La notizia è davvero preoccupante:
stiamo diventando un paese con poca, pochissima acqua. Il clima
"impazzito" va assetando le terre d'Italia. E' questo il risultato
che emerge da un'analisi condotta dall'ANBI, Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del
Territorio e delle Acque Irrigue, nel mese di Settembre, considerando tutti gli
invasi che tale associazione gestisce. Un dato su tutti: nel 2010 erano
presenti in totale 2317 milioni di metri cubi d'acqua, mentre l'ultima
rilevazione di quest'anno parla di soli 1066 milioni, ossia il 54% in meno.
I conteggi
sono stati fatti a Settembre, ma stante la continua mancanza di piogge
significative, la situazione può essere anche peggiorata. Molto negative le cifre
degli invasi al nord, che sono già intrinsecamente più basse di quelle al
centro-sud: per i soli bacini artificiali lo stato attuale è di 2,5 milioni di
metri cubi contro gli 11 di 7 anni fa. Situazione analoga per tutti i
principali laghi: il Garda si trova al 27% della sua capienza, ed è quello
messo meglio, mentre il lago di Como è addirittura all'11%. Al Sud, si registrano invece difficoltà importanti
per le produzioni agricole tardive, bisognose di irrigazione, soprattutto in
Calabria e in Sardegna. L'ANBI spinge per una rapida apertura dei lavori sul Piano Irriguo Nazionale, ma anche per attivare investimenti quali il Piano
Nazionale degli Invasi e per incrementare il contributo delle acque reflue a
fini agricoli.
Eppure il
belpaese non dovrebbe avere di questi problemi, visto che potenzialmente la
nostra ricchezza idrica, basandosi sul volume medio delle piogge, risulta
superiore alla media europea. Cosa accade però? Da un lato la conformazione
morfologica ed idrogeologica dello Stivale che, presentando una natura molto irregolare
dei deflussi, non permette la piena raccolta; dall'altra le note carenze del
sistema infrastrutturale esistente, sia a livello di costruzioni originarie
che, soprattutto, di manutenzione. Tali due fattori determinano una
sensibile discrepanza tra la capacità teorica e quella pratica di
approvvigionamento idrico. E se la situazione è allarmante per le acque
irrigue, nemmeno sull'acqua potabile possiamo stare tranquilli. Secondo Legambiente andrebbero ristrutturati circa 50.000
chilometri di rete idrica, ormai fatiscenti e inefficienti, ma molto possiamo
fare anche noi, evitando sprechi e adottando comportamenti virtuosi.
Dunque,
terreni e campagne sempre più soggetti a siccità e scarsità di risorse per
l'irrigazione. Per fortuna c'è qualche caso in cui politiche attente e gestioni
oculate hanno comportato risultati dignitosi. Un esempio è quello dell'Emilia Romagna,
presentata come eccellenza al progetto europeo W.I.R.E. (Water & Irrigated agriculture
Resilient Europee): è stato infatti sviluppato Acqua Campus, centro
progettuale per le tecnologie innovative nella distribuzione delle acque
agricole che, con il suo software Irriframe,
arriva a calcolare il bilancio idrico distrettuale, con previsioni fino a 15
giorni. Un altra pratica virtuosa viene dal meridione, la Puglia per la
precisione, dove il Consorzio di bonifica di Capitanata è stato premiato per la gestione dell'invaso di Marana Capacciotti, in
occasione dell'8a edizione de “La Fabbrica nel Paesaggio“ a Foligno, grazie ai caratteri di
sostenibilità e durabilità creati dalla diga, e alla conseguente valorizzazione
paesaggistica.
L'ANBI si prefigge
lo scopo di coordinare i vari consorzi di bonifica, tramite i quali
interventi pubblici e privati provvedono alla difesa del suolo, alla regolazione delle acque e alla salvaguardia ambientale. Molteplici gli accordi tra ANBI e Dipartimento
della Protezione Civile, Unione
Province d'Italia, WWF e
LIPU. E' comunque inevitabile
sottolineare che senza concrete politiche mondiali, a medio e lungo termine, sforzi
degni di nota come questi potrebbero non essere sufficienti a contrastare gli effetti
deleteri della estrema variabilità climatica nell'era dell'antropocene. Oggi ha
inizio la Climate Change Conference
a Bonn. Incrociamo le dita.
(fonte
http://www.ambientidiacqua.it/public/anbinforma/ANBI20171027_anno-xix-n-40.html; si ringrazia il sito http://wtnh.com per la gentile concessione della foto)
I problemi infrastrutturali sono consistenti, ma affrontare la situazione solo sul piano degli investimenti e delle tecnologie non risolverebbe. Abbiamo una serie di problemi strettamente correlati che comprendono il cambiamento del clima a livello globale, ma anche il deficit cronico del bilancio idrico a livello locale (consumi superiori alle entrate), la declinante salute delle foreste, la pessima situazione dei suoli agricoli la cui capacità di campo è spesso residuale.
RispondiEliminaTi ringrazio per il tuo commento. Hai pienamente ragione, non si tratta solo di investire in tecnologie ma, come ho specificato a fine pezzo, di favorire politiche globali e locali, da parte di tutti gli attori coinvolti, comprese associazioni di settore e singoli cittadini (tipo evitare gli sprechi e non deturpare l'ambiente, incrementando la sensibilità e il rispetto).
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