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martedì 17 luglio 2018

Le intrusioni digitali nel mondo dei migranti


Lo smartphone è diventato uno strumento fondamentale per la migrazione moderna. Le persone che non possono permetterselo molto probabilmente non possono permettersi nemmeno il viaggio. I telefoni sono una presenza costante lungo il percorso verso l’Europa: nel 2016 l'UNHCR ha riferito che per i migranti i telefoni erano così importanti da spendere per il credito fino a un terzo delle loro entrate. Ora, però, essi sono costretti a confrontarsi con una realtà diversa, poiché i governi di tutto il mondo ampliano le loro capacità di cercare informazioni nei telefoni. Aumenta quindi una consapevolezza: lo stesso dispositivo che può dare libertà potrebbe bloccare la speranza di una nuova vita.

Per i migranti un telefono significa poter rimanere in contatto con la famiglia o con i trafficanti di persone. Si possono controllare i gruppi di Facebook che avvisano su chiusure di frontiere, modifiche alle norme o truffe a cui prestare attenzione; oppure consigli su come evitare i controlli della polizia tramite WhatsApp. Di recente, alcuni stati usano gli smartphone dei migranti per capire di più sulla loro storia e provenienza. In tutto il continente, i disperati in marcia si trovano di fronte a un settore forense in forte espansione, specializzato nell'estrarre dai dispositivi quanti più dati possibili. Queste informazioni possono potenzialmente essere rivolte contro i proprietari dei telefoni stessi.

I governi stanno cercando di ridurre il flusso degli immigrati in entrata. Se la domanda di asilo nasconde qualcosa di poco chiaro, questo può essere un modo per non accettarli. Così le agenzie di immigrazione sono entusiaste per leggi e software che consentono ai dati telefonici di essere usati nei casi di espulsione; in altre parole da questi dati si verifica facilmente l'identità dei migranti e si accerta se sono idonei per la richiesta di asilo, ossia se provengono da paesi in cui rischiano di subire violenze o persecuzioni. In Germania, solo il 40% dei richiedenti asilo nel 2016 aveva un documento ufficiale: le nazionalità del restante 60% sono state verificate attraverso una miscela di analisi del linguaggio, utilizzando traduttori “umani e non” per confermare se il loro accento è autentico, insieme a dati di telefonia mobile.

Nel 2017 sia la Germania che la Danimarca hanno ampliato e modificato le leggi che permettono ai funzionari dell'immigrazione di “addentrarsi” nei telefoni dei richiedenti asilo. Altri paesi stanno provando a farlo. Nei primi sei mesi sono stati controllati circa 8.000 telefoni: se si dubitava della storia raccontata da un richiedente asilo, si estraevano le informazioni dal suo smartphone, ad esempio le impostazioni di lingua dell'utente e le posizioni in cui ha fatto chiamate o scattato foto. Per fare questo, le autorità tedesche utilizzano un software, chiamato Atos, che combina la tecnologia di due società specializzate in queste analisi: T3K e MSAB, forti proprio in questo nuovo settore denominato mobile forensics. In tal modo si cercano incongruenze nella storia di un candidato, differenze per esempio tra dove ha detto di passare per arrivare fin lì e dove è effettivamente transitato.

Associazioni per i diritti umani e partiti di opposizione di molte parti d’Europa si sono chiesti se queste ricerche sono davvero lecite, sollevando preoccupazioni sulla violazione della privacy: sostengono cioè che vi è una equiparazione dei migranti a criminali. "Per un richiedente asilo, lo smartphone è spesso l'unico spazio personale e privato che possiede" ha detto Michala Clante Bendixen del movimento danese Refugees Welcome. Le informazioni provenienti da telefoni e social media offrono una realtà alternativa che può competere con la testimonianza di un richiedente asilo. Ed è un approccio senza precedenti, almeno se pensato ad un’applicazione di così vasta portata.

"Dato che ci sono tanti dati su un telefono, è possibile esprimere giudizi piuttosto radicali su una persona che potrebbero non essere necessariamente veri", afferma Christopher Weatherhead, tecnologo presso Privacy International, ente di beneficenza londinese che si occupa anche di queste tematiche. Alla Privacy International hanno verificato che la polizia britannica riesce ad andare molto a fondo nelle ricerche sugli smartphone dei migranti, analizzando anche dati eliminati, come foto, messaggi, cronologia della posizione e delle ricerche. Tant’è che alcuni individui hanno distrutto il telefono prima di essere interrogati, affermando che gli era stato rubato. Non un comportamento corretto, certamente, ma per la sopravvivenza e il raggiungimento di una vita appena decente, questo è il minimo.




PS: Spero non vi aspettavate commenti o opinioni sul tema. Questa volta ho fatto semplicemente il cronista.

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