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martedì 26 gennaio 2016

Discorsi dei politici? basta un software


Parole al vento. E’ quello che pensiamo spesso quando sentiamo parlare un politico. Abbiamo, secondo me, una piccola parte nell’encefalo che si predispone negativamente, appena intercettata tale “professione” dell’oratore, su argomenti a metà strada tra l’enfasi del nulla e l’aria fritta. E se sapessimo che i loro discorsi sono stati scritti da un software come ci comporteremmo ? saremmo curiosi di ascoltarli fino in fondo o diremmo che anche le macchine sono state programmate per le loro promesse da marinaio ?

E’ piuttosto noto che i politici si affidano a mani sapienti per comporre frasi, periodi e ragionamenti che verranno ascoltati dal grande pubblico. Questa consuetudine si è sempre più diffusa col tempo, da quando cioè il potere della comunicazione ha quasi superato quello dei contenuti. Ma, analizzandoli a fondo, qualcuno ha notato che questi discorsi sono molto simili tra loro, tendono a seguire un formato standard, ripetere le stesse argomentazioni, e persino utilizzare le stesse frasi per indicare una particolare appartenenza o una corrente di pensiero.

Così, all’Università del Massachusetts, il dottor Kassarnig ha utilizzato un database di quasi 4000 segmenti di discorso politico, estratti da 53 dibattiti tenutisi al Congresso degli Stati Uniti, per formare un algoritmo di apprendimento automatico e produrre discorsi automaticamente. Questi discorsi sono costituiti da oltre 50.000 frasi contenenti ciascuno 23 parole in media. Kassarnig ha  effettuato una classificazione a seconda del partito democratico o repubblicano, la classica suddivisione nordamericana di settore, e se ciò che veniva detto era pro o contro un determinato argomento. Così sono state individuate sequenze di 5 parole collegabili tra loro, come se fossero unità discorsive elementari con una logica di sequenzialità. Sviluppando delle statistiche su questa frammentazione, lo scienziato ha potuto prevedere quali gruppi di parole  potevano seguire quelle precedenti, cosi da comporre un discorso di senso compiuto. Ha quindi creato un sistema di intelligenza artificiale che scrive discorsi per chi ci governa.

Il processo di generazione è comunque guidato, non è ancora del tutto automatizzato. Kassarnig inizia scegliendo il tipo di discorso, ossia per democratici o repubblicani. L'algoritmo quindi esamina il database per quella categoria per trovare uno dei set di parole utilizzate per avviare uno di questi interventi pubblici, scegliendone uno casualmente. Poi il software determina, su base statistica, quale può essere il gruppo logico successivo, agganciato a quel set, continuando fino a determinare anche una possibile conclusione. Nella scelta dei set di parole l'algoritmo è in grado di calcolare la probabilità che un particolare argomento verrà citato, concatenando quindi frasi inerenti a quell'argomento.

Una tecnica del genere potrebbe risultare vantaggiosa anche in altri campi. Ad esempio, numerosi fatti di cronaca hanno delle caratteristiche in comune che potrebbero prestarsi alla composizione automatica delle notizie. Ma, indubbiamente, l’accostamento intelligenza artificiale – politica è di grande suggestione. E se ci accorgessimo che, oltre ai discorsi, anche nelle decisioni un politico può essere sostituito da una macchina ? apriti cielo ! Avremmo certamente due vantaggi immediati: minor spreco nei soldi pubblici e possibilità di staccare la spina al primo sbaglio. Scherzi a parte, ora abbiamo la prova scientifica che la ripetitività orale dei nostri governanti e la ciclicità delle loro parole è davvero troppa.





lunedì 18 gennaio 2016

La povertà nello sviluppo mentale dei bambini


I ricchi sono più fortunati dei poveri. Sembra una frase di quel tale, Max Catalano, che negli anni '80 era diventato famoso per le sue uscite ovvie  alla trasmissione di Arbore "Quelli della notte". Quando parlo di fortuna, naturalmente, uso un sostantivo molto vago, di cui capirete il senso. Non solo vita agiata e senza problemi, ma anche poter curar malattie, una possibilità che gli indigenti non hanno. Proprio a proposito di salute ora uno studio della Washington University di St. Louis afferma che i bambini che crescono in famiglie povere sviluppano connessioni cerebrali alterate rispetto ai loro pari età nati nella bambagia.

Nel cervello umano esistono aree e zone deputate a funzioni precise. In particolare l'ippocampo svolge un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nel movimento spaziale, mentre l'amigdala gestisce le emozioni e soprattutto la paura. Entrambi queste parti, direttamente implicate nell'apprendimento e nello stress, sono state oggetto di risonanza magnetica funzionale su un campione di 105 bambini degli USA dai 7 ai 12 anni, scoprendo che esse sono collegate ad altre aree del cervello in modo più debole nei bambini poveri che in quelli con reddito familiare più alto. La soglia economica utilizzata per la distinzione è stata di circa 24000 dollari annui su una famiglia di 4 persone, in base a livelli statistici statunitensi.

Il risultato è che vi è un rapporto diretto tra le strutture cerebrali utili a regolare emozioni e stress e la crescita sociale ed intellettiva dei bambini, che possono così essere soggetti negli anni a comportamenti deviati, fino a giungere alla depressione clinica. In realtà in passato altri studi avevano mostrato qualcosa di simile, focalizzandosi su differenze volumetriche degli stessi ippocampo ed amigdala. Ora invece arrivano conferme su come le interazioni tra questi corpi e il resto dell'encefalo siano pesantemente influenzate dalla serenità familiare che può derivare da una agiatezza economica.

