Dite la verità, parlo a quelli più
sensibili alle tematiche ambientali, qualche volta vi è venuto il dubbio,
tirando lo sciacquone del vostro bagno, che si sprechi troppo acqua. A me è
successo. Io però non ho ancora trovato una soluzione al problema. Se, al
contrario, non è stato un vostro pensiero ricorrente, qualcuno negli Stati
Uniti ci ha riflettuto su. Sembra infatti che in quelle terre stiano pensando
al recupero sostenibile delle acque reflue dei gabinetti. Pensate un po',
qualche litro di biocarburante l'anno direttamente dal water. Forte, no ?
Il problema
delle acque reflue mondiali non è uno scherzo. Com'è noto, il loro contenuto di
sostanze organiche ed inorganiche le rende inutilizzabili per uso diretto, perciò
siamo costretti a depurarle, con costi elevati. Nei soli USA la stima parla di
circa 130 miliardi di litri all'anno, con i relativi 15.000 impianti di
trattamento. Al 2012 l'Istat contava circa 10.000 impianti di tipo primario in
Italia, di cui il Piemonte è la regione con il maggior numero. Ma non si può
proprio ricavare niente da queste acque? Scienziati ed ingegneri del
Dipartimento di Energia del Pacific
Northwest National Laboratory, stato di Washington, hanno creato un
processo, denominato liquefazione idro-termica (HTL l'acronimo americano), con
il quale si ottiene un semilavorato molto simile al greggio naturale. La
differenza dove sta? La natura ci mette molti millenni per produrlo, a costo
praticamente nullo, i tecnici attaccano la spina e in 3/4 d'ora ecco servito il
petrolio artificiale.
Naturalmente la tecnologia non funziona solo
con i resti delle nostre elaborazioni interne, ma anche con altri rifiuti
organici umidi. Oltre a quelli proveniente dagli impianti fognari, si parla di alghe,
letame o grossi resti vegetali (alberi
potati per malattia, ad esempio). Questi una volta erano considerati fonti
povere per i biocarburanti, perché i processi naturali molto lunghi tendono ad
asciugare i composti, cosa che non accade nel caso della liquefazione
idro-termica. Tutto ciò che serve è pressione e calore, per cuocere l'ammasso
formatosi a circa 350 gradi. Non è il solo
recupero il fattore importante, che tutto sommato non rappresenta una elevata
percentuale rispetto a quanto scarichiamo nei nostri bagni, ma anche la
questione di evitare i costi di smaltimento, eliminare completamente i rifiuti
e trasformarli in bio-carburante.
L'HTL crea inoltre una piccola quantità
di solidi ricchi di nutrienti, utilizzabili nella produzione di fertilizzanti. Si
tratta di una tecnologia molto più efficiente del bio-etanolo, ottenuto per
fermentazione delle biomasse, dato che permette di guadagnare da tre a quattro
volte l'energia necessaria per produrlo, cosa che non accade con il bio-etanolo.
Poi, il bio-carburante dell'HTL può funzionare nella sua forma più pura,
inserendolo direttamente nei serbatoi dei veicoli, ma con emissioni
drasticamente ridotte. Hanno calcolato che la liquefazione idrotermica genera
fino al 75% in meno di inquinamento da CO2 rispetto alla benzina.
L'EPA, Agenzia di Protezione Ambientale
statunitense, ha valutato positivamente questa tecnologia e vuole fare un
esperimento pilota; verrà condotto con la società Metro Vancouver, che sta realizzando un impianto dimostrativo. I
ricercatori sono convinti che questa non sarà la panacea di tutti i mali
ambientali, ma solo un tassello importante nel grande mosaico delle energie
rinnovabili e della efficienza energetica. Anche perché i numeri non sono
applicabili su larga scala. Si stima che con l'HTL si possa produrre fino a 45
milioni di barili di bio-petrolio all'anno, contro la necessità attuale degli
USA di circa 18 milioni di barili di oro nero al giorno.
Chi lo sa, magari un giorno dal nostro
bagno partirà un tubo verso la nostra pompa di benzina personale. Come diceva
un vecchio adagio: "dal produttore al consumatore". Solo che in
questo caso i due soggetti coincidono.
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