La storia del cinema è piena di tentativi
fantascientifici, più o meno riusciti, di mostrare cosa potrebbe accadere se da
un laboratorio fuoriuscisse un virus potenzialmente pericoloso per la vita. E
se ne perdesse il controllo. Molto spesso i produttori hanno badato agli
effetti speciali trattando poco realisticamente il tema. Ma ora che le modifiche
genetiche hanno raggiunto livelli impensabili fino a pochi anni fa, la realtà
rischia di avvicinarsi alle pellicole della fantasia. Proprio per questo la
soglia di attenzione deve essere sempre molto alta. E' quello che affermano
alcuni studiosi della US National
Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, con sede generale a
Washington, in un rapporto pubblicato la settimana scorsa. Una rapida
diffusione delle mutazioni genetiche potrebbe sottoporci a rischi ecologici, è
quindi consigliabile molta cautela nella relativa sperimentazione.
Lo studio dei geni, non solo quelli
umani, va avanti da circa mezzo secolo, inizialmente avviato anche per combattere
in modo efficace alcune malattie trasmesse dagli insetti, come la malaria. Ad
oggi molti problemi tecnici di un tempo sono solo un ricordo, avendo raggiunto
una sofisticazione molto spinta. Negli ultimi due anni, i ricercatori hanno
usato una tecnica di gene-editing (modifica
dei geni) chiamato CRISPR-Cas9 , una
evoluzione del "semplice" CRISPR, sequenza particolare di geni
scoperta tra gli anni '80 e '90, molto usata nell'ingegneria genetica per la
sua sistematicità.
La nuova tecnica permette di diffondere
un dato gene attraverso una popolazione di esseri viventi in modo quasi
esponenziale, più rapidamente di come avviene nei lieviti, nei moscerini della
frutta e in alcune specie di zanzare. E' proprio questa estrema velocità a
preoccupare gli scienziati della pubblicazione, dato che non si è ancora
riusciti a comprendere a fondo le loro conseguenze ecologiche. Infatti, un portatore
di geni modificati potrebbe avere effetti indesiderati sull'ambiente, se si
scatena in zone selvatiche e scarsamente abitate: la rimozione di una specie di
insetti, per esempio, potrebbe mettere in pericolo gli animali che si nutrono proprio
di quella specie.
Nonostante il potenziale delle unità geniche
sia veramente elevato e siano quindi scientificamente giustificabili gli studi in
laboratorio, la supervisione su progetti di trasmissione di geni dovrebbe
essere coordinata tra vari paesi, afferma il rapporto, condividendo le migliori
pratiche in modo open fra i team di
ricerca. A tal proposito, gli autori hanno dettagliato più fasi di test che da
utilizzare per valutare gli effetti delle moltiplicazioni genetiche ed hanno
sottolineato l'importanza della sovrapposizione di più metodi di contenimento, al
fine impedire il rilascio accidentale delle nuove specie. Ma, nondimeno, hanno
auspicato la necessità di coinvolgere anche il pubblico nel processo
decisionale, ancor prima che si inizino gli esperimenti di trasmissione dei geni.
Importante quindi la sensibilizzazione a livello dei singoli ricercatori.
Quanto a questi ultimi, la prassi non li
ha mai dotati di strumenti per ricevere feedback sul loro lavoro da parte della
gente comune. Si tratta quindi di modificare quella pseudo-cultura scientifica
che spesso scoraggia i ricercatori a condividere le loro esperienze prima della
pubblicazione, per paura di essere superati da un altro gruppo che si
impadronisca dei risultati. Tutta la ricerca, nella maggior parte dei campi, ha
fatto progressi da gigante ma, tranne rare occasioni, quasi mai nessuno si è
preoccupato dell'inevitabile rapporto tra gli scienziati, che lottano
quotidianamente per raggiungere un risultato, e chi ne "subirà" i benefici in
futuro.
(fonte
http://www.nature.com/news/fast-spreading-genetic-mutations-pose-ecological-risk-1.20053;
si ringrazia il sito http://www.redorbit.com/
per la gentile concessione della foto)
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