I videogiochi sono un punto di scontro
generazionale. Essendo usati dalla maggior parte di bambini ed adolescenti,
trovano terreno ostile da parte dei relativi genitori, i quali li vorrebbero
impegnati su fronti diversi e non solo su quello digitale. Naturalmente parlo
per esperienza diretta, per quanto mio figlio non trascorra intere giornate
alla consolle. La verità sta nel mezzo, dato che per molti ragazzini si tratta
di un modo di mettersi alla prova, anche se non dovrebbe essere l'unico. A
questo si aggiunga che la generazione precedente, quella dei genitori appunto,
tende a ragionare con gli schemi di qualche tempo fa: non che questi siano
sbagliati, ma vanno sicuramente aggiornati.
Terminato l'incipit sociologico, c'è da
dire che esistono videogiochi utili, sia ad imparare che ad aiutare persone con
problemi. Nel primo caso, il tema è quello del coding, di cui alcuni di voi avranno sentito parlare. Si tratta di
insegnare ai ragazzi, di primaria e media inferiore, i concetti di base della
logica computazionale, usata fino ieri solo per la programmazione informatica nei
vari linguaggi, usando giochi molto noti
(ad esempio Minecraft). Con questo
non si vuole far diventare tutti programmatori i futuri uomini e donne, ma dare
un set di strumenti mentali utili ad ogni tipo di ragionamento logico. Invece,
quando i videogiochi possono essere un ausilio per alcune patologie?
Nel 2015 c'erano nel mondo quasi 47
milioni di persone affette da una forma di demenza, di cui le tipologie
principali sono: il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare, la demenza a
corpi di Lewy. Le previsioni parlano di raddoppio ogni 20 anni, fino a
raggiungere circa 130 milioni nel 2050. I costi globali della demenza sono
cresciuti da 604 miliardi di dollari nel 2010 a 818 nel 2015, registrando
quindi un aumento del 35%; si prevede che raggiungeranno i 1000 miliardi di
dollari entro il 2018. In Italia si parla di 600.000 malati solo di Alzheimer,
con 11 miliardi di euro spesi in assistenza.
Sea
Hero Quest VR
è un gioco di realtà virtuale (VR) progettato per far divertire tutti, persone
in salute e soggetti a rischio demenza. Mette alla prova il nostro senso di
direzione, registrandone in modo anonimo i risultati. Si gioca al comando di
una nave, cercando di attraversare un labirinto d'acqua. Vengono assegnate
delle direzioni da memorizzare, poi la guida procede solo con la nostra
memoria; alla fine del percorso viene chiesto di sparare verso il punto di
partenza, se si riesce a ricordarlo viste tutte le deviazioni effettuate. All'inizio
sono richieste alcune informazioni personali, come sesso, età, paese di
nascita, per avere un metro di confronto con le medie nazionali. I risultati
ottenuti dalla versione per smartphone di Sea Hero Quest, lanciata nel 2015,
sono stati sorprendenti: i test effettuati hanno mostrato un lento declino
della memoria sin dall'età di 19 anni.
Il nucleo del software VR sta nei
calcoli che vengono effettuati durante il divertimento dell'utente. Grazie al
visore per realtà virtuale e quindi ai numerosi sensori a bordo, i movimenti e
gli errori sono tracciati e registrati, quindi passati anonimamente ad un
software che procede con l'analisi e il confronto, utilizzando i risultati
ottenuti dagli altri utenti. Mentre la versione mobile di Sea Hero Quest è alla
portata di tutti, ma accede a poche informazioni, quelle che lo smartphone può
raccogliere grazie al suo hardware di base, la versione con realtà virtuale è
progettata per rilevare dettagli minuziosi, movimenti della testa ed altri
semplici gesti corporei. Si tratta di una nuova modalità di fornire dati su
come la memoria si deteriora nel tempo e, nel caso specifico, come questo
influisce sul nostro senso di orientamento.
Sea Hero Quest VR è stato sviluppato con
la supervisione di ricercatori della University
College London e dalla University of
East Anglia. è anche finanziato
dalla Deutsche Telekom, oltre a ricevere il supporto della UK Alzheimer's Research. Ma in effetti non è l'unico prodotto sul
mercato. Un altro è quello della Tribemix
in collaborazione con la Quantum Care:
fa uso sempre della realtà virtuale, ma si spinge oltre l'ausilio alle persone
con demenza, comprendendo pazienti in età pediatrica, con disturbi respiratori,
o con disabilità fisiche. Tutti sostegni importanti che non hanno la presunzione
di combattere o sconfiggere queste problematiche, ma di conoscerne più a fondo
i meccanismi per identificarne precocemente i segni.
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