C'è un modo per arrestare la crescita della popolazione
mondiale? sembra proprio di no. E’ questo il risultato di uno studio condotto
da due biologi dell’Università di Adelaide, Corey Bradshaw e Barry Brook. Il
modello da loro creato ipotizza uno scenario di 12 miliardi di persone nel
2100, numero appena scalfito anche nel caso che un piccolo asteroide impattasse
il pianeta o in quello di un disastro epidemiologico.
Negli ultimi 50 anni, la crescita media dei “terrestri”
è stata circa di un miliardo ogni 12 anni. Com’è noto, si è iniziato a parlare
di sostenibilità anche per questo motivo, data la incipiente (oppure già
superata) limitata disponibilità di alcune risorse. Diversi paesi hanno tentato
di limitare le nascite con programmi di pianificazione familiare e di
educazione per le donne. Qualcuno però si è chiesto se è possibile rallentare
la crescita in modo significativo. Due biologi australiani, impegnati a fondo
sulla biodiversità animale e sulle relative relazioni quantitativo-temporali, hanno
deciso di capire che se ci sono margini di riduzione dell’incremento ed a quali
fattori sono legati.
Hanno realizzato un modello matematico partendo dai dati
forniti dall’OMS e dall’archivio dell’US Census Bureau International (qui
il sito, dove ad esempio si stima che in Italia dal 2025 in poi il tasso di
crescita diventerà negativo); poi hanno introdotto delle variabili, quali tasso
di mortalità, durata della vita, dimensione della famiglia, età della donna
nella prima maternità, e così via. In base a queste informazioni sono riusciti
a creare 10 scenari, il primo con gli attuali tassi di fertilità e mortalità,
gli altri ottenuti con alterazioni solo presunte, tipo durata media della vita più
lunga, l'imposizione di una politica del figlio unico a livello mondiale, morti
catastrofiche dovute a guerre o pandemie. Lo scenario senza alterazioni ha
stimato una popolazione di 12 miliardi di persone, praticamente la stessa
proiezione delle Nazioni Unite, validando positivamente il modello creato. Allo
stesso tempo però il modello ha evidenziato una crescita incontrastata anche
con l’introduzione di disastri globali, sulla base di quanto accaduto nelle
guerre mondiali o con la febbre spagnola, sottraendo circa mezzo miliardo ad
una cifra molto più grande, ossia un effetto poco rilevante.
Lo studio ha prodotto altre considerazioni. Se la
popolazione aumenta, si tende ad avere più bambini, se diminuisce si avranno
più anziani; anche in questo secondo caso le persone che non producono reddito
sono mediamente supportate da 1,5 a 2 lavoratori. Dunque il rallentamento della
crescita, qualora avvenisse, sarebbe economicamente sostenibile. Inoltre, gli
scienziati hanno evidenziato quali saranno le zone del mondo critiche, vale a
dire il sud-est asiatico e alcune aree africane, con la maggior densità umana
del pianeta. Paradossalmente, in quelle regioni i nuovi nati non faranno
neanche in tempo a vedere gli ultimi elefanti e leoni, se si avvererà una delle
ipotesi più pessimistiche degli etologi.
Qualcuno di voi avrà letto forse l’ultimo romanzo di
Dan Brown, Inferno, in cui si prospetta una soluzione esasperata: uno
scienziato diffonde un agente patogeno come contromisura al sovraffollamento
del pianeta. Sia lo studio di Bradshaw e Brook che, a suo modo, il romanzo di
Brown, dovrebbero farci riflettere e permettere a chi muove le leve del mondo
di considerare sin d’ora le esigenze di uno sviluppo demografico inarrestabile,
compatibilmente con tutte e sole le risorse a nostra disposizione. Fino a dare
ragione, almeno in parte, a chi sostiene il concetto sociale ed economico di
decrescita.
(fonte http://news.sciencemag.org/biology/2014/10/no-way-stop-human-population-growth
; si ringrazia il sito www.abc.net.au per la gentile concessione della foto)
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