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venerdì 29 dicembre 2017

Il bilancio di fine anno


Quest'anno non vi ho fatto, qui sul blog, gli auguri di Natale, perciò ora vi sorbirete quelli di felice anno. Lo so, ci tenevate così tanto e un po' siete rimasti delusi dal non vedere pubblicato un mio post, qualche giorno prima del 25. Mi spiace avervi lasciato con l'amaro in bocca. Bè, a dirla tutta, qualcosa vi ho regalato. Anche se diretta ad una parte dei miei accaniti lettori, quelli della mia terra d'origine, certi sentimenti che ho espresso credo siano universali.

Che anno è stato il 2017? Uguale agli altri, state pensando? Non vi sbagliate di certo. Se proprio c'è stata una variazione in molti l'hanno vissuta col segno meno. Però, 'sti matematici, si sono limitati solo a 4 segni per le operazioni: diamine, un po' di fantasia! E, posto che la moltiplicazione (di pani e di pesci) la fece quel "tizio" 2000 anni fa e non gli portò bene, dato inoltre che sulle divisioni noi uomini siamo già maestri (a separarci e ad allontanarci, voglio dire), di segni ne restano due, ma stranamente il più latita. Si diverte a farsi vedere raramente, come un signore di alto borgo che si concede alla plebe in rarissime uscite. Perciò, il meno è sempre in cima alla top four. Con molti effetti indesiderati.

Accipicchia, mi sono lasciato prendere la mano dall'aritmetica. Sempre meglio di un'aritmia, è lapalissiano. Ma va da sé che a fine anno si facciano i bilanci. Stavo pensando, quelli d'esercizio devono sempre essere integri e corretti. Per chi ci riesce, direte voi. Certo, per gli altri sono sufficienti i maghi della finanza: quando poi sopraggiunge la Finanza, quella vera, apriti cielo! Dicevo, i bilanci di fine anno andrebbero istituiti anche per le persone, per le nostre coscienze. Cosa hai fatto per te stesso, per la tua famiglia, per gli amici, per il prossimo? In cambio pensi di aver ricevuto abbastanza? O magari ti hanno dato (del tempo, un sorriso, un abbraccio, un pensiero o una parola di conforto) e tu ti sei scordato di loro? Avanti, lo so che mentalmente state facendo la conta di quelli che non vi hanno considerato, per nulla o abbastanza, coloro i quali avrebbero dovuto farsi sentire, o almeno ve lo aspettavate, e invece niente. Quindi, se tanto mi dà tanto, se cioè tutti stanno pensando in tal guisa, c'è qualcosa che non torna.

E' inutile tirar fuori del buonismo a poco prezzo solo in un intorno del Natale, intorno con intervallo molto stretto (chi mastica la matematica mi capirà). Tendiamo sistematicamente a pensare di essere in credito con gli altri, per un qualsivoglia motivo, perciò secondo questa "teoria dei minimi sistemi" tutti sono in credito: ma verso chi? Abbiamo smarrito quell'usanza di una volta prima della confessione (mi scuseranno gli amici atei e gli agnostici ai quali mi vado sempre più avvicinando): farsi l'esame di coscienza. Che in questo caso è e deve essere una coscienza laica, umana, un semplice ed obiettivo ragionamento con sé stessi. E già, ragionamento obiettivo: provate a farlo voi, se ci riuscite. Siamo sempre più in un budello dell'anima, dove, mancando gli specchi, abbiamo occhi solo per le nefandezze altrui. Le nostre sono sempre perdonabili. Anche grazie alla melassa dell'ego che ci avviluppa, in un'ipocrita certezza.

Ok, ho rasentato banalità e qualunquismo in un colpo solo, lo ammetto. Abbiate pietà di me. Ero partito con le migliori intenzioni ironiche ma sono decisamente uscito fuori traccia. Che poi, sono discorsi da fare a poche ore da La grande abbuffata - parte II ? Non c'è neanche tempo di organizzarsi su cosa preparare, sulle pietanze più prelibate, sui calici da riempire, vogliamo stare a pensare ad un tale genere di tristezze?

Possiate vivere il 2018 che più vi aggrada, con chi desiderate, ma nel vero rispetto di tutti. Sempre.
Sinceri auguri!



mercoledì 13 dicembre 2017

Migrazioni pre-moderne: una storia da rivedere


Quanto credete nel vostro dio? Non necessariamente quello cattolico, un dio sui generis a cui affidate la vita, o una qualsiasi altra entità che vi aiuta a sperare, fosse anche il vostro spirito? Fermi là, oggi non vi tedierò con argomenti religiosi, né tantomeno filosofico-esistenziali. E’ che il tema che sto proporvi ben si sposa con certe considerazioni, circa l’uguaglianza, la fratellanza, ciò che ogni dio del bene ma anche un uomo che si rispetti dovrebbe avere insito nel suo essere. Vedetelo pure come madre natura, invece che un dio, e la cosa, da quanto leggerete, vi risulterà più chiara.

