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martedì 2 settembre 2014

Elogio del fresco



Ieri mi metto in macchina e leggo la temperatura: 18°. Meno male ci sono le previsioni meteo, soprattutto quando ci prendono. Questo freschetto del 1° settembre l’avevano previsto. Ho indossato anche una giacca, estiva naturalmente, ma poi la tolgo, l’abitacolo non si è ancora raffrescato a sufficienza. Pensare che fino a 2 giorni fa avevo fatto il bagno al mare. Sì, lo so, è stata una stagione estiva per modo di dire. Lasciamo stare, per questa volta, inquinamento, riscaldamento globale e annessi vari, per quanto io creda fermamente al disastro che stiamo combinando al nostro pianeta. Però così si respira. Diamine se si sta bene. Certo, quelli che avevano programmato questa settimana come “vacanze intelligenti” se la ricorderanno per un pezzo. A me questo clima piace. E vi dirò pure il perché.

L’estate scorsa, insieme alle ultime 16, ero un lavoratore dipendente. In ufficio l’aria condizionata funzionava quasi sempre (sì, è un eufemismo, alcuni capiranno). Poi, quando si è molto impegnati caldo e umidità danno fastidio fino ad un certo punto. Si rende meno, dice qualcuno: quel qualcuno lavorerebbe poco anche in condizioni ottimali. Quest’estate, invece, la mia casa è anche il mio ufficio: senza condizionatore, per scelta personale, con al massimo un ventilatore. Facile, direte, ha fatto al massimo 33°. La prova del nove sarà l’estate prossima. Ma io ora mi godo il fresco, non vedo l’ora che arrivi l’autunno (e la pioggia di oggi è un antipastino coi fiocchi).

Il fatto è che l’estate non mi piace più ormai da una quindicina d’anni. Forse da quando la calura meneghina mi ha provato a sufficienza, anzi probabilmente da prima. Quando andavo al mare da ragazzo e avevo tutta la vita davanti, amavo l’estate e ciò che mi prometteva. Le lunghe giornate, i giri con le bici, i profumi della mia terra  che non ho mai dimenticato, tutto contribuiva ad incantarmi e a tramortirmi, attendendo la luce vera che sarebbe durata chissà quanto, che sarebbe arrivata chissà quando. Quell’insolente e intima inquietudine che mi porto dentro mi hanno smontato l’estate. D’improvviso, pioggia, vento, tramonti spezzati troppo in fretta celavano certe speranze dietro frasi pronte a rimandare di 12 mesi o poco meno ciò che non avevo fatto. E’ diventata una stagione traditrice.  La vita assomiglia per me più ad autunno ed inverno, poca luce da afferrare rapidamente, ma molta introspezione per crescere e ritrovarsi grandi, con figli a carico, sperando pazzamente di far risplendere le stagioni andate insieme a loro. Per questo amo il fresco, l’aria sulla faccia, che spazza via sensazioni beffarde e risveglia, che sferza e dà la carica, senza farci appassire più di quanto lo faccia la realtà. Che poi, a dirla tutta, dal fresco e sin dal freddo ti proteggi coprendoti con più strati, se fa caldo e ti manca l’aria, chi te le presta due ali per volare ad alta quota e riempirti i polmoni di ossigeno ? 

Non voglio essere il solito bastiancontrario, so che la maggior parte di voi freme per l’estate, il caldo anche torrido, il sole sulla pelle, le onde che rinfrescano, le voglie riaccese. Di più, vivo in un paese di mare e, anche se non sono le Seychelles, chissà quanti scambierebbero la loro residenza con la mia. Ma non posso essere quello che non sono. Vedo le cifre del termometro abbassarsi e sono più felice, dentro. Comunque, alla tv dicevano che questi giorni di maltempo non sono un addio all’estate, ma solo un arrivederci. Sì, all’anno prossimo …. 


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