E’ arcinota ai più la “filosofia” di
vita secondo cui sono cambiati i tempi. Se così è, anche la scuola rientra in
tali nuove modalità di intendere l’esistenza. Ricordo ancora con un sorriso
quando mia madre, insegnante elementare fino al '94, rientrava da scuola e ci
raccontava di alcuni aneddoti tra il curioso e il grottesco. Riguardo alle
distanze da tenere con gli alunni, lei aveva un profilo medio: non li
terrorizzava ma qualche volta si faceva rispettare. Una maestra del mio stesso
istituto, ad esempio, per non aver ottenuto da nessuno il nome di chi aveva
lanciato una gomma nell’occhio di una bambina, fece uscire tutti un’ora più
tardi, avendo cura di bacchettare per bene i palmi delle mani degli allievi.
No, non sono andato alla scuola degli
orrori. Era la norma, lo sapete anche voi. E sapete pure che siamo cresciuti
(quasi) bene. Dignitosamente, in altre parole. Di più, le mamme di quelli
disattenti o poco volenterosi davano carta bianca ad alcuni insegnanti sulle
maniere forti da usare con i figli. Sembra un altro mondo rispetto ad oggi.
Perché oggi basta uno sguardo appena cattivo del docente per far scatenare le
invettive dei genitori, qualche volta si passa alle minacce o addirittura alle
vie legali. Ma si può anche comprendere come chi sta al di qua della cattedra
possa perdere facilmente la pazienza. Era più giusto prima oppure adesso? La
forza educativa della scuola si è sciolta come neve al sole o si sono
rammolliti padri e madri ponendo una campana di vetro sugli epigoni, e guai a
chi li tocca ? Répondez, s’il vous plait.
Provo a fare qualche ipotesi. Gli
scolari di ieri sono diventati i genitori di oggi. Siamo cresciuti e diventati
persone di buona cultura, di discreta intelligenza (suvvia, voglio essere
ottimista per una volta); nel frattempo sono numericamente diminuiti i nostri
figli, nei quali ci rispecchiamo e cerchiamo di dar loro il massimo, anche più.
Era così anche 50 anni fa, ma qual era questo massimo? Avendo origini
“terroniche” ho sempre visto la vita come qualcosa di costruito con tanta
fatica, con risparmi e sacrifici, per cui mediamente i desideri dei pargoli di
allora erano difficili da esaudire. Diversi genitori non avevano modo, capacità
e conoscenza per seguire i figli negli impegni scolastici, che quindi erano
spesso disattesi. Si vedeva quindi nella scuola una sorta di istituzione sacra, a cui affidare crescita, educazione,
saper fare, e così via. Non era possibile mettere in discussione maestro o
maestra (parlo del docente unico) e dunque, a fronte di un torto da
questi subìto, valeva la parte negativa del detto “mazz e panell fann l figgh
bell” ...
Cos’è successo negli anni a seguire?
Semplice, il sapere aumentato di padri e madri, o presunto tale, ha cambiato
l’ottica. “Come, mio figlio che è così (bello ed) intelligente, solo per un
errore di distrazione deve essere rimproverato dalla prof di matematica, che
magari insegna pure per raccomandazione?” (il trionfo dei luoghi comuni). Si è
realizzato uno zoccolo duro sul nulla o quasi, sul fatto che un sottile
modernismo spinto avrebbe dovuto portare tutti ad essere migliore di tutti. In
questo senso i genitori stessi si sono evoluti così tanto (immaginatelo almeno
un momento) da capirne più dei docenti, e quindi sono fioccate le affermazioni
tipo “Come si permette di dire che mia figlia non ha capito la lezione? Perché
a parità di intelligenza ed impegno (a saperli misurare...) il mio ragazzino ha
avuto 6 e quell’altro 8?” Sicuramente la colpa è del docente che non ha saputo imprimere
le giuste traiettorie mentali e quindi l’alunno non ha colto il profondo
significato delle parole che ascoltava con scrupolosa attenzione....
Insomma, si è creata una sorta di
rivalità tra genitori ed insegnanti, dove l'oggetto del contendere sono i
figli/scolari i quali, posti al centro dell'attenzione, non hanno fatto altro
che peggiorare. D'altro canto, giusto per spezzare una lancia a favore della
mia categoria, probabilmente la scuola nel tempo non ha conseguito l'evoluzione
necessaria ad adeguarsi a certe rinnovate mentalità: voglio dire che, oltre
alle LIM e alle Invalsi, ci si attendeva una maggiore maturità nella gestione
dei ragazzi. Gestione complessa, come abbiamo già sottolineato, perché qualche
buontempone di genitore si è dedicato meno all'educazione dei figli e più al
suo modo di apparire. Quegli stessi, in pratica, che hanno cominciato a mettere
in dubbio l’istituzionalità della scuola, non considerandola più come un valore
inviolabile, utile all'alfabetizzazione delle masse e quindi al miglioramento
della società.
Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma mi
fermo qui. La mia è solo una delle possibili spiegazioni, il punto di vista di
un padre che, pur con i suoi difetti, nota con rammarico un cambiamento in
questo settore, nel rapporto tra famiglia e scuola. Ma che ha notato anche una discutibile
qualità degli istituti con cui fin'ora si è confrontato, sia nel
privato che nel pubblico. Per finire, è doveroso sottolineare che sta alla
intelligenza e alla sensibilità delle persone, tra le mura domestiche e quelle
scolastiche, portare avanti il miglior progetto per gli uomini di domani. Non
basta quindi il titolo di padre/madre o di docente per riuscirci.
(si ringrazia il sito http://www.dnaindia.com per la gentile
concessione della foto)
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