Sono stato assente per qualche tempo su
questo blog. Ogni tanto il piacere di scrivere e di divulgare viene sopraffatto
dalle necessità lavorative. Oltre che da quelle umane. A tal proposito, ve ne
sono alcune a cui non riesco a rinunciare, dato che ho la possibilità di farlo
anche per soli 10 minuti, una volta al giorno. Cosa avete capito? Parlo della
lettura. Un buon libro dà spazio alla fantasia, ai sentimenti, a volte anche al
fascino del mistero, soddisfa le curiosità, e così via. Permette di vivere
altre vite, come disse qualcuno tempo fa. Ma consente anche di fare alcune
riflessioni e di condividerle, come in questo caso.
Che vi piaccia o no, Dan Brown è uno degli autori più di
successo al mondo. Sto terminando di leggere il suo “Origin”, bello ed affascinante quasi come gli altri. Tranquilli,
non rivelerò né la trama né il finale, ma magari qualcuno di voi l’ha già
letto. Ad un certo punto Winston, personaggio
di fantasia di cui esiste solo la voce, generato da un’intelligenza artificiale
(IA) sopraffina, comunica al professor Langdon
(l’attore Tom Hanks nei vari film di
Brown) che in un tale giorno, ad una certa ora, lui stesso si spegnerà
definitivamente. Nel libro Winston dialoga brillantemente con i protagonisti,
in modo tale da non riuscire a distinguerlo da una comune persona. Cosa succede
quindi? Langdon mostra dispiacere perché Winston “morirà”. Domanda: i
sentimenti per le macchine sono una nostra prossima tappa evolutiva, oppure
involutiva? Ancora: dispiacere, tristezza, nostalgia, empatia, possono essere
provate per una voce intelligente senza corpo? E un’IA può provarle per noi?
Ok, ora riprendetevi. So che i quesiti
posti non hanno una risposta proprio semplice. Ogni tanto mi sorprendo a
chiedermi delle cose fuori dal comune. E pensare che non ho nemmeno studiato
filosofia …. Scherzi a parte, avere dei dubbi e porsi alcuni perché, farsi
delle domande al limite dell’esistenziale, è una delle mie caratteristiche.
Pregio o difetto? Rispondete voi, questa volta. Però la crescita esponenziale
delle interazioni uomo-macchina deve farci riflettere sui possibili impatti
emotivi. Il libro che sto ultimando è pura invenzione, e chissà quant’acqua
sotto i ponti passerà prima che le macchine abbiano coscienza di sé stesse ed
acquisiscano familiarità con i sentimenti. E’ pure probabile che saremo così
freddamente razionali da programmarle senza questi optional tipicamente umani.
Oggi siamo fermi a sistemi che sembrano
mostrare un QI basso, tipo quelli di Google o di Apple. Si fa una domanda allo
smartphone e si riceve una risposta quasi come un “amico sapiens”. Parlo di
dispositivi noti a tutti, ma certamente nei laboratori più avanzati, dove forse
si usano supercomputer quantistici, ci sono macchine con quoziente intellettivo
più alto. Con la crescita dell’intelligenza di questi sistemi, per ora guidata solo
dalla programmazione, riusciranno a generarsene in autonomia una nuova e
superiore, diventando coscienti e sviluppando anche iniziativa nel dialogo, nei
ragionamenti, nelle “azioni”? E tutto ciò, se avverrà, sarà sufficiente a
considerarli, tranne che per l’aspetto, come noi?
Tuttavia, anche sulla questione
dell’aspetto e della forma, in una società che dedica tutta sé stessa
all’apparire, si stanno facendo rapidi progressi, con umanoidi sempre più
simili in fattezze ed espressioni agli “umanoidi umani”. Probabilmente, tra due
o tre generazioni, i rapporti tra le due “razze” diventeranno stretti ed equiparabili
al 99% a quelli attuali tra individui old-style.
Tra noi, volevo dire. Così, tornando al primo quesito, se nel libro Langdon
prova dispiacere per una voce intelligente destinata ad eclissarsi, potete
figurarvi cosa accadrà quando, ipotizzo, nel 2080 l’umanoide di turno terminerà
la sua esistenza, lasciando un giovane amico umano: disperazione totale, assimilabile
a quella di un parente prossimo che passa a miglior vita. Scenario da
fantascienza? Può darsi.
Ma osservando queste considerazioni da un
altro punto di vista, si potrebbe porre un’altra questione: i sentimenti
nascono per la simbiosi tra i corpi o tra le anime? Sempre più difficile, direte!
In altre parole, se può causarci tristezza il fatto che una voce, con tutte le
caratteristiche umane di intonazione, comportamento, simpatia, intelligenza,
decide di spegnersi, che cos’è che ci lega davvero alle persone, la loro
intelligenza o il loro aspetto? Le relazioni si formano perché ci piace stare
insieme: questo deriva da un piacere superficiale, come quello della bellezza,
che pur si rifà a desideri dell’anima, oppure dal modo di porsi, di sentirsi
vicini, di condividere esperienze, ma pure dal contatto fisico? Se volete,
questo è anche un tema da social: a
volte si creano buoni rapporti, anche di stima, tra persone conosciute su
internet, pur non avendo la fortuna di incontrarle dal vivo. Si tratta solo di
un’amicizia virtuale? Quante di quelle reali sono vere e quante solo presunte o
di comodo? Le interazioni digitali e i sentimenti che ne derivano finiscono
davvero a schermo spento?
I futurologi, i tecnologi, coloro che
plasmano il domani, cercheranno di regalare sembianze umane sia nella forma che
nei contenuti agli umanoidi che verranno. Non spaventatevi, è la logica del
Creatore, o di madre Natura, se virate come me verso un agnosticismo stretto. Solo
che questa creazione postmoderna, partorita dalle nostre piccole menti, dovrà
essere di affiancamento al risultato della preesistente, magari evitandoci
compiti più banali, oppure più pericolosi, lasciandoci tempo libero per la
crescita personale, intellettiva ed emotiva, ma anche per andare incontro al
prossimo, vivendo appieno l’esistenza. Nelle umane profondità ci saranno più
attracchi di navi della conoscenza, alle quali lasciare liberi i porti della
consapevolezza e della sensibilità. Sempre che non chiudano pure questi.
PS: se state leggendo questo post
scriptum, vi chiedo perdono per la prolissità e vi ringrazio per la pazienza J
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