La povertà, dunque, come indicatore importante di uno sviluppo mentale dei bambini non sufficientemente adeguato, a partire dai primi anni di scuola. Secondo i ricercatori si determinano dei maggiori fattori di rischio che potrebbero portare, con gli anni, situazioni instabili dal punto di vista psichiatrico e una maggiore difficoltà all'inserimento sociale. E questo, aggiungiamo, è un danno non solo per loro ma anche per la comunità a cui appartengono, sia per la sicurezza, sia per il contributo di crescita potenziale non ricevuto.

Per finire, e questo lo studio non lo dice, fortunatamente nella vita si incontrano diversi casi contrari. In un senso e nell'altro. I telegiornali sono pieni di notizie di ragazzi "di buona famiglia" che hanno distrutto le loro vite o quelle di altri. Ma anche di uomini maturati in condizioni disagiate che riescono ad andare avanti onestamente e con dignità. Resta comunque una riflessione importante. Se davvero il percorso di crescita è impattato come dice la ricerca dallo stato economico, "qualche" sforzo a livello mondiale andrebbe fatto. Del resto, se ci fosse ancora bisogno di conferma, un report uscito in queste ore dice che l'economia globale è gestita dall'1%  della popolazione terrestre, i famosi super-ricchi. Catalano avrebbe detto "meglio un mondo giusto che uno dove i bambini muoiono di fame o crescono male".


(fonte http://www.eurekalert.org/pub_releases/2016-01/wuso-plt011516.php); si ringrazia il sito http://www.thefiscaltimes.com/  per la gentile concessione della foto)

martedì 5 gennaio 2016

Due mezzi in uno


Usciamo da un anno importante per la mobilità ed i trasporti, che ha visto succedersi 2 eventi scottanti negli ultimi mesi, il primo in negativo, il secondo in positivo, almeno per le promesse. Stiamo parlando dello scandalo Volkswagen e della COP21. L'ovvio legame che c'è tra i due poggia su come la quota parte dell'inquinamento dovuto alle scie sporche lasciate dai nostri mezzi possa essere ridotta all'osso. Al riguardo, oltre agli accordi politici, diversi costruttori di veicoli nel mondo stanno concependo tecnologie innovative che, pur dovendo essere sottoposte alle necessarie economia di scala per essere vincenti, possono affascinare per inventiva ed utilità. E' di pochi giorni fa la notizia che la Ford ha brevettato un particolare monociclo elettrico "estraibile" da un'auto.

Molte città stanno tentando, a fatica, di realizzare parcheggi di scambio per far lasciare l'auto a chi viene da fuori e rendere disponibili i mezzi pubblici o, nella migliore delle ipotesi, una bicicletta elettrica. In questo caso non ci sarebbe nulla di veramente innovativo, se non l'applicazione di moderne concezioni di mobilità, per le quali è chiaramente essenziale una forte componente culturale da parte di chi si muove. La Ford invece ha di recente depositato un brevetto secondo cui un'autovettura possiede una delle 4 ruote con capacità mai viste prima. Già distinguibile ad occhio nudo rispetto alle altre, essa promette di trasformarsi in un monociclo elettrico. Infatti, a veicolo fermo, l'auto si solleva automaticamente sulla ruota speciale, mediante un pistone idraulico, e permette di staccare la ruota: così si montano facilmente un minuscolo sellino, due poggiapiedi ed  un piccolo manubrio telescopico. All'interno della ruota sono invece contenuti il motore elettrico, la batteria e l'elettronica di gestione.

Al di là dei dettagli ancora da mettere a punto, l'idea è al limite del geniale. Si erano già visti in passato mezzi a due ruote ripiegabili o comunque trasportabili in auto, con la doppia problematica di doverli ricaricare e dell'ingombro nel portabagagli. Invece la ruota-monociclo potrebbe essere ricaricata durante la normale guida e toglierà dal volume della capacità di carico posteriore solo lo spazio minimo per gli accessori da assemblare. Certo, l'utilizzo più logico sarà quello di una sola persona che guida l'auto, parcheggia e poi va via con il monociclo, senza inquinare, riducendo il traffico e a costo quasi zero. In questo senso non è applicabile a sistemi di car pooling, ma se prenderà piede forse passare a due ruote rimovibili piuttosto che ad una potrebbe essere fattibile.  Di più, se ne uscisse una versione dell'auto completamente elettrica il vantaggio ambientale sarebbe enorme.

Ad oggi è ancora presto per dire quali saranno i tempi di attesa per vederla sul mercato, o per capire se Ford davvero investirà sull'idea per industrializzarla e diffonderla. E' significativa però la trasformazione concepita, nella quale, oltre ai grandi contenuti tecnici, si intravede una multi-modalità basata su di un mezzo solo. E' questa la vera chiave di volta che potrebbe fare scuola nei concept di mobilità sostenibile applicata. Se poi, come anticipavamo, la svolta verso l'elettrico fosse più radicale, oltre alle indispensabili infrastrutture, potrebbe venire incontro un servizio come SOV-Help, presentato solo 2 mesi fa a Milano: un soccorso per una ricarica veloce ai mezzi elettrici con le batterie completamente scariche. Avanti così, perché la lotta ai combustibili fossili deve essere vinta.