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lunedì 3 agosto 2015

I pericoli del perfezionismo


Viviamo in una società con il tabù dello sbaglio, con il mostro dell’errore. Forse anche perché ogni nostro gesto è amplificato dalla grande rete, chi commette uno strafalcione, nel suo campo, nella lingua italiana, o in qualsivoglia ambito, corre il serio rischio di essere deriso e di esporsi al pubblico ludibrio. E questo a prescindere dalla fama di quella persona. Ma come sarebbe il mondo fatto di perfetti e perfezionisti ? A quanto pare non migliore di questo. Secondo una nuova ricerca realizzata dalla organizzazione internazionale Society for Personality and Social Psychology, il perfezionismo e soprattutto le preoccupazioni che comporta possono pregiudicare il successo sul lavoro, a scuola o nello sport, conducendo a stress e a potenziali problemi di salute.

I ricercatori hanno analizzato i risultati di 43 precedenti studi condotti negli ultimi 20 anni, correlando l’estrema ricerca del perfezionismo con quella che si chiama sindrome da burnout. Quest’ultima è una vera e propria patologia da stress riscontrata inizialmente nelle professioni cosiddette “di aiuto”, tipo medici o infermieri, ma che col tempo si è manifestata anche in altri settori. L’eccessivo rigore cercato da queste persone ossessionate dal fare sempre bene e sempre meglio può essere dannoso perché essi sono continuamente tormentati dal timore di sbagliare, specie ponendosi traguardi molto elevati. Si accumulano paure e dubbi sulla prestazione personale, che creano affaticamento e possono portare alla suddetta sindrome di burnout: a quel punto le persone diventano ciniche ed improvvisamente smettono di preoccuparsi. Si possono deteriorare i rapporti interpersonali e rendere difficile metabolizzare una battuta d'arresto, perché ogni errore è visto come un disastro.

Dallo studio è emerso che le preoccupazioni perfezionistiche hanno forti effetti negativi soprattutto in campo lavorativo, dato che ad esempio nel campo scolastico o in quello sportivo gli obiettivi sono chiaramente definiti e hanno un riscontro tangibile. Se uno studente può essere ricompensato per il duro lavoro con un voto alto, una performance molto qualitativa sul posto di lavoro non sempre corrisponde ad un premio concreto, al di là della gratificazione personale, per chi riesce a sentirla. Ma, stando a quanto dicono i ricercatori, il perfezionismo ha anche qualche lato positivo. Quelli che si definiscono “sforzi perfezionistici" comportano il concepimento di elevati standard personali e contribuiscono a raggiungere i traguardi prefissati in ​​maniera proattiva. Questi sforzi possono aiutare a mantenere un alto senso di realizzazione e di ritardare gli effetti debilitanti del burnout.

Secondo i ricercatori sarebbe favorevole predisporre ambienti di lavoro dove la creatività, l’impegno e la perseveranza sono valutate positivamente, anche con ricompense materiali. Ma si tratta essenzialmente di una questione di cultura e di razionalità. Bisogna accettare il fallimento come un'opportunità di apprendimento, arrivando a perdonare se stessi quando si sbaglia. Eliminare, a partire dalla scuola, certi riprovevoli comportamenti di alcuni docenti, con scarsa intelligenza emotiva, che si rifanno ancora alla figura del somaro. Insegnare a porre obiettivi realistici ed apprezzare ogni minimo risultato, come un mattoncino vitale nella creazione del proprio equilibrio personale. Sorridere delle imperfezioni, se le vediamo come amabili singolarità che ci rendono unici.




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