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martedì 9 maggio 2017

Un ingegnere su tutti


Qualche giorno fa ho provato a guardare nei miei post, controllando se avessi postato i pezzi introspettivi di mia invenzione, quelli senza fonti, con una cadenza circa uguale, intervallandoli con i post “sciento-tecnologici”. La verifica ha avuto esito negativo: naturale, non era mia intenzione farlo. Si è trattato di un calcolo infantile per capire che era giunta l'ora di riscrivere uno di quei post in cui mi lecco i baffi. Per come mi diverto a concepirlo e a girarvelo. Eccolo qua.

Ultimamente i corsi di laurea in Ingegneria si sono moltiplicati. Si va da quella Gestionale, ai più non nuovissima, passando per la Biomedica, fino ad arrivare ai vari spezzettamenti di carattere Ambientale. La diversificazione in questo campo è importante, mi sembra chiaro. Ma, come in tante cose, si rischia di specializzare troppo e, se da un punto di vista questo può essere un bene, dall’altro ci si può ritrovare, usciti da prestigiosi politecnici o da blasonate università, a saper fare una sola cosa. E personalmente, forse per deformazione esperienziale, non mi pare idea buona e giusta. Ve lo immaginate un ingegnere dei serramenti automatici alle prese con una valutazione catastale? Oppure un ingegnere degli infotainment systems che si cimenta con l'adeguamento sismico di una scuola? Lo so, la suddivisione degli albi professionali non lo consentirebbe, l’ho scritto per puro spasso, inventando quei tecnici inesistenti. Comunque, non è di questo che voglio parlare (su, non vi arrabbiate).

Mi è capitato in un paio di occasioni di sentire nominare la figura dell'ingegnere nucleare come il non plus ultra dell'umano genio, usato con riferimento a persona di grande intelligenza che deve per forza comprendere tutto, dalla verità delle cose fino ai massimi sistemi. Due esempi facili facili. Il primo è umoristico. In un noto sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo, qualcuno chiede ad Aldo di fare il massaggio cardiaco ad una persona che sta male, e lui agisce sul lato opposto a quello corretto; lo rimproverano e il simpaticone afferma, col suo modo unico di esprimersi "non sono mica un ingegnere nucleare che devo sapere dove sta il cuore!". Il secondo caso, sportivo, è recentissimo: l'allenatore del Torino Calcio, a fronte delle immagini secondo cui, a suo dire, un fallo del proprio difensore era inesistente, si è così espresso "non serve un ingegnere nucleare per vedere che prende la palla ...".

Non me ne vorranno i colleghi usciti con la suddetta specializzazione, però 'sta cosa è un po' antipatica. Sarà che veniamo tutti dalla generazione H (quella della bomba ad idrogeno, contrapposta alla generazione Z, dei Zuzzurelloni col telefonino), oppure perché nell'infinitamente piccolo solo in pochi ci sanno scavare, ma l'accezione comune che si dà all'argomento "nucleare" è di immane acume e supremo fascino tecnologico. Se poi ad esso si aggiunge il sostantivo "ingegneria", di per sé sinonimo di stima e rispetto (si fa per dire...), dai malcapitati Paolo Rossi, Mario Bianchi, o Ahmed Salam, dottori in Ingegneria Nucleare, ci si aspetta come minimo l'invenzione del secolo. Il prossimo. E allora, noi semplici Civili, Edili, Elettrotecnici, Meccanici, Elettronici, siamo l'ultima ruota del carro?

Qui si tende a fare razzismo intellettuale e tecnologico, si propaganda la superiorità di un classe di professionisti (esigua, per la verità), senza averne chiare certezze, senza un minimo di identificazione sociale, culturale e applicativa rispetto a come si esercita una professione. "Eh, mio figlio vuole fare ingegneria nucleare", ho sentito dire una volta da una genitrice, come a significare "sposterà i protoni con il solo pensiero e indirizzerà i quark concentrandosi al massimo", mentre sul lavoro era indecisa se il suo pargolo da grande avrebbe diretto il CERN di Ginevra o condotto una cattedra all'MIT di Boston. Il tutto guardando dall'alto un'altra madre che, con umiltà, andava sventagliando ai quattro venti (lo so, questo è un chiaro ossimoro) la volontà della sua ragazza di iscriversi a Ingegneria dell'Informazione (ce l'aveva nel sangue, visto che la madre era solita "informare" un po' tutti).

Voglio dire, cos'hanno di meno i tecnici che studiano e poi progettano degli edifici grandiosi, che sgobbano sui testi di Scienza delle Costruzioni e poi tirano su i ponti (avanti, l'ho scritto apposta, sfogatevi con le cattiverie), che valutano se una valle incontaminata potrà essere avvelenata col cemento e con le pale eoliche, che producono la prossima app che vi permetterà di non restare imbottigliati nel traffico? Sono forse figli di un dio minore? è inutile stare a rimuginare, non sentirete mai dire "problema risolvibile solo con un ingegnere meccanico", oppure "ha un QI così alto che è destinato a fare l'ingegnere minerario", o ancora "che ragazzo in gamba, per me potrebbe iscriversi ad ingegneria elettrica". In questo ambito, l'unica laurea che può avere ambizioni di prestigio e livelli di intelligenza "vinciana" tipo la nucleare è quella in ingegneria aerospaziale o, tutt'al più, aereonautica; le restanti sono tutte fuori dal podio, da scartare per i presunti geni assoluti.

Credetemi, non è affatto giusto: essersi spremute le meningi e poi avere una scarsa considerazione. Lo ribadisco, è indice di pressapochismo e qualunquismo. Alla fine, però, qualcuno si accorgerà che il valore di un tecnico non viene dal titolo ma da come riesce a mettere in pratica studio, capacità e competenze. Prendete me, ad esempio, che mi sono laureato in Ingegneria Ironica. Sul campo sono imbattibile ;-)



(in foto, osservatorio di Terrazza delle Stelle, Monte Bondone - Trento)

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