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lunedì 20 marzo 2017

Certi inglesi anacronismi


Quando si parla di un coccodrillo, non tutti pensano ad un animale. Ce ne sono in giro, già scritti per essere tirati fuori al momento opportuno. Molti sperano che quel momento arrivi più tardi possibile. Naturalmente accadrà, potete starne certi. è il quando che è incognito, per noi che non possediamo né sfere di cristallo né diavolerie da film di fantascienza. Per questo bisogna essere pronti, pronti con le parole giuste su qualcuno che viene a mancare all'improvviso. Ma questo vale per quasi tutti i VIP. L'eccezione esiste, specie se vi chiamate Elisabetta II. In tal caso si rende doveroso fare molto di più.

Ci sono grandi eventi che devono essere organizzati prima. E quando una persona, anche se regnante da 65 anni, vive da più di 90, qualche preparativo è necessario farlo. Non perché le si augura la morte, solo perché in certi ambienti nulla può essere lasciato al caso: a quei livelli la scrupolosità regna da secoli prima di lei. Così un giornalista del Guardian, tale Samuel Knight, ha voluto raccontare la pianificazione dettagliata di cosa verrà fatto, secondo per secondo, dopo che la "cara" Elisabetta avrà esalato l'ultimo respiro. Anche perché con la velocità dei tam-tam digitali, il mondo saprà tutto in tempo reale, e una pur piccola magra figura dovrà essere evitata. Oh, ma ci rendiamo conto? La sovrana britannica più longeva di sempre, mica una decrepita vecchietta di Borgo Tre Case!

Ma facciamo un passo indietro, un po' di storia non fa mai male. Senza considerare Braveheart e soci, visto che comunque la tirannia inglese si perde nella notte dei tempi, il Regno di Gran Bretagna nasce nel 1707, dalle ceneri (si fa per dire) del più grande impero mai visto nella storia dell'uomo, quello britannico appunto (la sintesi è nella foto più in alto). Mea culpa, avevo sempre pensato che fosse stato quello romano l'impero più grande, ma scopro ora che così non è. Voi lo sapevate? bravi! Hanno dominato in lungo e in largo praticamente su tutto il globo terracqueo e, per farlo, non ci vuole un'intelligenza da Nobel per capire che hanno abusato e violentato popoli a destra e a manca. Ora, però, in che anno siamo? ah sì, nel 2017 dopo Cristo. Bè, in quell'isola a nord-ovest dell'Europa, certi omuncoli vanno ancora manifestando, festeggiando e lodando la novantenne di cui sopra.

Siate clementi con me, ma questa cosa non la digerisco proprio. Certo, hanno dato i natali a gente come Newton, Shakespeare, Wilde, Ian Fleming, Beatles, Rolling Stones e Pink Floyd, ma il mondo, cavoli, si è evoluto: possibile ricordare ancora vicende vetuste che non hanno più senso di esistere? Celebrare monarchie, ancorché simboliche, in tempi dove si lotta per l'uguaglianza? In anni dove si cerca strenuamente di colmare, anche mentalmente, le differenze tra i popoli e i ceti sociali? Sì, perché gli inglesi alla regina ci tengono, ultimo baluardo di una popolazione che ha fondato l'unione europea e poi ha deciso di lasciarla, che ha un humour che fa ridere solo loro, che usa taxi più vecchi della regina stessa, che mangia fish&chips (e se vi capita piangete al solo pensiero di uno spaghetto aglio, olio e peperoncino), per non parlare dei fiumi di birra e della completa ignoranza sul vino.

E poi, diciamo la verità, non è solo questione di difetti, tanto parlo che io appartengo, come voi, agli italioti, gente che quanto a difetti scala le cime della top ten. Si tratta proprio di certi anacronistici modi di pensare, di dare importanza a questioni a metà strada tra medioevo e tardo rinascimento, periodi dai quali sicuramente possiamo imparare tanto, ma non quali sono le priorità della vita. Che per alcuni british (ma anche per "gossippari" di casa nostra) sembrano andare dalle corna di Carlo alla Pippa che sta per sposarsi.

