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lunedì 18 agosto 2014

Il rischio aumenta l'ansia nelle donne


Le situazioni di rischio aumentano l'ansia per le donne di più rispetto agli uomini, portandole a svolgere peggio i loro compiti in queste condizioni. E’ il risultato di uno studio condotto dalla dottoranda in sociologia Susan R. Fisk, che sarà presentato al 109° meeting annuale della American Sociological Association: certamente non troverà grandi consensi nell’opinione del gentil sesso. La Fisk ha voluto precisare che si parla del rischio in senso lato, non solo fisico o finanziario, ma quello che, ad esempio, può presentarsi in un incontro di lavoro quando si deve esprimere un’idea e si teme il giudizio dei colleghi, oppure quando ad una volontaria viene affidato un incarico difficile non previsto nella sua mansione di routine.

Sono stati condotti tre esperimenti, utilizzando adulti statunitensi di età compresa tra i 18 e gli 81 anni. Nel primo i partecipanti online hanno descritto la loro reazione a due scenari lavorativi durante una riunione, una con colleghi ben predisposti, l’altra con persone che non lo sono affatto. Al termine del loro contributo gli è stato sottoposto un test sull’ansia, in base al quale le donne che avevano simulato uno scenario di rischio hanno riportato il 13,6% in più di livello d’ansia rispetto a quelle con scenari senza rischio. La definizione degli scenari non ha avuto un effetto statisticamente significativo sulla preoccupazione degli uomini.

Nel secondo esperimento si usavano delle domande scritte sul cui esito veniva chiesto di scommettere: i partecipanti dovevano puntare su sé stessi e sulla loro presunta accuratezza delle risposte. Risultato: le donne hanno individuato l’11% in meno di risposte corrette, verificandole poi verbalmente; invece senza il rischio della scommessa la correttezza media tra uomini e donne sarebbe stata circa la stessa. Infine per il terzo esperimento la sociologa ha sottoposto a studenti di ingegneria dei test per laureati: gli studenti dovevano assegnare un grado di fiducia ai loro responsi, creando perciò un livello pur minimo di insicurezza. In tal caso la percentuale di domande errate al femminile si è fermata al 4%.

Secondo la Fisk, anche se una donna ha potenzialmente le stesse prestazioni di un uomo, potrebbe essere giudicata diversamente proprio perché i risultati sono condizionabili dal suo maggior livello di ansia. Di più, la dottoressa crede che questo possa essere uno dei motivi per cui i posti di leadership sono più occupati dagli uomini; perciò le imprese dovranno il più possibile evitare le situazioni di rischio, permettendo così di dare il meglio anche alle dipendenti donne, affinché tutti ne ottengano un vantaggio.

Non so quanti si troveranno d’accordo con i risultati di questa ricerca. Io sono molto scettico. Innanzitutto per le differenze percentuali riscontrate, che sono al limite del significativo; poi perché la casistica di valutazione è veramente ristretta rispetto a quella reale, anche se naturalmente aumentare le situazioni di test sarebbe oneroso per la ricerca, senza trascurare l’eventuale rischio che vada in crisi anche la categoria maschile. Infine, non conosciamo qual è la grande apertura mentale della dottoressa Fisk, secondo cui le donne siedono meno degli uomini nelle poltrone di comando anche per la loro incapacità di gestire il rischio, invece che per un radicato ed esteso sessismo duro a morire.



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