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martedì 26 aprile 2016

Meno zuccheri per un cervello più sano


I risultati di una ricerca scientifica solitamente possono essere la base di scoperte e sviluppi, importanti per il nostro futuro, specie se riguardano la salute. Quando poi tali ricerche danno alla luce due conseguenze, gli scienziati quasi si leccano i baffi. All'Università della California (UCLA) è successo qualcosa di simile. Se da una parte gli scienziati hanno evidenziato i potenziali pericoli neurologici provenienti dall’abuso del fruttosio, dall’altra hanno dimostrato che essi possono essere contrastati dall’assunzione di un particolare acido grasso.

Lo studio condotto si basa sullo stile di alimentazione statunitense ma, nonostante la dieta mediterranea, diversi sono i punti in comune con le abitudini italiane ed europee. Gli americani introducono la maggior parte del fruttosio da alimenti contenente sciroppo di mais, un dolcificante economico a base di amido di mais, da bevande zuccherate o da dolci. Inoltre il fruttosio si trova nella maggior parte dei alimenti per l'infanzia e nella frutta, anche se la fibra di frutta rallenta notevolmente l'assorbimento del corpo dello zucchero, oltre ai noti benefici per la nostra salute.

Alla UCLA hanno scoperto che molti nostri geni direttamente coinvolti in patologie di carattere degenerativo, da quelle di natura cardiovascolare all’Alzheimer, possono essere danneggiati proprio dall’abuso di fruttosio nella dieta. Partendo dal cervello dei ratti, il team di ricerca ha identificato più di 900 geni tra ipotalamo e ippocampo che sono stati modificati dal fruttosio. I geni alterati sono paragonabili a quelli degli esseri umani e contribuiscono alla regolazione del metabolismo. Ma allo stesso tempo gli studiosi hanno riscontrato che un acido grasso di tipo omega-3, detto acido docosaesaenoico o DHA, sembra annullare gli effetti dannosi del fruttosio. Il DHA si trova naturalmente nelle membrana delle cellule cerebrali, rafforza le sinapsi migliorando apprendimento e memoria. Però non ne possediamo una quantità sufficiente ad ostacolare quelle patologie, quindi abbiamo bisogno di assumerlo tramite gli alimenti che ne sono ricchi: diversi pesci tra cui il salmone selvaggio (ma non quello d'allevamento), le noci, i semi di lino, ma anche molta frutta e verdura.

Curiosa la tecnica usata dagli scienziati per testare gli effetti di fruttosio e del DHA. Partendo dai “classici” topolini da laboratorio, dopo averli addestrato a fuggire da un labirinto, li hanno suddivisi casualmente in tre gruppi. Per sei settimane, un primo gruppo ha bevuto acqua con solo fruttosio, un secondo gruppo acqua con fruttosio più una dieta ricca di DHA, un terzo solo acqua. Alla fine del periodo i topi sono stati messi nello stesso labirinto, ottenendone un comportamento diverso. In particolare quelli del primo gruppo avevo difficoltà a ricordare come uscirne, mentre ce la facevano quelli che avevano assunto acqua oppure acqua, fruttosio ed alimenti contenenti DHA. Era la dimostrazione che ci si aspettava: il solo fruttosio aveva alterato la memoria dei ratti, ma quell'acido grasso ne aveva attenuato in modo importante gli effetti nocivi.

Precedenti analisi avevano rilevato come l'aumento di molecole tossiche nel cervello era legato ad una dieta ricca di fruttosio, con conseguenze sulla capacità di acquisire ed elaborare informazioni. Con questo studio si ha un’ulteriore conferma degli svantaggi di questo zucchero ma anche, come affermato dal professor Gomez-Pinilla, team leader della ricerca, che alcuni cibi possono essere considerati alla stregua di sostanze farmaceutiche: a medio-lungo termine rischiano di danneggiare il nostro encefalo.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-04/uoc--fah042116.php; si ringrazia il sito http://www.honeybushhealth.com/  per la gentile concessione della foto)