Per chiudere, mio figlio sorride nel vedere la mia espressione quando al tg lanciano qualche notizia sulla vecchia bacucca, sulla sua crisi economica e sul declino rispetto ai fasti e allo sfarzo di un tempo. Alla faccia di tutte le colonie depredate nei secoli. God save us from the queen.

mercoledì 8 marzo 2017

Russia, la prima casa con stampa 3D


I terremoti sono una grande tragedia. Bella scoperta. Lo sono soprattutto per chi, dopo mesi e mesi, non ha ancora un tetto sicuro e caldo dove vivere e dormire, provando a dimenticare delle grandi tristezze. Tra qualche anno, ma non nel nostro paese, vittima di quel male oscuro che si chiama burocrazia, basteranno solo pochi giorni per tornare ad una pseudo-normalità. Arriveranno delle nuove macchine da costruzione e, in men che non si dica, ecco spuntare le prime casette. Tranquilli, di secondo nome non faccio né Silvio né Vasco. Sto parlando della prima casa stampata con tecnologia 3D, che è stata costruita nella città di Stupino, 120 km a sud di Mosca. L'hanno tirata su in 24 ore.

Ormai con le stampanti di 3D si fa di tutto, pare che in pochi anni rifioriranno gli artigiani come una volta, ma in versione 2.0. Quanto all'edilizia, un paio di anni fa era spuntata (vista con i miei occhi alla Maker Faire 2015 di Roma) un'attrezzatura, grandicella per la verità, che stampava in autonomia mattoni o semilavorati simili, fino a realizzare intere murature. Ma una casa completa, nel senso di piccola unità residenziale indipendente, non si era ancora vista. L'azienda russa Apis Cor è riuscita a stampare in tempi brevissimi muri esterni e pareti divisorie: un intero involucro edilizio autoportante con superficie utile di 38 mq. Il design è insolito e accattivante, dato che la pianta è circolare. Ma non ci sono restrizioni sulle geometrie, le piante tradizionali rettangolari possono essere realizzate senza problemi.

La casa è stata costruita nel periodo più freddo dell'anno. Ciò ha aggiunto una buona dose di complessità ai partecipanti al progetto, visto che l'uso del calcestruzzo da stampa era previsto per temperature superiori a 5°. I sovietici non si sono persi d'animo: hanno circondato la zona lavori con una tenda speciale che ha fornito la temperatura sufficiente. Tuttavia i tecnici pensano già a nuovi materiali,  come i geopolimeri, grazie ai quali si stamperanno case a prescindere dal clima. Il costo di costruzione, comprensivo di finiture interne ed esterne, è stato pari a circa 10.000 €, ossia 263 € al metro quadrato, bazzecole rispetto ai costi attuali degli immobili, soprattutto se si tiene conto che in questo caso i fornitori hanno usato materiali di altissima qualità, e che la costruzione di per sé ha una forma non comune. Pertanto il costo potrebbe ancora scendere.   

Anche il sistema di isolamento è costruito con tecnica tridimensionale, utilizzando materiali molto innovativi. Il tetto è piatto, ma comunque in grado di resistere efficacemente a carichi quali una spessa coltre di neve e di rispettare i comuni requisiti di durabilità. La copertura è realizzata attraverso speciali membrane polimeriche. Naturalmente non mancano tutti i confort, compresa una gigantesca TV da 78". Certo in 38 mq sarà difficile guardarla alla distanza giusta (n.d.r.). La cosa forte è che, essendo la TV a schermo curvo, il muro è stato stampato con un raggio di curvatura che li fa combaciare perfettamente. 

Una caratteristica distintiva della stampante è il suo design, che ricorda la classica gru a torre, in modo da eseguire il processo di stampa sia all'interno che all'esterno della costruzione. La stampante ha piccole dimensioni, altezza fino a 3m e sbraccio fino ad 8m, quindi facilmente trasportabile, e non richiede una lunga preparazione prima dell'inizio lavori, dato che possiede un sistema di allineamento orizzontale ed è dotata di stabilizzazione automatica. Il processo di stampa è robotizzato quasi completamente, eliminando al massimo il rischio di errori umani. Ed anche di pericoli. 

