Qualche giorno fa ho provato a guardare
nei miei post, controllando se avessi postato i pezzi introspettivi di mia
invenzione, quelli senza fonti, con una cadenza circa uguale, intervallandoli
con i post “sciento-tecnologici”. La verifica ha avuto esito negativo: naturale,
non era mia intenzione farlo. Si è trattato di un calcolo infantile per capire
che era giunta l'ora di riscrivere uno di quei post in cui mi lecco i baffi.
Per come mi diverto a concepirlo e a girarvelo. Eccolo qua.
Ultimamente i corsi di laurea in
Ingegneria si sono moltiplicati. Si va da quella Gestionale, ai più non
nuovissima, passando per la Biomedica, fino ad arrivare ai vari spezzettamenti
di carattere Ambientale. La diversificazione in questo campo è importante, mi
sembra chiaro. Ma, come in tante cose, si rischia di specializzare troppo e, se
da un punto di vista questo può essere un bene, dall’altro ci si può ritrovare,
usciti da prestigiosi politecnici o da blasonate università, a saper fare una
sola cosa. E personalmente, forse per deformazione esperienziale, non mi pare
idea buona e giusta. Ve lo immaginate un ingegnere dei serramenti automatici
alle prese con una valutazione catastale? Oppure un ingegnere degli infotainment systems che si cimenta con
l'adeguamento sismico di una scuola? Lo so, la suddivisione degli albi
professionali non lo consentirebbe, l’ho scritto per puro spasso, inventando quei
tecnici inesistenti. Comunque, non è di questo che voglio parlare (su, non vi
arrabbiate).
Mi è capitato in un paio di occasioni di
sentire nominare la figura dell'ingegnere nucleare come il non plus ultra dell'umano
genio, usato con riferimento a persona di grande intelligenza che deve per
forza comprendere tutto, dalla verità delle cose fino ai massimi sistemi. Due
esempi facili facili. Il primo è umoristico. In un noto sketch di Aldo,
Giovanni e Giacomo, qualcuno chiede ad Aldo di fare il massaggio cardiaco ad
una persona che sta male, e lui agisce sul lato opposto a quello corretto; lo
rimproverano e il simpaticone afferma, col suo modo unico di esprimersi "non
sono mica un ingegnere nucleare che devo sapere dove sta il cuore!". Il secondo
caso, sportivo, è recentissimo: l'allenatore del Torino Calcio, a fronte delle
immagini secondo cui, a suo dire, un fallo del proprio difensore era
inesistente, si è così espresso "non serve un ingegnere nucleare per
vedere che prende la palla ...".
Non me ne vorranno i colleghi usciti con
la suddetta specializzazione, però 'sta cosa è un po' antipatica. Sarà che
veniamo tutti dalla generazione H (quella della bomba ad idrogeno, contrapposta
alla generazione Z, dei Zuzzurelloni col telefonino), oppure perché
nell'infinitamente piccolo solo in pochi ci sanno scavare, ma l'accezione
comune che si dà all'argomento "nucleare" è di immane acume e supremo
fascino tecnologico. Se poi ad esso si aggiunge il sostantivo
"ingegneria", di per sé sinonimo di stima e rispetto (si fa per
dire...), dai malcapitati Paolo Rossi, Mario Bianchi, o Ahmed Salam, dottori in Ingegneria Nucleare, ci si aspetta come
minimo l'invenzione del secolo. Il prossimo. E allora, noi semplici Civili,
Edili, Elettrotecnici, Meccanici, Elettronici, siamo l'ultima ruota del carro?
Qui si tende a fare razzismo intellettuale
e tecnologico, si propaganda la superiorità di un classe di professionisti
(esigua, per la verità), senza averne chiare certezze, senza un minimo di identificazione
sociale, culturale e applicativa rispetto a come si esercita una professione.
"Eh, mio figlio vuole fare ingegneria nucleare", ho sentito dire una
volta da una genitrice, come a significare "sposterà i protoni con il solo
pensiero e indirizzerà i quark concentrandosi
al massimo", mentre sul lavoro era indecisa se il suo pargolo da grande avrebbe
diretto il CERN di Ginevra o condotto una cattedra all'MIT di Boston. Il tutto
guardando dall'alto un'altra madre che, con umiltà, andava sventagliando ai
quattro venti (lo so, questo è un chiaro ossimoro) la volontà della sua ragazza
di iscriversi a Ingegneria dell'Informazione (ce l'aveva nel sangue, visto che
la madre era solita "informare" un po' tutti).
Voglio dire, cos'hanno di meno i tecnici
che studiano e poi progettano degli edifici grandiosi, che sgobbano sui testi
di Scienza delle Costruzioni e poi tirano su i ponti (avanti, l'ho scritto
apposta, sfogatevi con le cattiverie), che valutano se una valle incontaminata
potrà essere avvelenata col cemento e con le pale eoliche, che producono la
prossima app che vi permetterà di non restare imbottigliati nel traffico? Sono
forse figli di un dio minore? è
inutile stare a rimuginare, non sentirete mai dire "problema risolvibile
solo con un ingegnere meccanico", oppure "ha un QI così alto che è
destinato a fare l'ingegnere minerario", o ancora "che ragazzo in
gamba, per me potrebbe iscriversi ad ingegneria elettrica". In questo
ambito, l'unica laurea che può avere ambizioni di prestigio e livelli di
intelligenza "vinciana" tipo la nucleare è quella in ingegneria
aerospaziale o, tutt'al più, aereonautica; le restanti sono tutte fuori dal
podio, da scartare per i presunti geni assoluti.
Credetemi, non è affatto giusto: essersi
spremute le meningi e poi avere una scarsa considerazione. Lo ribadisco, è
indice di pressapochismo e qualunquismo. Alla fine, però, qualcuno si accorgerà
che il valore di un tecnico non viene dal titolo ma da come riesce a mettere in
pratica studio, capacità e competenze. Prendete me, ad esempio, che mi sono
laureato in Ingegneria Ironica. Sul campo sono imbattibile ;-)
(in
foto, osservatorio di Terrazza delle Stelle, Monte Bondone - Trento)
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