Uno
studio condotto dall’Università della Virginia e pubblicato sulla rivista
americana Geophysical Union prende in esame la sicurezza alimentare mondiale e
i flussi di scambio del cibo. Grazie a dati su materie prime agricole raccolti dalla FAO (Food and Agriculture Organization), lo studio
ricostruisce la rete commerciale in termini di calorie alimentari spostate tra
i paesi. Tra il 1986 e il 2009 la quantità di cibo scambiata è più che
raddoppiata e la rete alimentare ha aumentato del 50% le sue interconnessioni,
portando al 23% l’export della produzione alimentare mondiale.
A peggiorare
le cose ci sono gli inevitabili aumenti di richiesta della carne. Per esempio
la Cina è uno dei paesi che più ne sta aumentando il consumo: questo comporta
un variazione dell’uso del territorio, dato che la produzione di carne richiede
molta più superficie rispetto ai raccolti. Com’è naturale, i grassi e le
proteine crescono proporzionalmente allo sviluppo economico dei paesi emergenti,
rafforzando con tempi troppo rapidi la pressione antropica sui campi coltivati
e sui pascoli.
"Il
mondo è sempre più interconnesso e l'approvvigionamento alimentare mondiale
dipende strettamente da tali connessioni" ha detto Paolo D’Odorico, professore
di Scienze Ambientali all’Università di Virginia e principale autore dello
studio. "La sicurezza alimentare delle popolazioni in rapida crescita è sempre più legata al commercio, ma l'affidabilità di quest'ultimo può ridursi a causa
delle incertezze nella resa delle colture e della volatilità dei prezzi derivanti dal cambiamento climatico”. Perciò, viste le variabili
aleatorie in gioco, sarà fondamentale regolare adeguatamente i meccanismi di distribuzione del cibo, dal punto di vista economico
e politico, per tentare di equilibrare la sfrontata opulenza di
poche aree del mondo con le tante affamate. Senza dimenticarsi che il commercio
può ridistribuire meglio ciò che mangiamo, ma non riesce ad aumentarne la disponibilità.
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