Se il futuro edile sarà questo, ci scorderemo quindi dei cantieri con tempi lunghi, di scatole di formatura per le colate di cemento, degli operai in giro per l'Italia sui furgoni, ma anche dei famigerati anziani che commentano l'andamento lavori. Oppure no, si aggiorneranno e diranno la loro anche sulla stampa 3D. Evviva la terza età.




mercoledì 1 marzo 2017

Andare di corpo e salvare l'ambiente


Dite la verità, parlo a quelli più sensibili alle tematiche ambientali, qualche volta vi è venuto il dubbio, tirando lo sciacquone del vostro bagno, che si sprechi troppo acqua. A me è successo. Io però non ho ancora trovato una soluzione al problema. Se, al contrario, non è stato un vostro pensiero ricorrente, qualcuno negli Stati Uniti ci ha riflettuto su. Sembra infatti che in quelle terre stiano pensando al recupero sostenibile delle acque reflue dei gabinetti. Pensate un po', qualche litro di biocarburante l'anno direttamente dal water. Forte, no ?

Il problema delle acque reflue mondiali non è uno scherzo. Com'è noto, il loro contenuto di sostanze organiche ed inorganiche le rende inutilizzabili per uso diretto, perciò siamo costretti a depurarle, con costi elevati. Nei soli USA la stima parla di circa 130 miliardi di litri all'anno, con i relativi 15.000 impianti di trattamento. Al 2012 l'Istat contava circa 10.000 impianti di tipo primario in Italia, di cui il Piemonte è la regione con il maggior numero. Ma non si può proprio ricavare niente da queste acque? Scienziati ed ingegneri del Dipartimento di Energia del Pacific Northwest National Laboratory, stato di Washington, hanno creato un processo, denominato liquefazione idro-termica (HTL l'acronimo americano), con il quale si ottiene un semilavorato molto simile al greggio naturale. La differenza dove sta? La natura ci mette molti millenni per produrlo, a costo praticamente nullo, i tecnici attaccano la spina e in 3/4 d'ora ecco servito il petrolio artificiale.

Naturalmente la tecnologia non funziona solo con i resti delle nostre elaborazioni interne, ma anche con altri rifiuti organici umidi. Oltre a quelli proveniente dagli impianti fognari, si parla di alghe,  letame o grossi resti vegetali (alberi potati per malattia, ad esempio). Questi una volta erano considerati fonti povere per i biocarburanti, perché i processi naturali molto lunghi tendono ad asciugare i composti, cosa che non accade nel caso della liquefazione idro-termica. Tutto ciò che serve è pressione e calore, per cuocere l'ammasso formatosi a circa 350 gradi. Non è il solo  recupero il fattore importante, che tutto sommato non rappresenta una elevata percentuale rispetto a quanto scarichiamo nei nostri bagni, ma anche la questione di evitare i costi di smaltimento, eliminare completamente i rifiuti e trasformarli in bio-carburante.

L'HTL crea inoltre una piccola quantità di solidi ricchi di nutrienti, utilizzabili nella produzione di fertilizzanti. Si tratta di una tecnologia molto più efficiente del bio-etanolo, ottenuto per fermentazione delle biomasse, dato che permette di guadagnare da tre a quattro volte l'energia necessaria per produrlo, cosa che non accade con il bio-etanolo. Poi, il bio-carburante dell'HTL può funzionare nella sua forma più pura, inserendolo direttamente nei serbatoi dei veicoli, ma con emissioni drasticamente ridotte. Hanno calcolato che la liquefazione idrotermica genera fino al 75% in meno di inquinamento da CO2 rispetto alla benzina.

L'EPA, Agenzia di Protezione Ambientale statunitense, ha valutato positivamente questa tecnologia e vuole fare un esperimento pilota; verrà condotto con la società Metro Vancouver, che sta realizzando un impianto dimostrativo. I ricercatori sono convinti che questa non sarà la panacea di tutti i mali ambientali, ma solo un tassello importante nel grande mosaico delle energie rinnovabili e della efficienza energetica. Anche perché i numeri non sono applicabili su larga scala. Si stima che con l'HTL si possa produrre fino a 45 milioni di barili di bio-petrolio all'anno, contro la necessità attuale degli USA di circa 18 milioni di barili di oro nero al giorno.

Chi lo sa, magari un giorno dal nostro bagno partirà un tubo verso la nostra pompa di benzina personale. Come diceva un vecchio adagio: "dal produttore al consumatore". Solo che in questo caso i due soggetti coincidono.


(fonte http://www.popsci.com/toilet-flushes-biofuel )