativa. Ha dalla sua la possibilità di intercettare esseri che si muovono indipendente da qual è la loro biologia: forse cercare qualcuno che condivida le stesse nostre leggi della natura può non essere la strada giusta, mentre sentire che gli eventuali E.T. si muovono prescinde della loro struttura.

Il sistema RAS può essere visto, se vogliamo, come un super-orecchio dalle potenzialità straordinarie. Chissà se in futuro ne verrà fuori una versione che ascolta le voci umane e spia le conversazioni a grande distanza, una cimice speciale a cui forse neanche James Bond o Ethan Hunt avevano pensato.





martedì 22 settembre 2015

Cominciare alla grande il weekend con la Notte dei Ricercatori


Già fatto programmi per il prossimo fine settimana ? Volete stare in casa a poltrire ? Assolutamente no ! Quale migliore idea di fare un salto a Frascati a partire da venerdi pomeriggio, visto che c'è la Notte Europea dei Ricercatori ? Conosciamo i ricercatori del posto, stimoliamo lo spirito scientifico, nostro e dei nostri ragazzi, poi dal mattino dopo avremo modo di dare uno sguardo agli splendidi colli limitrofi ed eventualmente tuffarci tra le vie della città eterna. Oppure, se proprio non possiamo arrivarci, non ci resta che organizzare il weekend verso una delle altre città che ospitano gli eventi della Notte, c'è solo l'imbarazzo della scelta: Trieste, Bologna, Milano, Ferrara, Bari, Cagliari, Pavia e Pisa.

Statene pur certi, è un evento da non perdere. Siamo a 10 anni dalla prima edizione, e per durare così tanto la formula dev'essere proprio di successo. Il progetto di Frascati Scienza è finanziato dalla Commissione Europea, dove di solito gli euro sono elargiti solo in caso di provata bontà dell'iniziativa: motivo in più per non mancare. Quest'anno il tema della Sostenibilità è stato sottolineato anche con una nuova sede. A Frascati vi era un mercato coperto non più utilizzato: per tutta la Settimana della Scienza, dal 20 al 25 settembre, quel mercato rivive grazie ad una serie di laboratori, spazi per bambini e adulti, momenti dimostrativi e di divulgazione scientifica, per una vera riqualificazione urbana. Gli organizzatori hanno così voluto riconvertire lo spazio e renderlo un luogo di incontro e scambio tra il mondo scientifico, quello delle associazioni e della società. E' stato denominato SAPERmercato, affinché diventi uno spazio dove il sapere scientifico (e non solo) possa fare da fulcro per gli incontri e gli scambi di idee per la comunità locale, regionale, ma anche nazionale.

A proposito di idee, per il pomeriggio del 25, proprio all'interno del SAPERmercato, è stato indetto il Word Cafè 2015 (ecco il link per iscriversi, a questo e agli altri eventi), un importante momento di dialogo che permetterà di far emergere le opinioni delle persone e i loro consigli per una Notte della Ricerca sempre più vicina a chi si interessa di scienza e magari vuole farne una strada nel futuro, per sé o per chi gli sta a cuore. Ma se volete toccare con mano il fascino scientifico e la meraviglia che può regalare a tutte le età, la Notte non offre solo l'ex mercato cittadino: tra Frascati e Roma ci saranno tantissimi eventi, presentazioni, visite guidate, aperitivi scientifici e, per finire, qualche viaggio virtuale, nello spazio o nei più importanti laboratori dove si va “a caccia” di neutrini.

Gli spettacoli non saranno meno entusiasmanti nelle altre sedi. Focalizzando l'interesse sui più giovani, si spazierà dai giochi scientifici che si terranno alla Cupola Arnaboldi di Pavia, passando per il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, fino all'Università di Sassari con i suoi esperimenti non stop. Per i più grandi, dalle parti di Trieste vi sarà presso la locale sede dell'INFN un incontro con i ricercatori per discorrere sulle applicazioni della fisica in campo medico; oppure se avrete scelto per il vostro weekend la provincia di Pisa, a Cascina potrete stupirvi della bellezza celeste ammirandone i corpi luminosi tramite diversi telescopi.

Una occasione imperdibile per tutti per porre domande, perplessità ed eventualmente aprire dibattiti, per costruire un futuro di innovazione condivisa. Ma anche per tornare a casa arricchiti e ritemprati, dopo la Notte Europea dei Ricercatori trascorsa insieme a chi prova a costruire un domani più sostenibile con lavoro e passione, felici di aver potuto stringere la mano a qualcuno di loro. E magari di averli ringraziati.

Qui il programma completo del 25 settembre.