Lo scorso maggio è uscita la notizia
secondo cui alcuni nostri politici sarebbero cocainomani. Persone de Il
Fatto Quotidiano si sono intrufolate nei bagni della Camera dei deputati e
hanno raccolto qualche prova. Ora, tralasciando le puerili difese della
simpaticissima "presidenta", ve li immaginate gli abitanti di
Montecitorio che si sottopongono al drug
test? Difficile, tant'è che si sono subito espressi contro. Loro, i
timorati di Dio. Qualcuno ha obiettato: i test sono affidabili? quando
dovrebbero essere condotti? chi vigila sulla loro esecuzione? Dubbi leciti,
naturalmente. E se vi dicessi che, in Parlamento come altrove, basterebbe un'impronta
digitale e pochi secondi per conoscere la verità?
Non è facile conoscere con esattezza i
numeri mondiali sulla coca. Uno studio pubblicato
pochi mesi fa dall'Osservatore europeo delle droghe mostrava la situazione del
2015: più di 8000 morti per overdose nel vecchio continente, in aumento
rispetto al 2014; 3/4 delle richieste di trattamento per consumo di cocaina
viene da Spagna, Italia e Regno Unito messi insieme, dove il nostro dato è
riferito a circa l'8% della popolazione adulta, che ne fatto uso almeno una
volta. L'uso di un drug test forse non avrebbe l’effetto deterrente auspicato,
ma servirebbe a cautelare certe professioni dal punto di vista della sicurezza,
propria e degli altri.
I ricercatori dell'Università di Surrey,
contea a sud-ovest di Londra, hanno sviluppato un test che, partendo dalle
impronte digitali, conferma in brevissimo tempo se c'è stato uso di cocaina. Utilizza della carta cromatografica per prendere il campione e lo analizza mediante una
tecnica nota come spettrometria di massa paper
spray. Lo studio ha acquisito impronte digitali da un gruppo di pazienti
che avevano richiesto un trattamento di riabilitazione e recupero dagli
stupefacenti, insieme a non consumatori. Dopo aver lavato le mani
accuratamente, ognuno ha poggiato i polpastrelli sulla carta preparata per il
test. Si è passati così ad una sorta di sviluppo dell'impronta digitale,
mediante sostanze chimiche, al fine di individuare con precisione le creste
dell'impronta e quindi l'identità della persona. Chi ha assunto droga ha generato all'interno del suo organismo due
metaboliti (dai nomi difficili, benzoilecgonina e metilecgonina), che si
affacciano sulla pelle delle mani, permettendo al test di rilevarli. Niente di
più semplice!
Il team leader dello studio, dottoressa
Costa, ha affermato che la tecnica è stata efficace al 99% nel rilevare l'uso
della cocaina, sottolineando l'importanza di questa tipo di spettrometria
piuttosto recente, sia dal punto di vista della sensibilità e dell'accuratezza,
che per tempi e costi risparmiati ai laboratori di analisi. Motivo per cui è
molto apprezzata nelle analisi forensi. Si aggiunga inoltre che in un tempo
medio di attesa inferiore al minuto, con una semplice impronta digitale si
riesce a ricavare l'identità del soggetto e l'uso di stupefacenti. Tutto
in un solo campione e con nessuna invasività.
I metodi di prova tradizionali hanno alcune
limitazioni. Essendo basati su prelievi di urina o sangue, possono esserci
rischi biologici e sono necessari metodi di stoccaggio e smaltimento
particolari. Invece il test sviluppato nel Surrey è rapido, sicuro e, al di là
del costo della macchina utile a refertare la carta appena “digitata”, possiede
requisiti di buona portabilità per essere applicata in centri di vigilanza,
prigioni, tribunali o anche in comuni aziende, ad esempio di trasporto. Quanto
ai politici, meglio stendere un velo pietoso ....
(fonte
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-09/uos-092117.php; si ringrazia il sito https://www.indiamart.com per la
gentile concessione della foto)
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