Le telecamere sono occhi. Sono dappertutto e molti direbbero che ci spiano. Certo, è un lato della medaglia. Ufficialmente sono lì per controllare, registrare, dare una mano alle forze dell’ordine ad identificare ed acciuffare i malintenzionati di cui sono piene strade, piazze, luoghi più o meno umanizzati. Ma hanno uno svantaggio: sono statiche e mostrano l’accaduto in differita. Ora però qualcuno li sta dotando di una intelligenza tale da seguire i sospetti. Alcuni ingegneri elettronici dell’Università di Washington hanno progettato un algoritmo che fa uso di una rete di telecamere con la quale, fissata una immagine contenente una persona, si possono tracciare i suoi movimenti.
Il problema derivante dal monitoraggio di un uomo
attraverso le telecamere è che l'aspetto può variare notevolmente in ogni video
a causa delle differenti prospettive, illuminazioni e tonalità di colore
prodotte. L’algoritmo dei ricercatori americani ha superato questo ostacolo usando
i primissimi dati delle riprese come addestramento per il software di
riconoscimento, calcolando poi le differenze di colore, la consistenza delle
immagini e l'angolo di visualizzazione diverso. Tale calibrazione rende
individuabili le stesse persone su più fotogrammi, in modo che il monitoraggio possa
essere effettuato senza l’operatore umano.
Nelle prove si è fatto uso sia di telecamere fisse
che di mobili posizionate su droni, ottenendo il corretto tracciamento dei
movimenti di una persona, anche se temporaneamente nascosta da ostacoli
imprevisti. "L’inseguimento automatico di esseri umani attraverso le
telecamere in uno spazio tridimensionale è una grande novità", ha detto il
professor Jenq-Neng Hwang, responsabile del team di ricerca, presentando il
lavoro ad un convegno in Cina sugli ITS (Intelligent Transportation Systems)
promosso dall’IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers)
La tecnologia di collegamento e rilevamento può
essere utilizzata ovunque, a patto che le telecamere comunichino su una rete
wireless e carichino i dati per l’elaborazione in tempo reale nel cloud (quindi
con velocità di connessione elevate). Questa registrazione visiva dettagliata
potrebbe essere utile per la sicurezza e la sorveglianza, ad esempio per comportamenti
insoliti o per seguire un sospetto in movimento. Ma anche per scopi commerciali,
visto che carpire i movimenti di un potenziale acquirente all’interno di un negozio
sarebbe utile per il venditore, che offrirebbe (e sconterebbe) prodotti in
funzione degli interessi del cliente, magari in tempo reale. E, visto il
dilagare di cookie sul web
per questo scopo, potrebbe funzionare alla grande.
Dalle prime righe del post starete già pensando alle
problematiche della privacy. Naturale. Il professor Hwang ha affermato che le informazioni
estratte dalle telecamere dovrebbero essere criptate prima di essere inviate nel
cloud. Però potrebbe non bastare. E sappiamo come le grandi multinazionali si
arricchiscono con i nostri dati, i nostri gusti. Ora anche la privacy del
nostro genoma potrebbe essere a rischio, se decidiamo di memorizzarla in un’apposita
“nuvola” (si veda qui).
Viene il dubbio che il concetto di privacy debba essere cambiato, a causa di
Internet e delle grosse capacità di memoria e di elaborazione a disposizione. Forse
in futuro dovremo accettare uno spioncino dall’esterno della nostra vita, pur
di ricevere in cambio una porta blindata che la protegga adeguatamente da chi ci
vuole danneggiare.
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