Quel principe partenopeo che tutti
conosciamo come Totò amava dire “la felicità è fatta di attimi di
dimenticanza”, intendendo naturalmente quei momenti in cui, per una congiuntura
astrale favorevole, si riesce a non pensare ai problemi quotidiani. Apprezzabilissimo
come aforisma, anche perché il tempo è un fattore determinante, sia nella
presunta ricerca della felicità, che relativamente alla durata di quegli
istanti di dimenticanza. Ora lo dice anche una ricerca condotta a quattro mani
dalla Rutgers University del New
Jersey e la Scarborough University di
Toronto: le persone che perseguono la felicità spesso si sentono come se non
avessero abbastanza tempo e ciò li rende
paradossalmente infelici. In altre parole i ricercatori hanno dimostrato che
l'obiettivo di raggiungere la felicità può influire sulla percezione del tempo.
Nell'esperimento alcuni volontari
dovevano elencare delle cose che li avrebbero resi più felici mentre guardavano
un film noioso, dimostrando così la felicità come obiettivo perseguibile. Ad
altri invece venne chiesto di pensare alla felicità attraverso traguardi già
raggiunti, guardando una commedia o comunque qualcosa di più divertente
rispetto ai primi. Successivamente, tutti i partecipanti hanno riferito di
quanto tempo libero sentivano di avere. La scoperta principale dei ricercatori è
stata che la percezione di una persona del tempo a disposizione è influenzata
dalla ricerca della felicità. Le persone del secondo gruppo, quelli già felici
per intenderci, avevano una bassa sensazione del tempo diminuito a loro
disposizione: la vita gli aveva già sorriso e potevano goderne, potremmo
aggiungere.
La ricerca sottolinea inoltre che le
persone hanno concetti diversi sulla felicità, modi e mezzi per riuscirci che
dipendono dal vissuto e dalle proprie ambizioni, che a loro volta possono
influenzare il modo in cui percepiscono il tempo necessario per raggiungerla. E
qui, sulla soggettività del tema, ci eravamo già arrivati da soli. Lo stesso
Einstein ebbe a dire, a proposito della sua relatività "Quando un uomo
siede vicino ad una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un
minuto. Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più
lungo di qualsiasi ora."
La conclusione, a detta degli studiosi,
è che la gente preferisce acquistare beni materiali per soddisfare i bisogni
personali, perché impegnarsi in esperienze, fosse anche solo un viaggio, e attendere
le eventuali emozioni che ne derivano richiede più tempo e fatica. A maggior
ragione se inseguire una meta porta a pensare che non ci sia sufficiente tempo
per raggiungerla. Per lo stesso motivo, alcune persone accampano alibi quali lo
stress della mancanza di tempo, rendendosi poco disponibili a trascorrere delle
ore con chi ha bisogno ed in generale a fare del volontariato. Perciò, secondo
i ricercatori americani, socialmente sarebbe un bene incoraggiare gli individui
a preoccuparsi meno di perseguire la felicità come un fine: così facendo il "peso"
del tempo sarebbe inferiore e, molto probabilmente, la felicità stessa
arriverebbe davvero.
Forse sarò banale, ma è inevitabile
affermare che il troppo affannarsi, specie per cercare una felicità materiale,
che si trasforma facilmente in avidità e brama di raggiungere l'irraggiungibile,
può risultare molto controproducente. Sicuramente possiamo dire che
l'incertezza del futuro, sia nel quotidiano, che nei progetti a più lungo
termine, rischia a volte di diventare un macigno sul processo decisionale e sul
benessere personale, a partire dal presente. Tempo e felicità sono strettamente
correlati, quindi. Da una parte chi ha davanti adolescenza, maturità, avvenire,
può costruirsi la vita migliore che forse lo renderà felice. Ma bisogna
educarli a farlo. Dall'altra, chi è più in là negli anni può concentrarsi su
ciò che ha realizzato ed esserne fiero. Allora probabilmente la felicità è
tutta una questione di approccio.
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