Tempo fa qualcuno ha definito la
depressione come la malattia del secolo. Può darsi che abbia esagerato, ma
sappiamo bene come la cosa non debba essere sottovalutata. Se nel mondo l'OMS
stima circa 300 milioni di persone affette da disturbi depressivi, in Italia
sono circa 4 milioni, con una prevalenza femminile; a volte comporta una condizione clinica debilitante per la presenza di alterazioni delle funzioni
cognitive. La prevenzione, che rispetto ad altre situazioni non può essere
fatta solo con il classico stile di vita sano, ha bisogno di strumenti
avanzati.
All'Università del Texas, Dipartimento
di Neuroscienze Cognitive, provano ad usare tecniche di imaging cerebrale e supercomputer per identificare modelli
sintomatici della depressione. Si tratta di una branca dell'intelligenza
artificiale che fa uso di sofisticati algoritmi per estrarre informazioni dalle
immagini, ma soprattutto per apprendere conoscenza proprio attraverso la loro analisi.
Ciò significa che l'algoritmo, una volta ben definito, riesce a fare una
anamnesi medica corretta anche su dati mai visti prima. I neuroscienziati stanno
utilizzando un supercomputer, denominato Stampede,
del Texas Advanced Computing Center (TACC),
con il quale possono essere elaborati insieme informazioni di varia natura,
quali risonanze magnetiche e scansioni cerebrali, fino ai dati di genomica. Una
grossa mole di "numeri" dai quali il mega-calcolatore trova sottili
connessioni tra parti diverse, costruendo un modello che associa nuovi casi ad
una categoria o all'altra.
Nelle ultime settimane il team, guidato
dal professor Schnyer e comprendente
varie università statunitensi, ha completato la sua analisi preliminare, basata
su tali hardware e software, riuscendo a classificare correttamente gli
individui con disturbo depressivo con una precisione di circa il 75%. Nello
studio, partendo da 52 partecipanti in trattamento da depressione e 45 in
salute, sono stati selezionati 50 pazienti in tutto, con caratteristiche di età
e sesso confrontabili. Sono stati quindi sottoposti ad una particolare
risonanza magnetica dell'encefalo, che fa uso della tecnica di imaging con
tensore di diffusione.
In sostanza, viene analizzata la direzionalità delle molecole d'acqua presenti
nei fasci nervosi, grazie alle quali è possibile realizzare una ricostruzione
tridimensionale. Dall'orientamento che presentano le fibre nervose si risale agli
eventuali danni presenti, risultato comunque possibile solo grazie a calcoli
complessi.
Lo studio ha rivelato che le mappe ottenute
possono classificare con buona precisione le persone depresse o vulnerabili,
quindi probabilmente soggette a diventarlo, rispetto agli individui sani. È
inoltre emerso che le informazioni predittive sono distribuite attraverso le
reti neurali, invece che essere localizzate. Pertanto al vantaggio di prevenire
la patologia depressiva si abbina anche l'utilità di conoscere come questi
disturbi sono rappresentati e si diffondono all'interno del cervello. Piuttosto
che cercare un'area interessata dalla depressione, gli scienziati giungono alla
conclusione che le alterazioni risiedono in molteplici reti cerebrali le quali,
complessivamente, contribuiscono alla classificazione della depressione.
"Questa è il futuro della ricerca
in questo settore", ha affermato Schnyer. "Stanno crescendo le
pubblicazioni che presentano la machine
learning come strumento utile a risolvere alcuni problemi nel campo delle neuroscienze." Con
l'aggiunta di ulteriori dati, provenienti non solo dalla risonanza magnetica,
ma anche dalla genomica e da altri classificatori, il sistema potrà fare ancora
di più. Specie se arriverà presto, come si dice, lo Stampede2, supercomputer del TACC, fino a due volte più potente del
sistema attuale, al fine di ottenere maggiore precisione dai dati. "Questo
approccio, insieme all'apertura del mondo scientifico verso i big data, come nel caso del progetto Connettoma
Umano (una mappa comprensiva di tutte le connessioni neurali, n.d.r.), significa
che strutture come quella del TACC sono indispensabili" ha concluso il
professor Schnyer.
(fonte
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-03/uota-pem032717.php; si ringrazia il sito https://www.cedars-sinai.edu per la gentile concessione della foto)
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