Lo smartphone è diventato uno strumento fondamentale
per la migrazione moderna. Le persone che non possono permetterselo molto
probabilmente non possono permettersi nemmeno il viaggio. I telefoni sono una presenza
costante lungo il percorso verso l’Europa: nel 2016 l'UNHCR ha riferito che per
i migranti i telefoni erano così importanti da spendere per il credito fino a
un terzo delle loro entrate. Ora, però, essi sono costretti a confrontarsi con
una realtà diversa, poiché i governi di tutto il mondo ampliano le loro
capacità di cercare informazioni nei telefoni. Aumenta quindi una
consapevolezza: lo stesso dispositivo che può dare libertà potrebbe bloccare la
speranza di una nuova vita.
Per i migranti un telefono significa poter
rimanere in contatto con la famiglia o con i trafficanti di persone. Si possono
controllare i gruppi di Facebook che avvisano su chiusure di frontiere,
modifiche alle norme o truffe a cui prestare attenzione; oppure consigli su come
evitare i controlli della polizia tramite WhatsApp. Di recente, alcuni stati
usano gli smartphone dei migranti per capire di più sulla loro storia e
provenienza. In tutto il continente, i disperati in marcia si trovano di fronte
a un settore forense in forte espansione, specializzato nell'estrarre dai
dispositivi quanti più dati possibili. Queste informazioni possono
potenzialmente essere rivolte contro i proprietari dei telefoni stessi.
I governi stanno cercando di ridurre il
flusso degli immigrati in entrata. Se la domanda di asilo nasconde qualcosa di
poco chiaro, questo può essere un modo per non accettarli. Così le agenzie di
immigrazione sono entusiaste per leggi e software che consentono ai dati
telefonici di essere usati nei casi di espulsione; in altre parole da questi
dati si verifica facilmente l'identità dei migranti e si accerta se sono idonei
per la richiesta di asilo, ossia se provengono da paesi in cui rischiano di
subire violenze o persecuzioni. In Germania, solo il 40% dei richiedenti asilo
nel 2016 aveva un documento ufficiale: le nazionalità del restante 60% sono
state verificate attraverso una miscela di analisi del linguaggio, utilizzando
traduttori “umani e non” per confermare se il loro accento è autentico, insieme
a dati di telefonia mobile.
Nel 2017 sia la Germania che la
Danimarca hanno ampliato e modificato le leggi che permettono ai funzionari
dell'immigrazione di “addentrarsi” nei telefoni dei richiedenti asilo. Altri
paesi stanno provando a farlo. Nei primi sei mesi sono stati controllati circa
8.000 telefoni: se si dubitava della storia raccontata da un richiedente asilo,
si estraevano le informazioni dal suo smartphone, ad esempio le impostazioni di
lingua dell'utente e le posizioni in cui ha fatto chiamate o scattato foto. Per
fare questo, le autorità tedesche utilizzano un software, chiamato Atos, che combina la tecnologia di due
società specializzate in queste analisi: T3K
e MSAB, forti proprio in questo nuovo
settore denominato mobile forensics. In
tal modo si cercano incongruenze nella storia di un candidato, differenze per
esempio tra dove ha detto di passare per arrivare fin lì e dove è
effettivamente transitato.
Associazioni per i diritti umani e
partiti di opposizione di molte parti d’Europa si sono chiesti se queste
ricerche sono davvero lecite, sollevando preoccupazioni sulla violazione della
privacy: sostengono cioè che vi è una equiparazione dei migranti a criminali. "Per
un richiedente asilo, lo smartphone è spesso l'unico spazio personale e privato
che possiede" ha detto Michala
Clante Bendixen del movimento danese Refugees
Welcome. Le informazioni provenienti da telefoni e social media offrono una
realtà alternativa che può competere con la testimonianza di un richiedente
asilo. Ed è un approccio senza precedenti, almeno se pensato ad un’applicazione
di così vasta portata.
"Dato che ci sono tanti dati su un
telefono, è possibile esprimere giudizi piuttosto radicali su una persona che
potrebbero non essere necessariamente veri", afferma Christopher Weatherhead, tecnologo presso Privacy International, ente di beneficenza londinese che si occupa
anche di queste tematiche. Alla Privacy International hanno verificato che la
polizia britannica riesce ad andare molto a fondo nelle ricerche sugli
smartphone dei migranti, analizzando anche dati eliminati, come foto, messaggi,
cronologia della posizione e delle ricerche. Tant’è che alcuni individui hanno
distrutto il telefono prima di essere interrogati, affermando che gli era stato
rubato. Non un comportamento corretto, certamente, ma per la sopravvivenza e il
raggiungimento di una vita appena decente, questo è il minimo.
(fonte http://www.wired.co.uk/article/europe-immigration-refugees-smartphone-metadata-deportations;
si ringrazia il sito www.sardiniapost.it
per la gentile concessione della foto)
PS: Spero non vi aspettavate commenti o
opinioni sul tema. Questa volta ho fatto semplicemente il cronista.
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