Ogni anno ai primi freddi ci troviamo a combattere con patologie più o meno importanti, tra le quali influenza e raffreddore la fanno da padroni. Oltre ai danni economici e sociali, le cui statistiche sul piccolo schermo sono sempre ben evidenziate, a noi tocca attendere che passi, fazzoletti e termometro alla mano, oppure sentire medico e farmacista. Ma forse tra qualche anno basteranno poche ore per rimetterci in sesto. Alla Scuola di Ingegneria e Scienze Applicate di Harvard (HSEAS) stanno infatti sperimentando tecniche di analisi all’avanguardia per osservare i virus e comprendere come si moltiplicano, al fine di bloccare questo meccanismo sul nascere.
I virus come
l'influenza si diffondono e si riproducono in modo molto efficace per la loro
straordinaria capacità di auto-assemblarsi spontaneamente in grandi numeri.
Attività che avviene molto in fretta dando luogo a strutture molto resistenti. Per
i ricercatori in campo medico riuscire a capire qual è il meccanismo alla loro
base può essere importantissimo al fine di progettare farmaci che ne impediscano
la formazione. Il team dell'HSEAS ha messo a punto un sistema per monitorare
virus di dimensioni nanometriche (meno di 1/10000 del diametro di un capello)
con variazioni temporali inferiori al millisecondo. Tale sistema fa parte di un
progetto che punta a scrutare da vicino singole proteine e molecole genomiche,
mentre si combinano tra loro ad alte velocità per creare un virus.
La tecnica di base è
quella di osservare queste particelle così minuscole mediante la dispersione
della luce. E' una tecnica già usata in passato, nota come diffusione elastica,
ed emette un numero illimitato di fotoni (le più piccole particelle di luce
rilevabili) alla volta, risolvendo il problema legato alla velocità di misurazione.
Tuttavia, questi fotoni interagiscono con i granelli ridottissimi di polvere, con
la luce riflessa; inoltre alcune imperfezioni del cammino ottico rischiano di
non far ottenere risultati veritieri. Su alcune applicazioni a scala più grande
viene usata la microscopia a fluorescenza, ma essa non può funzionare a
dimensioni così ridotte. Ad Harvard invece i ricercatori sono riusciti ad osservare
il moto di alcuni virus di soli 26 nanometri di diametro, con una serie di
molte migliaia di "scatti" al secondo. Ciò è stato possibile con
fibre ottiche dalla qualità eccezionale, provenienti da laboratori di ricerca
in telecomunicazioni. La fibra contiene delle nanoparticelle liquide che
veicolano in modo opportuno la luce, diretta poi verso un microscopio
elettronico.
Il passaggio successivo
di monitorare le proteine virali non sarà semplice, dato che queste disperdono una luce anche 1000 volte inferiore
a quella di un singolo virus. Ma la strada tracciata ha importanti sviluppi
futuri. Comprendere tutte le fasi del processo di auto-assemblaggio virale sarà
la chiave per riuscire ad interferire con questo processo, minimizzandone gli
effetti negativi sugli esseri viventi. Un altro aspetto positivo che scaturisce
da un simile studio verrà da nuove applicazioni con i materiali sintetici a
livello microscopico: gli ingegneri potrebbero riuscire a creare nanomateriali
che si riproducono spontaneamente. Ancora una volta, preziosi consigli dal
mondo del creato.
(fonte
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2015-12/hjap-svi120715.php
; si ringrazia il sito http://7-themes.com/ per la gentile concessione della foto)
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