L’esplorazione dello spazio è iniziata
nel 1957 con lo Sputnik1 sovietico. Da allora sono stati fatti passi da
gigante, ed in questi giorni si stanno vivendo momenti importanti, grazie alla
sonda Cassini che, dopo circa 20 anni di viaggio, sta inviando le prime foto
degli anelli di Saturno. E la storia ovviamente non finisce qua. Gli
investimenti mondiali dedicati sono quasi incalcolabili, con tutte le eventuali
critiche del caso. Ma qualche volta gli studi spaziali portano benefici anche sulla
Terra.
La dottoressa Susan Love, chirurgo californiano
specializzato nei tumori al seno, che ha creato una sua fondazione al riguardo, sta
studiando da tempo il microbioma dei dotti mammari, i canali sotto la pelle che
portano il latte al capezzolo. Per inciso, il microbioma è l'insieme del patrimonio genetico di un ambiente
definito (un intero organismo o una parte
di esso) e della sua interazione con i microrganismi in esso presenti. Visto
che la maggioranza dei tumori alla mammella hanno origine nei dotti, la Love ha
provato a mapparli per determinare se ospitano eventuali agenti infettivi che alimentano
il male. Il compito è risultato difficile, dato che sono stati riscontrati molti
più microbi del previsto.
Gli scienziati della NASA hanno da tempo
sviluppato una serie di tecniche per analizzare concentrazioni piccolissime di microrganismi. Si
tratta di strumenti estremamente sensibili che sono utilizzati per la
protezione dei pianeti, nel senso che nei viaggi interspaziali i batteri residenti
sulla Terra non devono poter contaminare i mondi lontani. Fortunatamente, uno
degli scienziati che lavorano al centro JPL (Jet Propulsion Laboratory) della NASA, il dottor Vaishampayan, conosceva il
meccanismo con cui una madre condivide il suo microbioma con il proprio bambino,
attraverso l'allattamento al seno, avendolo studiato nel post-dottorato a
Berkeley. Un concetto poco diffuso presso quasi tutti i biologi, secondo cui il
seno e i suoi condotti sono sterili.
Il team ha analizzato il fluido duttale su 23 donne sane e su 25 che avevano contratto il cancro al seno, utilizzando
tecniche molto avanzate per determinare la fauna microbica. Ha stabilito che
il fluido condotto al seno ha in effetti un microbioma distinto: in pratica la
popolazione di microbi nelle pazienti sane sembra differire da quelle che non
lo sono. Ma questo era solo un primo passo, anche perché la diversità poteva
essere scaturita dai trattamenti a cui si erano sottoposte le donne più
sfortunate. Successivamente, gli scienziati del JPL hanno sviluppato una tecnologia per creare delle mappe dettagliate dei dotti mammari, in analogia a quella utilizzata per mappare la topologia di altri pianeti . Le informazioni così ottenute potrebbero portare a più
precisi interventi chirurgici di natura oncologica.
Negli ultimi tempi la dottoressa californiana
aveva cercato di utilizzare le ecografie 3D (tecnologia di cui avevamo già discusso)
per ottenere immagini dei condotti, su donne in buona salute, durante l'allattamento.
Cosa non semplice perché manca un quantitativo di dati sufficiente. Ecco quindi l’importanza del JPL: gli scienziati abituati a realizzare mappe dettagliate per
topografie complesse, anche se di natura completamente diversa, possono fornire
un utile contributo ad un lavoro simile, in ambito anatomico e, soprattutto,
per una patologia devastante come quella tumorale. In fondo il seno umano per
certi versi è inesplorato come la superficie di Marte, ha affermato la dottoressa Love, cogliendo in pieno le positive ricadute di questa analogia.
L’incursione di carattere medico al JPL
ha avuto molto successo. E’ stato creato un forum di Ingegneria Medica, al
quale partecipano scienziati e ingegneri desiderosi di lavorare su progetti
medici. Ad esempio, è venuta fuori una collaborazione con alcuni neurochirurghi
per sviluppare materiali intelligenti da utilizzare in chirurgia spinale;
ancora, vogliono mettere a punto una migliore tecnologia di imaging per guidare i chirurghi in modo
più puntuale. Pur essendo davvero una sinergia inedita, quella tra lo studio
dei tumori e le ricerche lontane dal pianeta azzurro, il suo esordio sembra
promettere proprio bene.
(fonte https://www.statnews.com/2017/04/18/breast-cancer-jpl-space/;
nella foto, gentilmente tratta dal sito http://www.ctsnotizie.it, Valentina
Tereshkova, la prima donna che volò nello spazio, nel 1963)
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