Gli studi moderni sull’apparizione dei primi proto-ominidi parlano dell’Africa: secondo la genetica l’homo si colloca temporalmente intorno a 200.000 anni fa e attraversa le fasi di homo ergaster, homo erectus e homo neanderthalensis (di quest'ultimo vi avevo raccontato qualcosa qui). Poi, all’incirca 60.000 anni fa, ci fu una massiccia ondata di colonizzazione dell'Eurasia e dell’Oceania, processo ribattezzato Out-of-Africa. Ciò valeva fino a ieri. Di recente, invece, i progressi tecnologici nell'analisi del DNA e altre tecniche di identificazione dei fossili, nonché lo sviluppo della ricerca multidisciplinare, stanno rivedendo tale storia. Alcune scoperte mostrano infatti che gli umani hanno lasciato l'Africa più volte prima di 60.000 anni fa e che si sono incrociati con altri ominidi in molte località dell'Eurasia.

L'analisi condotta da ricercatori del Max Planck Institute for the Science of Human History, di Monaco di Baviera, in collaborazione con la University of Hawai, a Manoa, ha esaminato a fondo le numerosissime scoperte dell'Asia nell'ultimo decennio, mostrando che l'homo sapiens raggiunse parti distanti del continente asiatico e dell'Oceania molto prima rispetto a quello che si pensava. Fatto fondamentale, si è avuta la prova che gli umani moderni si sono incrociati con altri ominidi già presenti in Asia, come il Neanderthal e il recente Homo di Denisova, diversificando la storia evolutiva della nostra specie. Gli autori hanno identificato fossili umani moderni in aree lontane dell'Asia con caratteristiche molto più antiche come, per esempio, resti di Sapiens rinvenuti in Cina meridionale e centrale, datati tra 70.000 e 120.000 anni fa. Ulteriori reperti hanno confermato la nuova ipotesi che tali ominidi abbiano raggiunto il sud-est asiatico e l'Australia in epoca antecedente a 60.000 anni fa.

La ricerca genetica più innovativa ha sciolto il dubbio degli incroci avvenuti tra ceppi diversi, identificando combinazioni tra umani più recenti con i Neanderthal, ma anche con i nostri parenti  scoperti nel 2010, i "Denisovani", nonché con una popolazione attualmente non identificata di ominidi pre-moderni. C'è stata dunque una sovrapposizione temporale e spaziale di diversi categorie di homo, con interazioni anche sociali.  Una tale crescente evidenza fa scaturire riflessioni differenti su come si sia diffusa la cultura materiale nei millenni, con maggiori complicazioni rispetto al passato. Il professor Bae, dell'Università di Manoa, ha spiegato: "Stiamo osservando come le variazioni comportamentali che hanno portato all'uomo moderno si sono verificate non tramite un semplice processo nel tempo da ovest a est, ma dovute ad un insieme di modi di fare, di usi e costumi, mescolati tra loro grazie all'unione di diverse popolazioni di ominidi presenti in Asia, durante il tardo Pleistocene".

L'approccio multidisciplinare alla ricerca, ossia una strategia comune con la quale diversi settori scientifici affrontano un tema o risolvono un problema, è senza dubbio una sinergia vincente. Scoprire con precisione movimenti e comportamenti dell'uomo preistorico ci dà la possibilità di comprendere meglio la storia moderna, colmando le tante lacune ancora esistenti. Ma forse introduce anche altre domande. E' probabile che alla luce di queste nuove scoperte si dovranno  riesaminare i materiali raccolti prima dello sviluppo dei moderni metodi analitici, per estrarne maggiori conoscenze. Certamente, il significato recondito (e forse neanche tanto) che si evince dagli studi fatti è che l'uomo non si è mai negato alle migrazioni per il miglioramento di sé stesso e della propria comunità, non è mai stato stanziale nell'accezione negativa del termine, indifferente al proprio destino. Ispirato dalla propria volontà, dalle proprie paure o da uno o più dei, è andato avanti anche a costo della propria vita.

Per concludere, nell'epoca in cui si riparla di muri e qualcuno ricomincia a costruirli, si scopre che madre natura, o chi per lei, ha sempre "tramato" per continui scambi ed incontri tra uomini provenienti da posti molto lontani. Un insegnamento che dovrebbe farci riflettere.


