La nascita delle città come agglomerati
organizzati di persone, abitazioni, infrastrutture e servizi risale solo agli
ultimi due secoli. Lo spostamento dalle campagne che da noi si è avuto in buona
parte dagli anni '60 in poi, assieme ai grandi flussi migratori, ha concentrato
l'attenzione sociale e politica soprattutto verso questi insediamenti umani. In
altre parti del mondo era successo prima, in altre ancora è più recente o sta
avvenendo oggi. Alcune stime dicono che in un futuro prossimo circa il 70%
della popolazione mondiale risiederà nelle medie-grandi città: è anche per
questo che la tecnologia si sta ipersviluppando verso nuovi paradigmi, uno su
tutti quello della smart city. Ci stiamo dimenticando qualcosa ?
Pochi giorni fa su Science è stato pubblicato un articolo che fa molto riflettere al
riguardo. E' stato scritto a più mani da ricercatori della Università di
Washington, secondo i quali le aree urbane, al di là del loro ruolo necessario,
comportano un indebolimento del rapporto tra uomo e natura, causandone una
sorta di disconnessione. Non solo, favoriscono anche delle tensioni emotive che
contribuiscono ad aumentare malattie mentali e disturbi dell'umore, legate
proprio allo scarsissimo accesso alla natura.
Forse ricorderete un'intervista fatta ad
alcuni bambini nostrani tempo fa, ai quali si chiedeva quante zampe avesse un
gallina, portando l'esempio del pollo come animale gastronomico più vicino alla
loro realtà. La risposta di alcuni fu "otto", semplicemente perché
nella confezione famiglia portata a casa vi erano altrettante cosce che, ad un
occhio profano come il loro, dava l'idea di un animale unico con quel numero di
zampe. A questo si può aggiungere, senza tema di smentita, che molti a
quell'età una moltitudine di stelle l'hanno vista solo nei film a cartoni,
oppure sul web. Il professor Kahn, che ha guidato lo studio, ha definito questo
vuoto "amnesia generazionale ambientale", ossia quella ridotta
facoltà delle nuove leve di correlarsi con la natura, anche selvaggia, e di
riuscire a derivare un senso comune rispetto alla specie cui apparteniamo.
Ma il problema non investe solo la
fascia sociale dei minori. Anche la maggior parte degli adulti, abituati ormai
a dare per scontata la dimensione vitale tra cemento e traffico, basano la
propria esperienza su canoni molto distanti da quelli ambientali. E' forse
questo il motivo, temono i ricercatori, della scarsa sensibilità delle persone
alle nefaste variazioni planetarie e alle nostre dirette responsabilità. Non si
sente l'urgenza perché la si vive come qualcosa fuori dai propri orizzonti.
Sarà banale, ma non c'è niente di naturale in una metropoli, o in città di
dimensioni ancora superiori.
Bisogna spingere sulle
possibilità concrete di vivere in maniera sicura, anche dal punto di vista
della salute, nelle città del futuro. L'ideale sarebbe coniugare in modo
intelligente i vantaggi sociali degli insediamenti urbani con un minimo e
costante accesso ad aree verdi ed in qualche modo staccate dagli stress a cui
siamo sottoposti. Se così non fosse, la progettazione dovrebbe prevedere zone
promiscue, con residenze e uffici a stretto contatto con giardini pensili ed
orti urbani; finestre vere con la possibilità di essere aperte per il ricambio
d'aria, senza attivare alcun dispositivo artificiale; tetti e pareti verdi dove
possibile; poter fare una pausa respirando per un momento aria pura, sentire
gli odori della campagna, anche se questa non è proprio a due passi da noi.
Tutto ciò passa attraverso nuove logistiche e nuovi approcci, soprattutto mentali
da parte di tutti, nel capire i benefici fisici e psicologici di tali
interazioni, in una osmosi totale con il mondo naturale.
Non può esistere una città a misura
d'uomo che non sia contaminata, nel vero senso della parola, dai doni offerti
dalla natura, conclude lo studio pubblicato su Science. Deve essere un coinvolgimento continuo tra l'energia
dell'area urbana ed il benessere armonico e stimolante che possono dare le
specie vegetali con il proprio humus. La loro funzione psicologica va rivista e
fortemente riproposta, per preservare al meglio l'integrità degli ecosistemi ma
anche la salute pubblica. Se la natura è la fonte della nostra esistenza, non
possiamo scordarcene proprio dove siamo più presenti.
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