Qualche tempo fa, alla veneranda età di
80 anni, mia madre ha pubblicato il suo primo libro. Non è mai stata una
scrittrice e nemmeno le è venuta l’ispirazione tardiva. Oltre ad essere
insegnante di scuola elementare, ha sempre avuto due passioni, quella per la
musica, che ha trasmesso in modi molto diversi a me e a mia sorella, e quella per
il dialetto. Per quest’ultimo ha spesso cercato significati, usi e costumi
legati al vernacolo del suo paese di nascita, scavando in vari testi,
raccogliendo citazioni e cercando etimologie recondite ed ancestrali. Finchè,
spinta anche dai familiari, è riuscita a completare la sua opera prima proprio
su questo argomento. Ora, non è che abbia venduto chissà quante migliaia di
copie, ma pare che il suo tentativo di preservare e tramandare il dialetto e le
relative tradizioni non sia il solo. Un signore dalle origini indiane
(d’America) sta provando a farlo in modo tecnologico.
Le lingue hanno da sempre avuto periodi
di evoluzione, interagendo con le culture e con i luoghi dove vengono parlate. Di
recente linguisti e antropologi sono preoccupati sul fatto che certe lingue
indigene stanno scomparendo, in modo molto rapido. All’UNESCO stimano che la
metà delle 6.000 o più lingue del mondo non sarà più parlato entro il 2100, se
non si interviene per invertire questa tendenza. Il ragionamento di base è che
questi linguaggi non sono solo un modo di comunicare, ma offrono visioni e dettagli
unici su chi li usava per esprimersi. E’ quasi impossibile apprezzare appieno
una popolazione o un'etnia senza capire la loro lingua. Quando una lingua tace,
si rischiano di perdere sia la saggezza che le informazioni di base di certi
uomini del passato.
Nell'anno 2000, Joshua Hinson, un americano discendente dalla tribù nativa degli Chickasaw, appena nato il suo
primogenito, si è reso conto che non aveva strumenti con cui insegnargli le sue
vere radici e la sua cultura d'origine. Così, deciso a realizzare questo
obiettivo, ha iniziato innanzitutto ad apprenderle approfonditamente per conto
proprio. Gli era mancata un'esperienza vissuta da indiano, ed è partito con le
basi: imparare la lingua. Poi, successivamente, ha provato ad insegnare ai
bambini quella stessa la lingua, ma l'ostacolo principale era convincerli che
valeva la pena di parlarla, visto che il tempo libero per loro era preso
totalmente dalla tecnologia. Il signor Hinson
non si è demoralizzato, piuttosto ha deciso di abbracciare la tecnologia come
un'opportunità. Questa intuizione manca oggi a molti linguisti, i quali
preferiscono scrivere documenti accademici e troppo tecnici per destare
attenzione nei profani.
Con l'appoggio degli altri membri
originari Chickasaw, è stato creato
un vero e proprio programma di rivitalizzazione linguistica, partendo prima con
un canale TV, poi con un sito web e un app per smartphone. Oltre ad insegnare
l'alfabeto, le parole e le frasi essenziali, e i metodi per la costruzione di
una frase, l'app contiene anche registrazioni in madrelingua per affinare la
pronuncia e la cadenza. Questo è accaduto nel 2009 e da allora gli utenti sono
solo aumentati. Naturalmente sono stati i più giovani, avvezzi al diteggio telefonico,
a coinvolgere e suscitare l'interesse nei relativi genitori. Addirittura in alcune
famiglie hanno cominciato ad usare termini di quella lingua indiana in casa,
per individuare oggetti di uso comune, anche senza una sistematicità.
Non si può trattare comunque solo di un
gioco, altrimenti dopo un po' ci si stancherebbe, hanno osservato alcuni
moderni linguisti americani, molto propensi all'uso del digitale. In ogni caso,
abbinare una lingua antica al nuovo modo di comunicare del XXI secolo, via
smartphone intendo, può far superare il concetto secondo cui le lingue indigene
appartengono solo al passato. Potrà quindi essere questo il modo di tramandare
alle generazioni future quelle lingue, ma non solo dal punto di vista
grammaticale, anche da quello della cultura e della storia, di quel passato dal
quale veniamo e che non dovremmo mai dimenticare.
Per chiudere, non tutti i dialetti
possono essere considerati lingue nel vero senso della parola. Ma è il loro uso
come vettore di storie, individuali, familiari e di intere comunità, che va
salvaguardato. Conoscerlo, comprenderlo, anche senza parlarlo correntemente.
Intuirne le sfumature per apprezzare le radici così da non stravolgerle solo per
effimere mode.
PS Se proprio volete togliervi la
curiosità, questo il link
su IBS del libro scritto dalla mia genitrice.
Nessun commento:
Posta un commento