In principio era il baratto, poi arrivarono
monete e banconote, e nessuno aveva previsto lo schiavismo intellettuale e
morale che ne sarebbe derivato. Nel tardo '900 ci ritrovammo carte di credito e
di debito le quali, passato lo scetticismo iniziale, si sono affermate
piuttosto bene. Certo, si tratta di sistemi non esenti da difetti, i quali si
sono moltiplicati con l'avvento di ... indovinate un po'? Internet,
naturalmente. Se avete effettuato una transazione online con le 16 cifre della
vostra carta, probabilmente qualche timore l'avete provato. Paura di perdere i
vostri risparmi o di essere inseguiti da qualche personaggio orwelliano. Bè,
sappiate che da poco Google negli USA traccia anche l'utilizzo delle carte nei
negozi. Non abbiamo scampo, insomma.
Il motto "la pubblicità è l'anima
del commercio" è ancora oggi valido, ma le modalità sono molto cambiate rispetto ad una volta.
E' vero, ci sono ancora le "réclame" e i manifesti pubblicitari, ma a
farla da padrone è il web: qui le persone cercano di tutto e, tra le innumerevoli
proposte, apparire per primi nella lista dei risultati è un vantaggio
innegabile. Sono nati così dei software che tracciano le vostre ricerche e "comprendono"
se quel link vi ha portato ad acquistare l'oggetto di cui avete bisogno. Tutti
dati che il motore di ricerca (perlopiù Google) rivende a chi fa business, per
migliorare il modo di proporsi in rete. Il loro pensiero è quindi: una persona
ricerca un prodotto, mi trova subito tra chi lo propone, quindi acquista da me, online e con carta di credito. Voi mi direte: basta cercare
su internet e poi acquistare nel negozio reale. E qui la novità: se uso la
carta mi tracciano anche là. La privacy? Scomparsa del tutto.
Per Google, un gigante tecnologico da 79
miliardi di dollari (fatturato 2016), è quindi possibile collegare i percorsi
digitali compiuti dagli utenti con gli acquisti reali, in un modo molto più
ampio di quanto non fosse possibile prima. Ma così facendo, si sta ancora una
volta percorrendo un territorio minato, accedere a dati molto sensibili dei
consumatori. I sostenitori della privacy affermano che sono in pochi a capire
come le transazioni vengono analizzate, sia per analfabetismo digitale che per
consensi rapidi dati alle app, senza leggere a fondo le condizioni contrattuali
per l'uso. Big G (alias di Google) si è difeso dicendo che i dati subiscono un
processo di crittografazione con un nuovissimo sistema, in attesa di brevetto,
sviluppato insieme a tre scienziati dell'MIT. Naturalmente non ha voluto
rispondere alle domande incalzanti sul come funzioni questo sistema,
aggiungendo che alle aziende interessate arrivano solo numeri e quantità,
quindi nessuno sa (sulla carta, n.d.r.) chi è quella persona, cosa ha comprato
e dove.
Nel 1994 a Washington fu fondato l'Electronic
Privacy Information Center (EPIC), un gruppo di ricerca che ha
il compito di portare l'attenzione pubblica sui problemi crescenti in materia
di libertà d'informazione e di privacy. Sul tema l'EPIC si è
espressa in modo molto sfavorevole, esortando i singoli governanti e poi il
Congresso americano a chiedere risposte su come Google e altre società tecnologiche
stiano raccogliendo e utilizzando i dati degli utenti. Del resto Big G non è
nuova a queste trovate da Grande Fratello. Sfruttando, come si diceva prima, la
leggerezza delle persone, negli Stati Uniti alcune aziende hanno ottenuto dati
georeferenziati su chi cercava un prodotto e sul luogo dove andava ad
acquistarlo, semplicemente utilizzando il GPS presente sullo smartphone. Home Depot, Espresso,
Nissan, Sephora, alcune tra le società interessate a questo
"giochetto".
A guardare bene, comunque, una
violazione dei diritti o, meglio, un consenso non dato, c'è senz'altro. Se è
vero che tutti gli utenti iscritti ai servizi di Google hanno approvato la
condivisione dei loro dati con terze parti, è anche vero che nessuno ha dato
l'ok ai commercianti (quelli del negozio reale) di passare le informazioni legate
alla carta di credito. E non basta. La fallacità dei sistemi software espone i
dati personali non solo a chi li usa per business, ma anche agli hacker che si
divertono a pubblicarli, a prescindere da quali entità oscure possano esserci
dietro. Sarà dunque necessario regolamentare a dovere certi
"digitalismi" di mercato, tenendo comunque presente che la rete è
diventata indispensabile per tutti. Forse un piccolo prezzo, ma proprio
piccolo, è inevitabile pagarlo. Come dire: abbiamo voluto la bicicletta, ora ci
tocca pedalare.
(fonte
https://www.washingtonpost.com/news/the-switch/wp/2017/05/23/google-now-knows-when-you-are-at-a-cash-register-and-how-much-you-are-spending/; si ringrazia il sito https://null-byte.wonderhowto.com per la gentile concessione della foto)
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