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venerdì 5 settembre 2014

Sensori autoalimentati grazie alle variazioni di temperatura



All’inizio del secolo scorso l’ingegnere svizzero Jean-Léon Reutter progettò un orologio meccanico, denominato Atmos, che non aveva bisogno di ricarica per diversi anni, basato su una camera sigillata contenente gas di mercurio, le cui contrazioni ed espansioni faceva ruotare la molla a spirale per caricare autonomamente l’orologio. E quando un’idea non trova il successo commerciale nella sua epoca, i corsi e i ricorsi storici possono ritirarla fuori. Infatti, con lo stesso principio, molto di recente all’università di Washington hanno progettato una fonte di energia, utile per i posti dove l’energia elettrica non c’è.

Il sistema funziona così: un soffietto metallico delle dimensioni circa di un melone è riempito con un gas sensibile alla temperatura. Quando il gas si riscalda e si raffredda in risposta alla temperatura dell'aria esterna, si espande e si contrae, portando il soffietto a fare lo stesso. Delle lamelle coprono il soffietto per tutta il suo diametro e spostandosi convertono questa energia cinetica in energia elettrica: pertanto si possono alimentare i sensori posizionati sul sistema stesso, così che i dati raccolti vengano inviati in modalità wireless ad un ricevitore. La sensibilità è tale che una variazione di temperatura di soli 0,25 °C genera energia sufficiente sia per autoalimentarsi che per trasmettere i dati. In altre parole, un micro-generatore di energia, totalmente rinnovabile, che utilizza come sorgente le fluttuazioni naturali di temperatura e pressione di qualsiasi ambiente in cui si trova.

Esistono già alcune tecnologie prive di batterie ed alimentate dalle onde a radio frequenza del sole, ma i ricercatori dicono che quest’ultima invenzione sarebbe utilizzabile in luoghi dove il sole e le onde radio non arrivano, come ad esempio pareti interne di edifici, strutture di ponti, oppure sotto terra dove però siano garantite piccole variazioni di temperatura. Ad esempio, il dispositivo potrebbe essere collocato in una soffitta o all'interno di una parete per controllare eventuali perdite d'acqua; oppure rilevare all'interno di un ponte eventuali crepe che si formano nel tempo o carenze strutturali. Queste tecniche di misurazione sono già esistenti, ma hanno bisogno di un alimentazione esterna: il nuovo dispositivo americano invece è indipendente da questo punto di vista e può essere piazzato anche in posti remoti. 

In un ottica open source, all’università di Washington hanno pensato di fornire il prodotto in kit, con delle parti stampate in 3D ed altri componenti di commercio, cioè non progettati apposta per il loro micro-generatore; in più il software può essere scaricato dal loro sito e modificato a piacere, affinchè ognuno possa realizzarsi il sistema che serve, magari migliorando l’idea di base. Il team però continua con lo sviluppo, sia per aumentarne la miniaturizzazione che per provare gas attivati da intervalli di temperatura differenti, al fine di farlo funzionare nei climi più disparati.



(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-09/uow-ctp090314.php , la foto è gentilmente concessa dall’Università di Washington)



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