mercoledì 20 aprile 2016

Un chip rimandato in matematica


Aveva ragione un mio professore universitario, quando diceva che per noi ingegneri 2 + 2 fa circa 4. Era ovvio il suo riferimento al fatto che nella nostra professione ci troviamo spesso ad approssimare, sia per quanto riguarda le misure che in alcune valutazione ipotetiche: se fossero tesi vere e proprie saremmo forse degli oracoli, non dei “semplici” tecnici alle prese con realtà quotidiane che con la scienza esatta non hanno mai niente da spartire. Naturalmente ciò che conta è il risultato finale: non far crollare un ponte o un edificio, evitare incursioni pericolose nei nostri software, progettare preservando l’ambiente oppure guidare un'impresa, con occhi aperti su business e innovazione. Magari salvaguardando i dipendenti ...

Ora, però, quella che può sembrare una stortura, può proiettare il futuro delle tecnologie di calcolo in una nuova dimensione. La startup americana Singular Computing, in collaborazione con l'agenzia di ricerca del Pentagono DARPA, ha progettato e realizzato un chip per computer che ha nel calcolo matematico un suo punto debole, ma quanto a risoluzione di altri problemi se la cava egregiamente. La DARPA ha finanziato tale progetto all'interno del programma Upside, che mira a ottimizzare l'elaborazione video in operazioni militari (abbiamo già detto in altre occasioni come il treno della tecnologia abbia spesso, e purtroppo, un locomotore di natura bellica). I droni di tale settore possono raccogliere grandi quantità di filmati, che però non sono trasmissibili ai server durante il volo; in più se si volessero memorizzare a bordo, il computer con tali prestazioni darebbe problemi di ingombro e peso.

Sono state realizzate svariate simulazioni per dimostrare che il chip in questione, denominato S1, riesce ad eseguire delle elaborazioni complesse in modo più efficiente dei processori tradizionali. Questo anche perchè i dati del mondo reale posseggono molto "rumore" (che può essere visto come una distorsione numerica delle perfette quantità matematiche). S1 si comporta molto bene in applicazioni quali l'imaging radar ad alta risoluzione, la composizione di dati tridimensionali da foto stereografiche, le tecniche di apprendimento cosiddetto "profondo" che consentono progressi nel campo dell'intelligenza artificiale. In un software di test basato sull'analisi del passaggio di automobili all'interno di un video, il nuovo chip è stato capace di processare frame di immagine quasi 100 volte più velocemente di un processore convenzionale, utilizzando meno del 2 % d'energia, quindi con un incredibile aumento dell'efficienza.

Naturalmente dovrà passare molta acqua sotto i ponti prima che un tale hardware si diffonda, sia per motivi di produzione di scala, sia per motivi culturali: i softwaristi sono abituati all'iperprecisione degli elaboratori e si troverebbero spiazzati. Nel frattempo, l'idea si va diffondendo e dei chip "matematicamente imprecisi" sono stati realizzati anche presso l'Istituto Federale di Tecnologia a Losanna. Ad un tale dispositivo si sono interessati anche i tecnologi di Twitter, dato che dai social non arrivano mai informazioni dai contorni netti. Il mondo dei dati "incerti" è davvero variegato, visto che comprende anche quelli provenienti dallo studio del comportamento umano. Probabilmente, aver sempre pensato di perfezionare certi sistemi aumentando solo disponibilità e velocità dei bit, gli atomi digitali, potrebbe non essere stata la soluzione migliore. Del resto, la natura non è affatto digitale.


(fonte https://www.technologyreview.com/s/601263/why-a-chip-thats-bad-at-math-can-help-computers-tackle-harder-problems/ ; si ringrazia il sito http://www.startinn.com/  per la gentile concessione della foto)

mercoledì 13 aprile 2016

Referendum, una scelta consapevole


Trivelle Si, trivelle No. Sembra quel pezzo di Elio e le storie tese, e forse il parallelo ci sta pure bene, visto che è un problema di Italia si, Italia no. Italia si, per salvare il nostro mare, la sua bellezza e la sua pulizia (pulizia ? ok, lasciate correre la vostra fantasia), Italia no, per condannarla definitivamente (o quasi) ad essere un paese inquinato e, soprattutto, ad essere preda di multinazionali senza scrupoli. Bè, non è proprio così, ma c'è da pensarlo sul serio dopo le ultime realtà al riguardo. Il caso Guidi / Tempa Rossa docet.

