Un rifiuto di per sé non può essere intelligente. E’ intelligente, è smart, l’uso che se ne fa. Si tratta di un concetto piuttosto recente che viene continuamente confermato da diversi analisi e studi di settore. Gli ultimi due ne sottolineano anche le possibilità economiche ed occupazionali, oltre che gli ovvi benefici ambientali. La prima relazione, dal titolo Smart Waste, è stata rilasciata dalla compagnia di consulenza internazionale Navigant Research; la seconda è WAS Report 2014, redatta da Waste Strategy, la divisione di Althesys (società italiana di assistenza strategica alle aziende) che si occupa di gestione rifiuti e di riciclo.
I rifiuti devono essere considerati una risorsa
rinnovabile, sia dal punto di vista di recupero dei materiali che da quello
energetico. Questo afferma Smart Waste. Puntare a migliorare lo smaltimento ed
aumentare il costo d’uso delle discariche: sono due nodi cruciali per spingono
la ricerca verso soluzioni più intelligenti per i rifiuti solidi urbani (RSU),
anche perché si prevede un aumento del 50% globale di RSU nei prossimi 10 anni.
Dunque è necessario affiancare le opportunità di business che ne possono
derivare alla indispensabile tutela dell’ambiente. A tal proposito vanno potenziati e migliorati
gli impianti di incenerimento, portati avanti i progetti di cattura dei gas
nocivi da discarica, realizzate delle bioraffinerie, contenenti una serie di
processi per ottenere composti utili all’uomo dagli scarti agro-industriali. Per
i prossimi 10 anni si stimano dei ricavi di circa 40 mld di dollari intorno a
questi settori più evoluti.
Il Was Report 2014 focalizza maggiormente
l’attenzione sull’Italia, evidenziando buone possibilità a breve termine
nell’ambito occupazionale: si parla infatti di una triplicazione degli attuali
68000 posti di lavoro relativi agli RSU, se si riducesse drasticamente l’uso
delle discariche. L’illegalità in questo campo è naturalmente una grossa piaga:
ne risentiamo sia in termini di qualità dell’aria e dei prodotti raccolti, sia
in quelli economici, viste le sanzioni comunitarie che ci tocca affrontare.
Secondo gli analizzatori di Waste Strategy, esperti nel seguire la filiera
completa dei rifiuti e quindi nel centrarne le potenzialità, si potrebbero
ottenere circa 8 mld di euro nei prossimi 6 anni, con una buonissima riduzione
di quasi 4 mln di tonnellate di spazzatura in discarica. Certamente la volontà
politica dovrà essere una leva fondamentale per raggiungere questi risultati.
Se il primo report mostra chiaramente “l’intelligenza”
dei rifiuti, il secondo lo sottintende. I rifiuti smart devono entrare nel
senso comune, sia che si tratti di RSU che di altri scarti. In un quadro di
incremento generale degli stessi, imputabile sia alla fisiologica crescita dei
paesi in via di sviluppo che ad un aumento smisurato dei consumi nell’occidente
del mondo, non è più pensabile uno scarto abbandonato a sè stesso. Si deve
necessariamente considerarlo come una forza e una risorsa, promuovendo, allo
stesso tempo, un’educazione e uno sviluppo che lo minimizzi; in ogni caso
modificando lo stile di vita secondo cui il rifiuto buttato non ci appartiene
più. Basti pensare che nel solo territorio di Roma e dintorni sono state individuate
più di 1700 discariche abusive (si legga http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/609
). La sensibilizzazione in questo campo deve investire l’intero pianeta, ma se
cominciassimo dal nostro stivale, dove l’immondizia rischia di deturpare anche le
grandi bellezze ereditate dal passato, non sarebbe affatto male.
(fonti
http://smartcitiescouncil.com/article/smart-waste-revolution-drive-42-billion-revenues-over-next-decade
; http://www.rinnovabili.it/green-economy/riciclo-rifiuti-occupazione-2020-666/
)
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