(fonte https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-12/mpif-rts120117.php; si ringrazia il sito http://www.eurthisnthat.com/ per la gentile concessione della foto)


mercoledì 6 dicembre 2017

Tecnologie "sul campo"


Se siete avvezzi all’uso dei software, ciò che sto per dirvi vi sembrerà banale. La questione riguarda la loro versione, voglio dire quei numeretti, spesso intervallati da un punto, che denotano una certa “uscita” del software e i suoi principali aggiornamenti. Per intenderci, 1.0, 2.1, e così via. Da quando il digitale ha invaso  le nostre vite, si usa abbinare una versione anche ad altri argomenti non informatici. Forse avete sentito parlare di una Industria 4.0, ma anche dell’Agricoltura 4.0. Fino a qualche anno fa associare il settore primario al digitale avrebbe fatto sorridere: oggi non è più così. L’evoluzione tecnologica è destinata ad invadere anche questo campo (gioco di parole …), dove già non è successo.

Il successo commerciale dei droni ha fatto pensare ad un uso dopo l’altro. Tra di essi, quello di avere un occhio speciale dall’alto che valuta lo stato di salute delle piantagioni non è affatto da sottovalutare. Videocamere che registrano nello spettro dell’infrarosso e nel vicino infrarosso (NIR, Near  Infrared Reflectance) permettono di visualizzare la risposta del seminato alla luce e, da questa, alcuni algoritmi estraggono il vigore delle piante stesse. Si interviene pertanto solo dove c'è veramente bisogno, evitando spreco di risorse ed eccesso di fertilizzante, specie se chimico. E’ quella che si chiama agricoltura di precisione. Ma questo dei droni è solo una delle possibilità dell’Agricoltura 4.0.

A Bordeaux, in alcune vigne dove si produce l’omonimo nettare, si sta testando un prototipo di robot da vigneto chiamato TED, per aiutare la coltivazione e il diserbo dei terreni.  Oltre a rendere il lavoro meno faticoso e ad agire con rispetto verso i suoli, si tende a ridurre la dipendenza dalle energie fossili e dai danni causati dalle macchine agricole tradizionali. Un robot che quindi sostituisce l'uomo quando si tratta di raccogliere e selezionare le uve. I proprietari di questi appezzamenti, dai quali nasce la prestigiosa etichetta Chateau Mouton Rothschild, mostrano sensibilità e preoccupazione riguardo al benessere dei lavoratori di campagna. Secondo il direttore generale di queste cantine, monsieur Dhalluin, "TED sarà in grado di liberarli da alcuni dei compiti ripetitivi, ma non sostituirà mai la mano dell'uomo, strumento  essenziale per un raccolto perfetto e di alta qualità".

Qualcosa di analogo sta accadendo in Portogallo, dove il produttore Port Symington Family Estates ha  recentemente sperimentato un robot da vigneto denominato Vine Scout, per monitorare la salute delle viti e allertare i vignaioli su qualsiasi problema, come lo stress idrico, utilizzando un tracciamento GPS per muoversi in autonomia tra i filari. Esso fa parte di un progetto triennale cominciato l'anno scorso e parzialmente finanziato dall'Unione Europea, oltre che da istituzioni private. Ciononostante, alcuni produttori credono che la spinta verso un'alta tecnologizzazione sia legata ad una nuova filosofia: ottenere bassi rendimenti in quantità ma qualità eccelse, oltre che minore dipendenza dalle sostanze chimiche. (NdR: verranno così premiati i pochi eletti che possono permettersi bottiglie dai prezzi esorbitanti).

Rimanendo sul tema “cura dell’ambiente”, spostiamoci in ambito silvicolo e arboricolo. Alla recente Maker Faire di Roma, fiera dell’innovazione e dell’artigianato digitale, è stata presentata l’app Fagus Base, un software di analisi e raccolta dati dedicato ai professionisti della cura degli alberi. Attraverso un sistema integrato si potranno avere facilmente a disposizione tutte le informazioni sugli alberi, gestire le analisi visive e strumentali, indicare note e prescrizioni, fissare gli interventi e le priorità in funzione dello stato di salute delle piante. Di base vi è una necessità imprescindibile: fare vera manutenzione del verde, concetto fino a pochi anni fa piuttosto astratto, perché il rispetto della natura è anche un dovere civico e morale. E poi, non dimentichiamo,  tecnologie come queste possono rilevare anomalie nei movimenti degli alberi e segnalarle prima di gravi cadute su persone e cose. Città più belle e più sicure, dunque. 

Sia nel caso delle vigne che in quello degli alberi, sono le best practices a tracciare la via. Impensabile  parlare di Agricoltura 4.0 o addirittura di versioni superiori, senza un uso efficace ed efficiente degli strumenti digitali. L'innovazione è fondamentale, e fortunatamente non manca. Gli operatori possono stare tranquilli: non si tratta di un settore che si presta ad automatismi spinti, ma far finta di niente può essere controproducente. A loro preme la competitività, a noi importa ottenere il giusto compromesso tra prodotti sani e minimo impatto ambientale. A questo purtroppo ci pensa già il clima.