Ho provato a fare, nel mio piccolissimo, una sorta di intervista sull'argomento che ci vedrà al voto il prossimo 17 aprile, pur non chiedendo su quale particella si dovrebbe mettere la X. L'idea mi è venuta trovando in rete un'intervista ad una geologa (professione strettamente legata alle tematiche ambientali) che si è espressa a favore del non voto. Cosa per me abbastanza riprovevole, se non fosse che le sue motivazioni mi sono apparse ben articolate e praticamente vicine ai sostenitori del NO. Insomma una voce fuori dal coro, questo il link , che non intendo qui sviscerare. Così ho sottoposto quanto da lei affermato a persone spiccatamente a favore del SI, nello specifico, 3 blogger, 2 giornalisti di professione ed un amico che lavora nel settore Ambiente, con perfetta ripartizione tra i due sessi.

Dei 6, due ad oggi non mi hanno ancora risposto, una credo per scelta (chi è questo, chi lo conosce, ora do un parere a lui, tsè), l'altra perchè impegnata in un evento (l'ho saputo dopo averle sottoposto il quesito), a questo punto se ne sarà dimenticata, chissà. Quindi cerco di riassumere il parere dei restanti 4. Ora, sarà che sui social (specie su Twitter) è difficile esprimere un parere su argomenti seri, ma resta il fatto che solo una blogger è stata piuttosto esaustiva nella difesa del SI, un altro ha scritto che gli 8 punti della suddetta geologa sono smontabili uno ad uno, facendo comunque un plauso allo sforzo da lei fatto. Le risposte degli altri due "intervistati" sono quindi state: il primo si è appellato al fatto che si trattava di un articolo redatto solo per diventare virale e senza veri contenuti, non motivando la sua brillante intuizione, l'altro si è limitato a dire che la capacità corruttiva delle multinazionali è senza confini.

Non mi aspettavo certo che si dedicassero a rispondere per le rime, nè a me nè tantomeno a chi osato andare contro le spietate campagne per il SI, contro la difesa estrema dell'ambiente, a spada tratta, perchè il pianeta va salvato e chi lo sfrutta va fermato. Sia chiaro, io ci tengo almeno quanto loro, pur non essendo mai stato integralista o estremista, riguardo all'ambiente o a qualsivoglia settore. C'è però nell'aria una sorta di conformismo, di sensibilità green dell'ultima ora, senza una piena consapevolezza dei fatti e di ciò che si va a votare, che non è per niente rassicurante. Conosciamo bene tutte le implicazioni del SI ? siamo davvero certi che sia un bene per il nostro paese ? e non parlo dei lavoratori che potrebbero perdere il posto, li rispetto e mi spiacerebbe per i loro familiari se così fosse. Non sono per il NO, sia chiaro, ma a volte ho il sospetto che possa prevalere, ancora una volta, quel gran senso "pecoronico" italico del farlo perchè lo fanno gli altri, perchè è di moda, perchè "io voto, faccio il mio dovere di cittadino" (parente del "io pago le tasse" di una volta), senza invece esprimersi in modo ragionato e con cognizione di causa.

