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giovedì 18 luglio 2019

Cuore e tecnologia: possibili scenari



Questo blog tra 15 secondi si autodistruggerà. Quindici, quattordici, tredici…
E no, non accadrà. Però vi confesso che ci ho pensato. Alle scuole di comunicazione digitale insegnano che un blog, come un sito, una pagina Facebook, insomma un posto virtuale dove mostrate qualcosa di voi, sono tutte entità astratte che vanno alimentate. Con le parole, i contenuti, le novità, i segni evidenti che ci siamo, che lavoriamo, per chi si aspetta qualcosa da noi. Ma io qui manco da circa 4 mesi… Ok, il mio blog non è mai stato di grandi pretese, vi rivelo che ho avuto post da più di 1000 contatti e altri di soli 50. Lo so, si tratta di numeri ridicoli nel mare magnum del web. E poi dovrebbe interessarmi poco, dato che non lo faccio per il vile denaro. Però…

Il muscolo cardiaco, indispensabile per la vita, ma anche per l’amore - direbbe qualcuno, è unico. Non ce n’è un altro uguale al nostro. Più tecnicamente, si parla di esclusività della firma cardiaca, un po’ come l’impronta digitale o l’iride. Tale firma può essere addirittura rilevata a distanza. Un nuovo dispositivo, sviluppato per il Pentagono dietro richiesta delle forze speciali statunitensi, può identificare le persone senza vederne il volto, usando la loro esclusiva impronta cardiaca con un laser a infrarossi. Per ora funziona a 200 metri, ma distanze maggiori potrebbero essere possibili con un laser più accurato.

Tra i diversi dispositivi di identificazione biometrica a distanza, questo è quello che sembra promettere meglio. Sono stati fatti dei test con analisi software dell’andatura, ma tale analisi non è risultata affidabile quanto quella cardiaca. Il nuovo dispositivo, denominato Jetson, utilizza una tecnica nota come vibrometria laser per rilevare il movimento superficiale causato dal battito cardiaco. Funziona anche se il bersaglio indossa camicia e giacca. L’approccio è simile a quello solitamente utilizzato per controllare le vibrazioni a distanza in strutture come le turbine eoliche. Ci vogliono circa 30 secondi per ottenere un buon feedback, anche se al momento il dispositivo è efficace solo quando il soggetto è seduto o in piedi.

Per preparare bene il dispositivo ad oggi vi è la necessità di un database di firme cardiache. Si può però partire dai dati biometrici che sono regolarmente raccolti dalle forze armate USA in Iraq e in Afghanistan, aggiungendo appunto i dati cardiaci. Nel lungo periodo, questa tecnologia potrebbe trovare molti altri usi: ad esempio, un medico potrebbe eseguire la scansione di aritmie e altre condizioni da remoto, oppure gli ospedali potrebbero monitorare la condizione dei pazienti senza doverli collegare alle macchine.

Ma i naturali legami tra tecnologia e cuore sono in continuo divenire. Se nel caso precedente si tratta di riconoscimento perlopiù a fini militari o di sicurezza, è allo studio un altro caso a scopi puramente sanitari. Avete presente Alexa, l’assistente domestico di Amazon che risponde alle domande o interagisce con alcuni dispositivi tramite i comandi della nostra voce? Sembra che possa venirci in aiuto in caso di arresto cardiaco, semplicemente ascoltando il respiro modificato di chi inizia a star male. Il sistema, sviluppato dai ricercatori dell'Università di Washington, utilizza l'apprendimento automatico per identificare il suono ansimante (noto come respirazione agonizzante) che un individuo emette in caso di emergenza personale. Questo è un segnale di avvertimento precoce per oltre la metà di tutti gli arresti cardiaci.

I ricercatori hanno addestrato il sistema usando registrazioni di persone in pericolo di vita catturate da circa 700 chiamate del 911 di Washington. Hanno usato 729 chiamate per un totale di 82 ore di registrazioni. Inoltre, l'hanno testato con altri suoni avvertibili di solito in una stanza nelle ore notturne, come il russare, per eliminare i falsi positivi. Aggiungendo poi suoni del sonno raccolti da 35 volontari e 12 pazienti con problemi di apnea, il sistema è riuscito a identificare correttamente la respirazione agonizzante nel 97% dei casi, da una distanza massima di circa 7 metri.

Lo strumento è ancora ad uno stadio di prototipo, quindi è presto per renderlo disponibile al grande pubblico. E’ quello che ha affermato il professor Chan, team leader del gruppo di ricerca, suggerendo che per il prodotto definitivo sarà necessario che il sistema emetta un avviso di alcuni secondi agli utenti, prima di chiamare i servizi di emergenza, allo scopo di annullare eventi come i falsi allarmi. Una messa a punto necessaria, applicabile sia a sistemi come Alexa che a normali smartphone, grazie alla quale un’auspicabile larga diffusione potrà renderlo validissimo nel far giungere i soccorsi in tempo utile e salvare molte vite.





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