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venerdì 16 marzo 2018

Il tempo e la felicità



Quel principe partenopeo che tutti conosciamo come Totò amava dire “la felicità è fatta di attimi di dimenticanza”, intendendo naturalmente quei momenti in cui, per una congiuntura astrale favorevole, si riesce a non pensare ai problemi quotidiani. Apprezzabilissimo come aforisma, anche perché il tempo è un fattore determinante, sia nella presunta ricerca della felicità, che relativamente alla durata di quegli istanti di dimenticanza. Ora lo dice anche una ricerca condotta a quattro mani dalla Rutgers University del New Jersey e la Scarborough University di Toronto: le persone che perseguono la felicità spesso si sentono come se non avessero abbastanza tempo e ciò li rende paradossalmente infelici. In altre parole i ricercatori hanno dimostrato che l'obiettivo di raggiungere la felicità può influire sulla percezione del tempo.

Nell'esperimento alcuni volontari dovevano elencare delle cose che li avrebbero resi più felici mentre guardavano un film noioso, dimostrando così la felicità come obiettivo perseguibile. Ad altri invece venne chiesto di pensare alla felicità attraverso traguardi già raggiunti, guardando una commedia o comunque qualcosa di più divertente rispetto ai primi. Successivamente, tutti i partecipanti hanno riferito di quanto tempo libero sentivano di avere. La scoperta principale dei ricercatori è stata che la percezione di una persona del tempo a disposizione è influenzata dalla ricerca della felicità. Le persone del secondo gruppo, quelli già felici per intenderci, avevano una bassa sensazione del tempo diminuito a loro disposizione: la vita gli aveva già sorriso e potevano goderne, potremmo aggiungere.

La ricerca sottolinea inoltre che le persone hanno concetti diversi sulla felicità, modi e mezzi per riuscirci che dipendono dal vissuto e dalle proprie ambizioni, che a loro volta possono influenzare il modo in cui percepiscono il tempo necessario per raggiungerla. E qui, sulla soggettività del tema, ci eravamo già arrivati da soli. Lo stesso Einstein ebbe a dire, a proposito della sua relatività "Quando un uomo siede vicino ad una ragazza carina per un’ora, sembra che sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa accesa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora."

La conclusione, a detta degli studiosi, è che la gente preferisce acquistare beni materiali per soddisfare i bisogni personali, perché impegnarsi in esperienze, fosse anche solo un viaggio, e attendere le eventuali emozioni che ne derivano richiede più tempo e fatica. A maggior ragione se inseguire una meta porta a pensare che non ci sia sufficiente tempo per raggiungerla. Per lo stesso motivo, alcune persone accampano alibi quali lo stress della mancanza di tempo, rendendosi poco disponibili a trascorrere delle ore con chi ha bisogno ed in generale a fare del volontariato. Perciò, secondo i ricercatori americani, socialmente sarebbe un bene incoraggiare gli individui a preoccuparsi meno di perseguire la felicità come un fine: così facendo il "peso" del tempo sarebbe inferiore e, molto probabilmente, la felicità stessa arriverebbe davvero.

Forse sarò banale, ma è inevitabile affermare che il troppo affannarsi, specie per cercare una felicità materiale, che si trasforma facilmente in avidità e brama di raggiungere l'irraggiungibile, può risultare molto controproducente. Sicuramente possiamo dire che l'incertezza del futuro, sia nel quotidiano, che nei progetti a più lungo termine, rischia a volte di diventare un macigno sul processo decisionale e sul benessere personale, a partire dal presente. Tempo e felicità sono strettamente correlati, quindi. Da una parte chi ha davanti adolescenza, maturità, avvenire, può costruirsi la vita migliore che forse lo renderà felice. Ma bisogna educarli a farlo. Dall'altra, chi è più in là negli anni può concentrarsi su ciò che ha realizzato ed esserne fiero. Allora probabilmente la felicità è tutta una questione di approccio.




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