Ma quanto all'italico fare c'è anche chi, pur essendo al centro della stanza dei bottoni, propone di non andare a votare. A me pare un'offesa alla democrazia, una mancanza di rispetto verso il senso civico che dovremmo avere e verso la libertà di espressione di una scelta. Io, a differenza di costui, della geologa e di tanti altri, ho una certezza: il 17 mi recherò alle urne, così come spero che lo faccia almeno il 51% degli aventi diritto. Ma possiedo anche un'altra, di certezze: le voci fuori dal coro, quando vengono da persone competenti, non fanno mai male.


martedì 5 aprile 2016

Obesità infantile: prevenzione dalla culla


Avete mai provato a confrontare vecchie foto di famiglia, in bianco e nero possibilmente, con quelle attuali, vostre o di altri ? se ci sono bambini in quelle foto, è impossibile non notare i cambiamenti avvenuti grazie (o a causa, dipende dai punti di vista) al nostro cresciuto benessere, inteso come minore povertà e maggiori risorse economiche disponibili. Sto parlando dell'occidente del mondo, naturalmente. Avrete quindi fatto caso anche alle taglie dei piccoli, cresciute anche quelle. Al riguardo, ad un certo punto della nostra pseudo-evoluzione, ci siamo distratti così tanto che adesso ce li troviamo obesi.

A livello internazionale la problematica sta diventando seria. O forse lo è già da un bel po'. I bambini da 2 anni in su sono considerati in sovrappeso se hanno un indice di massa corporea (IMC, o BMI - Body Mass Index) pari o superiore all'85° percentile su alcuni grafici di crescita standard dettati dall'OMS, e sono obesi se il loro IMC è al 95° percentile o superiore.  Solitamente però una tale valutazione non viene fatta prima dei 24 mesi d'età. Ma ora da uno studio del Cincinnati Medical Center, condotto da specialisti pediatri ed endocrinologi, sembra che possa essere uno strumento valido per la prevenzione dell'obesità anche prima dei 2 anni.

Negli Stati Uniti, paese fortemente impattato dalla tematica, si parla di circa il 17% tra bambini ed adolescenti obesi, una cifra piuttosto allarmante. Ad oggi la medicina non ha ancora individuato il momento esatto in cui si sviluppa un anomalo aumento di peso. In questo studio, il team scientifico ha esaminato le cartelle cliniche elettroniche di due gruppi di bambini statunitensi, seguiti da 0 a 6 anni. Nel primo gruppo, composto dal 38% di bambini del totale, si avevano degli obesi tra 2 e 6 anni con un indice di massa corporea maggiore del 99° percentile; nel secondo, l'IMC dei bambini era compreso tra il 5° e il 75° percentile. Tornando indietro nel tempo ed osservando come essi erano cresciuti, i ricercatori hanno scoperto una differenza significativa degli indici tra i due gruppi già intorno ai 4 mesi di età, con una maggiore specializzazione tra i 6 e 18 mesi.

Nella seconda fase dello studio, sono stati analizzati i dati infantili di una diversa etnia e condizione socio-economica differente rispetto ai primi due gruppi: anche in tal caso la probabilità di obesità grave all'età di 6 anni era più alta se erano state "poste le basi" nei primi mesi di vita. Dunque, un indice semplice da calcolare come il BMI sembra essere uno strumento importante per ogni pediatra, mostrando informazioni su come il bimbo sta crescendo e su quali rischi potrà correre. Per non dire di quale sarebbe il costo sociale risparmiato a fronte di una riduzione del numero di bambini obesi, grazie ad un intervento così anticipato.

C'è da dire che un controllo del genere può sembrare per alcuni genitori leggermente allarmistico. Questo concetto vale effettivamente per molti tipi di controlli medici che appaiono ai giorni nostri incalzanti e ingiustificati, se si pensa a quei pochi a cui erano sottoposti i bambini delle foto in bianco e nero di cui si diceva nella premessa. Tant'è che la quasi totalità di loro è diventata adulta senza problemi. Ma non per questo non deve essere fatta prevenzione. Perchè se negli USA il problema è grave, in Italia non possiamo scherzare: le stime (http://www.obesitainfantile.org/obesita/) parlano di un 12% di obesi nella fascia 6-10 anni. Si tratta senz'altro di cambiare la cultura di certi genitori "fatalisti", ai quali va inculcata l'importanza di una sana alimentazione e di un corretto stile di vita. Sin dalla culla.


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-04/tes-bmi040116.php; si ringrazia il sito http://obesitynewstoday.com/ per la gentile concessione della foto)