I droni, quegli oggetti volanti dalle numerose
possibilità, oltre ad essere novelli spioni ipertecnologici, ad oggi si pilotano con un radiocomando.
Esistono diversi software che ne permettono lo spostamento automatico ed
autonomo, ma sono dedicati ad attività, diciamo, senza imprevisti. Nell'agricoltura
di precisione, nella fotogrammetria, per i monitoraggi sistematici e periodici
di particolare zone, gli interventi possono essere condotti programmando la
rotta del velivolo e lasciando che faccia il suo lavoro, mentre noi ne
controlliamo il comportamento dalla stazione di terra. Ma per molte altre
situazioni è l’abilità del pilota, con tutte le certificazioni e sicurezze del
caso, a renderlo un mezzo al momento fuori dal comune.
In California, un’azienda chiamata Skydio ha realizzato un prototipo di APR (Aeromobile
a Pilotaggio Remoto) che riesce a districarsi in un percorso con ostacoli,
scansandoli a dovere e seguendo un obiettivo predeterminato. Il mezzo fa uso di
diverse videocamere non solo per muoversi senza problemi, ma anche per navigare
a velocità relativamente elevate attraverso lo spazio aereo, anche se a quote
basse, come fosse un pilota umano esperto. Adotta un sistema di riferimento per
il volo fino a ieri impensabile per un sistema dai costi così ridotti e dalle
dimensioni così contenute. Gli algoritmi
di calcolo non devono avere alcun margine di incertezza, dato che viaggiando
nelle 3 dimensioni il drone non può permettersi di accostare come un auto in
panne. Una tematica del genere è già molto sentita nei regolamenti ufficiali,
gestiti in Italia dall’ENAC, con i quali si dice in modo chiaro di intraprendere
tutti i protocolli di sicurezza possibili prima di far volare gli APR,
certificati dallo stesso ente. Nel caso di Skydio la questione è ancora più
complessa, dato che deve essere il mezzo stesso a decidere il da farsi, in
tempo reale.
Grazie al software di visione creato dai
2 principali progettisti della startup californiana, ex studenti del MIT, si
può iniziare a parlare di un pilota automatico a bordo del drone. Con tutte le
conseguenze del caso. Positive senz’altro, perché in alcuni scenari dove il
drone può già ispezionare ma il suo pilota a terra correrebbe dei rischi, la
versione tipo Skydio permetterà di farlo senza alcun problema. Negative, sia perché
si introduce una alea in più rispetto a quelle attuali, ma pure perchè dei
malintenzionati potrebbero usarlo per scopi non benefici.
Si tratta comunque di questioni che non
fermeranno i progetti al riguardo. Molti gli attori coinvolti, a livello
mondiale. La DJI, per esempio, gigante cinese del settore, ha di recente
introdotto un sistema intelligente per auto-controllare un suo modello di APR, il
Phantom4, anticipando addirittura le
azioni del comando umano a distanza, comunque presente. Ancora, al Georgia
Institute of Technology stanno sperimentando un sistema composto da più droni
che, comunicando tra loro, permettono di aumentare l’autonomia utile a
terminare un certo lavoro, richiamandone in automatico un altro quando la loro
batteria è in via di esaurimento.
Il settore è davvero in piena
espansione. Si moltiplicano le iniziative per professionisti di varia
estrazione e per appassionati. Oltre ai workshop dei maggiori produttori
italiani, di recente l'università di Padova ha istituito un master sui droni,
il primo in Italia nel suo genere, denominato "GIScience e Sistemi a
Pilotaggio Remoto per la gestione integrata del territorio e delle risorse
naturali". Ben vengano quindi tutti i prototipi e le startup del caso, che
possono fare da ulteriore leva tecnologica ed economica; ma appare scontato
rimarcare che, tra ammucchiate e grandi corse sensazionalistiche, le regole, oltre ad essere sempre rispettate, dovranno essere chiare e stabili.
Qui il video del drone "scansa
alberi" della Skydio.
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