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martedì 28 ottobre 2014

L’incremento demografico globale non si può fermare



C'è un modo per arrestare la crescita della popolazione mondiale? sembra proprio di no. E’ questo il risultato di uno studio condotto da due biologi dell’Università di Adelaide, Corey Bradshaw e Barry Brook. Il modello da loro creato ipotizza uno scenario di 12 miliardi di persone nel 2100, numero appena scalfito anche nel caso che un piccolo asteroide impattasse il pianeta o in quello di un disastro epidemiologico.

Negli ultimi 50 anni, la crescita media dei “terrestri” è stata circa di un miliardo ogni 12 anni. Com’è noto, si è iniziato a parlare di sostenibilità anche per questo motivo, data la incipiente (oppure già superata) limitata disponibilità di alcune risorse. Diversi paesi hanno tentato di limitare le nascite con programmi di pianificazione familiare e di educazione per le donne. Qualcuno però si è chiesto se è possibile rallentare la crescita in modo significativo. Due biologi australiani, impegnati a fondo sulla biodiversità animale e sulle relative relazioni quantitativo-temporali, hanno deciso di capire che se ci sono margini di riduzione dell’incremento ed a quali fattori sono legati.

Hanno realizzato un modello matematico partendo dai dati forniti dall’OMS e dall’archivio dell’US Census Bureau International (qui il sito, dove ad esempio si stima che in Italia dal 2025 in poi il tasso di crescita diventerà negativo); poi hanno introdotto delle variabili, quali tasso di mortalità, durata della vita, dimensione della famiglia, età della donna nella prima maternità, e così via. In base a queste informazioni sono riusciti a creare 10 scenari, il primo con gli attuali tassi di fertilità e mortalità, gli altri ottenuti con alterazioni solo presunte, tipo durata media della vita più lunga, l'imposizione di una politica del figlio unico a livello mondiale, morti catastrofiche dovute a guerre o pandemie. Lo scenario senza alterazioni ha stimato una popolazione di 12 miliardi di persone, praticamente la stessa proiezione delle Nazioni Unite, validando positivamente il modello creato. Allo stesso tempo però il modello ha evidenziato una crescita incontrastata anche con l’introduzione di disastri globali, sulla base di quanto accaduto nelle guerre mondiali o con la febbre spagnola, sottraendo circa mezzo miliardo ad una cifra molto più grande, ossia un effetto poco rilevante.

Lo studio ha prodotto altre considerazioni. Se la popolazione aumenta, si tende ad avere più bambini, se diminuisce si avranno più anziani; anche in questo secondo caso le persone che non producono reddito sono mediamente supportate da 1,5 a 2 lavoratori. Dunque il rallentamento della crescita, qualora avvenisse, sarebbe economicamente sostenibile. Inoltre, gli scienziati hanno evidenziato quali saranno le zone del mondo critiche, vale a dire il sud-est asiatico e alcune aree africane, con la maggior densità umana del pianeta. Paradossalmente, in quelle regioni i nuovi nati non faranno neanche in tempo a vedere gli ultimi elefanti e leoni, se si avvererà una delle ipotesi più pessimistiche degli etologi. 

Qualcuno di voi avrà letto forse l’ultimo romanzo di Dan Brown, Inferno, in cui si prospetta una soluzione esasperata: uno scienziato diffonde un agente patogeno come contromisura al sovraffollamento del pianeta. Sia lo studio di Bradshaw e Brook che, a suo modo, il romanzo di Brown, dovrebbero farci riflettere e permettere a chi muove le leve del mondo di considerare sin d’ora le esigenze di uno sviluppo demografico inarrestabile, compatibilmente con tutte e sole le risorse a nostra disposizione. Fino a dare ragione, almeno in parte, a chi sostiene il concetto sociale ed economico di decrescita.


(fonte http://news.sciencemag.org/biology/2014/10/no-way-stop-human-population-growth ; si ringrazia il sito www.abc.net.au per la gentile concessione della foto)


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