L’inquinamento
delle nostre strade e delle nostre città dipende essenzialmente dai veicoli che
le attraversano. E’ noto a tutti l’effetto deleterio per l’ambiente nel produrre
energia meccanica con il ciclo Otto (mezzi a benzina) piuttosto che con il
ciclo Diesel (mezzi a gasolio). Un decreto italiano di ottobre 2014 impone ai
produttori di carburanti di usare almeno il 5% in peso di biocarburanti, di
origine vegetale e rinnovabile, rispetto al restante 95% di origine fossile,
con un piccolo, graduale aumento del 5% negli anni a venire. Ma il vero
problema è come ricavare tali biocombustibili, sia dal punto di vista della
materia prima usata, che da quello economico-produttivo. Di recente al centro
scientifico di BioEnergie (BESC) del Tennessee hanno sviluppato un prodotto che
potrebbe accelerare in modo significativo il loro sviluppo.
I principali
biocombustibili sul mercato sono il biodiesel, ottenuto dagli oli vegetali di
colza e girasole, con proprietà e prestazioni simili a quelle del gasolio, e il
bioetanolo, prodotto per via fermentativa a partire da biomasse, tipo residui
di coltivazioni agricole, forestali, ma anche da rifiuti urbani. Gli scienziati
statunitensi si sono concentrati sul secondo: dalle loro parti il bioetanolo si
ricava dagli scarti di lavorazione del mais, ma circa un terzo resta
inutilizzato, nella forma di uno zucchero chiamato xilosio. Così hanno
progettato un particolare lievito, denominato C5 Fuel™, in collaborazione con
l’azienda Mascoma, che offre alte capacità di fermentazione per ottenere
etanolo, stabilendo un nuovo rendimento di conversione degli zuccheri di
biomassa fino al 97%. Il tutto con tempi di lavorazione di sole 48 ore, di gran
lunga inferiore rispetto alle metodologie esistenti.
Anche se la
biomassa cellulosica della paglia di mais o di altri resti fibrosi è abbondante
e a buon mercato, il problema era il rilascio di zuccheri per la conversione in
etanolo: la soluzione con il nuovo lievito si è rivelata molto efficace nella
conversione dello xilosio. Se da un lato i tecnici del BESC sono riusciti a
mettere a punto il batterio giusto per la trasformazione, dall’altro l’esperienza
della Mascoma ha giocato un ruolo cruciale per portare i risultati della
ricerca di base verso un prodotto commerciale. Si tratta di un importante e
lungo cammino verso la riduzione del costo del bioetanolo e verso l’incremento
del numero di impianti produttivi dello stesso: un esempio lampante di come la partnership
con l'industria può favorire ed amplificare la capacità di ricerca fino a
giungere ad efficaci prodotti in economia di scala.
La
trasversalità delle fonti rinnovabili impatta fortunatamente anche sul settore
trasporti. Quando si parla di efficienza energetica e di energia pulita il
pensiero va spesso al modo di produrre elettricità. E’ impensabile però generare
un’energia green da usare nelle mura domestiche (o nelle fabbriche) quando poi aprendo
le finestre l’aria che si respira in città non è affatto salubre. Il global
warming va fermato, questo è indubbio, anche abbattendo gli scarichi nocivi di
auto, bus, camion e di ogni mezzo alimentato a carburante fossile. Come ? ad
esempio incentivando l’utilizzo della mobilità pubblica, che funzioni sempre
meglio in intermodalità e che faccia usa di veicoli a basso impatto ambientale
(a metano o meglio ancora elettrico, giusto per dare una risposta semplice ma
convincente). Ma la partnership tra la Mascoma e il centro BESC va vista come
una buona pratica, sia per i risultati ottenuti, sia per come istituzioni,
aziende e politiche oculate possono essere la sinergia vincente per un futuro dall’aria
più limpida e dalla salute più sicura.
(fonte
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-06/drnl-bmd060315.php
; si ringrazia il sito http://www.caradvice.com.au
per la gentile concessione della foto)
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