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martedì 3 luglio 2018

Uomini e macchine: possibili sentimenti



Sono stato assente per qualche tempo su questo blog. Ogni tanto il piacere di scrivere e di divulgare viene sopraffatto dalle necessità lavorative. Oltre che da quelle umane. A tal proposito, ve ne sono alcune a cui non riesco a rinunciare, dato che ho la possibilità di farlo anche per soli 10 minuti, una volta al giorno. Cosa avete capito? Parlo della lettura. Un buon libro dà spazio alla fantasia, ai sentimenti, a volte anche al fascino del mistero, soddisfa le curiosità, e così via. Permette di vivere altre vite, come disse qualcuno tempo fa. Ma consente anche di fare alcune riflessioni e di condividerle, come in questo caso.

Che vi piaccia o no, Dan Brown è uno degli autori più di successo al mondo. Sto terminando di leggere il suo “Origin”, bello ed affascinante quasi come gli altri. Tranquilli, non rivelerò né la trama né il finale, ma magari qualcuno di voi l’ha già letto. Ad un certo punto Winston, personaggio di fantasia di cui esiste solo la voce, generato da un’intelligenza artificiale (IA) sopraffina, comunica al professor Langdon (l’attore Tom Hanks nei vari film di Brown) che in un tale giorno, ad una certa ora, lui stesso si spegnerà definitivamente. Nel libro Winston dialoga brillantemente con i protagonisti, in modo tale da non riuscire a distinguerlo da una comune persona. Cosa succede quindi? Langdon mostra dispiacere perché Winston “morirà”. Domanda: i sentimenti per le macchine sono una nostra prossima tappa evolutiva, oppure involutiva? Ancora: dispiacere, tristezza, nostalgia, empatia, possono essere provate per una voce intelligente senza corpo? E un’IA può provarle per noi?

Ok, ora riprendetevi. So che i quesiti posti non hanno una risposta proprio semplice. Ogni tanto mi sorprendo a chiedermi delle cose fuori dal comune. E pensare che non ho nemmeno studiato filosofia …. Scherzi a parte, avere dei dubbi e porsi alcuni perché, farsi delle domande al limite dell’esistenziale, è una delle mie caratteristiche. Pregio o difetto? Rispondete voi, questa volta. Però la crescita esponenziale delle interazioni uomo-macchina deve farci riflettere sui possibili impatti emotivi. Il libro che sto ultimando è pura invenzione, e chissà quant’acqua sotto i ponti passerà prima che le macchine abbiano coscienza di sé stesse ed acquisiscano familiarità con i sentimenti. E’ pure probabile che saremo così freddamente razionali da programmarle senza questi optional tipicamente umani.

Oggi siamo fermi a sistemi che sembrano mostrare un QI basso, tipo quelli di Google o di Apple. Si fa una domanda allo smartphone e si riceve una risposta quasi come un “amico sapiens”. Parlo di dispositivi noti a tutti, ma certamente nei laboratori più avanzati, dove forse si usano supercomputer quantistici, ci sono macchine con quoziente intellettivo più alto. Con la crescita dell’intelligenza di questi sistemi, per ora guidata solo dalla programmazione, riusciranno a generarsene in autonomia una nuova e superiore, diventando coscienti e sviluppando anche iniziativa nel dialogo, nei ragionamenti, nelle “azioni”? E tutto ciò, se avverrà, sarà sufficiente a considerarli, tranne che per l’aspetto, come noi?

Tuttavia, anche sulla questione dell’aspetto e della forma, in una società che dedica tutta sé stessa all’apparire, si stanno facendo rapidi progressi, con umanoidi sempre più simili in fattezze ed espressioni agli “umanoidi umani”. Probabilmente, tra due o tre generazioni, i rapporti tra le due “razze” diventeranno stretti ed equiparabili al 99% a quelli attuali tra individui old-style. Tra noi, volevo dire. Così, tornando al primo quesito, se nel libro Langdon prova dispiacere per una voce intelligente destinata ad eclissarsi, potete figurarvi cosa accadrà quando, ipotizzo, nel 2080 l’umanoide di turno terminerà la sua esistenza, lasciando un giovane amico umano: disperazione totale, assimilabile a quella di un parente prossimo che passa a miglior vita. Scenario da fantascienza? Può darsi.

Ma osservando queste considerazioni da un altro punto di vista, si potrebbe porre un’altra questione: i sentimenti nascono per la simbiosi tra i corpi o tra le anime? Sempre più difficile, direte! In altre parole, se può causarci tristezza il fatto che una voce, con tutte le caratteristiche umane di intonazione, comportamento, simpatia, intelligenza, decide di spegnersi, che cos’è che ci lega davvero alle persone, la loro intelligenza o il loro aspetto? Le relazioni si formano perché ci piace stare insieme: questo deriva da un piacere superficiale, come quello della bellezza, che pur si rifà a desideri dell’anima, oppure dal modo di porsi, di sentirsi vicini, di condividere esperienze, ma pure dal contatto fisico? Se volete, questo è anche un tema da social: a volte si creano buoni rapporti, anche di stima, tra persone conosciute su internet, pur non avendo la fortuna di incontrarle dal vivo. Si tratta solo di un’amicizia virtuale? Quante di quelle reali sono vere e quante solo presunte o di comodo? Le interazioni digitali e i sentimenti che ne derivano finiscono davvero a schermo spento?

I futurologi, i tecnologi, coloro che plasmano il domani, cercheranno di regalare sembianze umane sia nella forma che nei contenuti agli umanoidi che verranno. Non spaventatevi, è la logica del Creatore, o di madre Natura, se virate come me verso un agnosticismo stretto. Solo che questa creazione postmoderna, partorita dalle nostre piccole menti, dovrà essere di affiancamento al risultato della preesistente, magari evitandoci compiti più banali, oppure più pericolosi, lasciandoci tempo libero per la crescita personale, intellettiva ed emotiva, ma anche per andare incontro al prossimo, vivendo appieno l’esistenza. Nelle umane profondità ci saranno più attracchi di navi della conoscenza, alle quali lasciare liberi i porti della consapevolezza e della sensibilità. Sempre che non chiudano pure questi.   


(si ringrazia il sito http://www.isciencemag.co.uk per la gentile concessione dell’immagine)


PS: se state leggendo questo post scriptum, vi chiedo perdono per la prolissità e vi ringrazio per la pazienza J



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