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lunedì 14 luglio 2014

Gli integralisti della formazione



Prendo spunto da due eventi, uno familiare ed uno di cronaca nazionale, per scrivere di cultura, educazione, tecnologia ed “umanità”. Un mio nipote ha sostenuto gli esami di terza media e, tra l’altro, ha affrontato la prova Invalsi con un esito non brillantissimo: questa prova naturalmente ha influito sul suo voto finale. Intanto, notizia di ieri, spunta una prof di Chimica dell’università di Messina che boccia alla grande, con esami scritti da premio Nobel e studenti costretti a ripetere l’esame N volte (con N maggiore di 10); per non parlare dei colleghi della prof che la vedono come un essere “distante”.

Come collegare i due fatti? È presto detto. La valutazione didattica delle persone, sia alla scuola media che all’università, non può prescindere dall’elasticità mentale di chi giudica. Nel caso delle prove Invalsi, nate tempo fa per essere un metro anche per la validità di insegnamento dei docenti, i risultati vengono inseriti in un software che dà il suo responso. A me sa tanto di un qualche film di fantascienza: come non ricordare Gamma, sceneggiato Rai degli anni ’70, dove, con freddezza elettronica, si giudicava la colpevolezza degli imputati mediante un calcolatore. Poi, a proposito di queste fatidiche prove, vengo a sapere che in diversi casi gli esaminatori filtrano alcuni errori inserendo i dati rivisti alla luce delle conoscenze dello studente, ossia della sua preparazione generale (ottima per il nipote in questione) e non figlia del momento: per me, la cosa più giusta (si potrà realizzare un software con tali correzioni?).

Invece, nel caso della saccente prof di Chimica, la tecnologia non c’entra: è lei che propone quesiti vertiginosamente complicati, dai quali gli universitari non riescono  a districarsi perché arrivano senza basi dagli anni precedenti (parole sue). In tutta franchezza, questo per me è protagonismo. L’università, sia chiaro, deve dare insegnamenti precisi e formativi per le professioni di domani: ma così le persone si castrano, si frustrano ! Basterà una materia, per quanto fondamentale, a segnare la carriera e la vita degli sfortunati allievi della docente ? Certo che no ! Siamo ancora figli di un’educazione che considera la scuola e i suoi risultati il metro inossidabile per giudicare studenti e uomini, senza capire che la preparazione alla vita aumenta senz’altro cadendo e rialzandosi, ma senza necessariamente cicatrici a lungo termine. Per non dire di tempo e soldi sprecati per gli studi, specie in tempi dove la laurea, nel senso del pezzo di carta, in Italia vale ben poco.

Cara prof e cari sostenitori delle Invalsi, cari integralisti della formazione, continuate pure a fare degli schemi i vostri principi di vita, a pensare che il 2+2=4 sia la regola base in tutto e per tutto; continuate pure a trascurare l’intelligenza emotiva, attributo fatto di carisma, forza d’animo, spirito di coesione e adattamento, che non si può certo misurare con un calcolatore né tantomeno con severità prettamente didattica e nozionistica; lo si può fare con intelligenza e abilità che forse vi mancano. La storia insegna che, nonostante  la preparazione sia strettamente necessaria, un 10, un 100 (il mio ex 60) o un 110 e lode non sono condizione sufficiente per un futuro soddisfacente e sereno, lavorativamente e affettivamente. Perché, nessuno lo dimentichi, lo scopo più nobile dell’istruzione e della cultura è formare gli uomini, dando loro una vita dignitosa e, allo stesso tempo, di qualità almeno decorosa.

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