Il binomio sostenibilità-cambiamenti
climatici è purtroppo sulla breccia da tempo. Si tratta di due tematiche
strettamente legate tra loro, visto che il primo fa da freno al secondo: per fermare
o rallentare i cambiamenti climatici si deve spingere sulla sostenibilità. Se
dal lato educativo e della conoscenza molto si può fare (qui ne avevo scritto
un paio di anni fa), da quello pratico si deve insistere e persistere ancora di
più. Rendere sostenibili la produzione, i consumi, l'economia, l'intera
macchina umana che interagisce con il pianeta, mi pare personalmente un dovere
etico e morale.
Come saprete, la prima definizione di
sviluppo sostenibile fu data dalla Presidente della Commissione Mondiale su
Ambiente e Sviluppo, norvegese di nome Gro
Harlem Brundtland, che nel suo rapporto del 1987 usò questi termini: “lo
sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente,
senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a
soddisfare i propri bisogni”. Sono passati da allora 30 anni ma l'obiettivo è
ancora molto lontano. Un recente studio condotto presso l'istituto della Terra
della Columbia University afferma
infatti che la riduzione delle emissioni di gas serra non è sufficiente a
limitare il riscaldamento globale per proteggere il futuro dei ragazzi, ma si
ha bisogno di emissioni negative. Cosa significa? Misure come la riforestazione
potrebbero compiere gran parte della necessaria rimozione di CO2
dall'atmosfera, ma le continue emissioni di combustibili fossili richiedono
costose soluzioni tecnologiche per estrarre la CO2 e attenuare il riscaldamento
globale.
Gli effetti del cambiamento climatico sono
più che evidenti: onde di calore frequenti e severe, tempeste, inondazioni e
siccità, nonché l'aumento del livello del mare, fenomeni che potrebbero
influenzare milioni di persone residenti nelle zone costiere, per non parlare
dell'impatto negativo su flora e fauna, con una riduzione a ritmi mai visti
prima della biodiversità. Se il livello del mare salisse fino ad un metro
rispetto a quello odierno, entro la fine del secolo, si avrebbero conseguenze
terribili. Ma l'analisi condotta alla Columbia dimostra che l'obiettivo di
limitare l'aumento di temperatura del pianeta al massimo a 2 °C, rispetto all'epoca
pre-industriale, non è sufficiente, perché si raggiungerebbero comunque le
temperature del periodo dell'Eemiano, era interglaciale risalente a circa 120.000
anni fa, dove i livelli degli oceani erano superiori di alcuni metri in confronto
agli attuali, anche a causa di altri elementi.
Il team di scienziati, guidati dal
professor Hansen, ha dichiarato che la CO2 atmosferica dovrebbe essere ridotta
a meno di 350 parti per milione (ppm) dal suo
attuale livello di circa 410. Questo obiettivo richiede emissioni negative
di anidride carbonica, cioè di estrarla dall'aria, oltre ad una rapida
riduzione delle emissioni di combustibili fossili. Se iniziassimo a ridurre le
emissioni di CO2 nel 2021 ad un tasso del 6% l'anno, dovremmo estrarre circa
150 miliardi di tonnellate di carbonio dall'atmosfera entro il 2100. La maggior
parte di questo risultato potrebbe arrivare grazie a pratiche agricole e
forestali migliorate. Queste misure possono essere relativamente poco costose e
aggiungono vantaggi come una migliore fertilità del suolo e dei prodotti
forestali. Tuttavia, lo studio ha evidenziato che se le emissioni di CO2 continuassero
a crescere ai tassi annui attuali (2.6% medio tra 2000 e 2015), dovremmo
estrarre un quantitativo 10 volte maggiore di biossido di carbonio
dall'atmosfera entro il 2100. Tecnicamente ancora fattibile, ma con soluzioni
molto onerose.
"È evidente che i governi stanno
lasciando questo problema sulle spalle dei giovani, non sarà facile o poco
costoso risolverlo", ha affermato il professor Hansen. Ed è esattamente il
concetto opposto di quello espresso dalla Brundtland nell'87, ossia vi è in grande
rischio "la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i
propri bisogni". Qualcuno comunque l'ha capito bene: lo studio della Columbia
University sarà la base scientifica per un'azione legale, già in corso, di 21 ragazzi
contro il governo degli Stati Uniti, per aver violato i loro diritti
costituzionali alla vita, alla libertà e alla proprietà, non proteggendoli dai
cambiamenti climatici. Con i Donald che ci sono in giro, spero queste azioni si
moltiplichino in fretta, lì e in qualsiasi altra parte del mondo.
(fonte
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2017-07/egu-rcf071217.php; si ringrazia il sito https://www.tropical-rainforest-animals.com per la gentile concessione della foto)
Grandi questi ragazzi, un esempio da seguire. Nel mio prossimo progetto di Educazione ambientale posso usare il tuo articolo come spunto?
RispondiEliminaGrazie per il tuo commento. Certo che puoi, è sufficiente citare l'autore :-)
EliminaSe poi lo pubblichi sul web fammi sapere.