Quando guardi degli oggetti che hai
visto tante, tantissime volte, non ci fai più caso. Sono messi lì perché la
natura o il destino li ha posizionati. Col tempo non te lo chiedi più il
motivo.
Quando viaggi e osservi degli alberi
sfrecciarti davanti, se sei piccolo provi a considerare l'effetto che fa, come
una giostra, magari ascolti lo strano rumore alternato che fa l'aria tra una
chioma e l'altra, dovuto alla velocità. Poi cresci e la vista non è più quella
oggettiva, il panorama estivo, arido e bollente, fa da sfondo ai pensieri.
Pensi ai tuoi problemi quotidiani, a com'è andata ieri, alla speranza che oggi forse
accadrà quella cosa che ti aspetti, a quel progetto a cui stai lavorando, ad
una prova superata, dopo tanta applicazione. Oppure ai tuoi figli, ai tuoi
nipoti, ai tuoi genitori, agli amici, a quella stronza che ti fa soffrire o a
quel bastardo che ti ha lasciata. E invece quella seduta di lato pensa al suo
amore, che non lascerà mai più. Un ragazzo si rilassa ascoltando la sua
playlist preferita, fatta di emozioni, di sogni, di parole che sa a memoria. Un
bambino gioca lungo il corridoio, un altro piange. Ti accorgi che c'è il
controllore, prendi il biglietto dalla tasca, dalla borsa, dallo zaino. E
intanto gli alberi vanno, la terra secca va, la tua terra, dove i tuoi avi
hanno faticato, sudato, combattuto, ma anche la terra di chi, a malincuore, è
dovuto partire per fortune migliori, portandone una zolla immaginaria con sè.
Dai, tra qualche giorno vado al mare.
Io spero solo non vi siate accorti di
niente.
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