Qual è l’organo del corpo umano più
affascinante? Il cervello. E’ chiaramente un mio punto di vista, per voi
potrebbe essere un altro. Non si può negare, però, che nella sua complessità
ancora del tutto esplorata, si annidano delle prestazioni uniche con risvolti
interessanti. Ma il cui uso potrebbe farci preoccupare. No, non parlo di
droghe. Sto pensando ad utilizzi che permettono di scoprire pensieri reconditi
del singolo individuo, perché sembra che il cervello dica sempre la verità.
Partiamo da un esempio ameno. All’apparenza.
I grandi sistemi per la lettura della
mente sono molto più vicini a diventare una realtà di quanto si possa
immaginare. Un nuovo studio condotto presso il D'Or Institute for Research and Education, a Rio de Janeiro, ha
utilizzato una macchina per la risonanza magnetica per leggere le menti dei
partecipanti e scoprire quale canzone stavano ascoltando. Nell'esperimento, 6
volontari hanno ascoltato 40 brani di musica classica, rock, pop, jazz e così
via. L'impronta neurale di ogni canzone sul cervello dei partecipanti è stata
catturata dalla macchina a risonanza, mentre un computer stava imparando a riconoscere
i modelli cerebrali provocati da ogni brano musicale. Per fare ciò, il
calcolatore ha tenuto conto di parametri musicali come tonalità, dinamica,
ritmo e timbro.
Il passo successivo è stato far
identificare al computer i brani ascoltati dai partecipanti, in base alla loro
attività cerebrale, un procedimento noto come decodifica del cervello. Di fronte
a due opzioni, il computer ha mostrato fino all'85% di accuratezza
nell'individuare la canzone corretta: una grande prestazione rispetto a studi simili
precedenti. Lo scopo di questi "giochetti" è di aprire la strada a
nuove ricerche sulla immaginazione uditiva e sul linguaggio neurale. Nel campo
clinico, ciò può migliorare le interfacce cervello-computer al fine di
stabilire una comunicazione con i pazienti affetti da sindrome locked-in (pseudo-coma). In futuro, gli
studi sulla decodifica del cervello e sull'apprendimento automatico creeranno
possibilità di comunicazione indipendentemente da qualsiasi tipo di lingua
scritta o parlata.
Avevo ragione, l’esempio era ameno fino
ad un certo punto. Ma cosa succederebbe se invece il cervello fosse usato per
conoscere parole e frasi che una persona si rifiuta di affermare? Lo so, ora vi
viene in mente la macchina della verità, presente in molti film ma anche in alcune
realtà di un passato
non troppo lontano. In quel caso però l'attività encefalica era poco o per
niente coinvolta. Ma le tecniche neuro-scientifiche continuano ad avanzare, e comprendono
l'uso di scansioni cerebrali per rilevare l'inganno di un individuo, insieme a
risposte neurologiche per determinare se qualcuno ha una conoscenza dettagliata
di un crimine. Tuttavia le loro applicazioni nella giustizia sollevano
preoccupazioni riguardo alla minaccia dei diritti individuali. Di questo parla
una recente pubblicazione sulla rivista Frontiers
in Neuroscience, mettendo in discussione le implicazioni etiche che
derivano dalla possibilità che una persona rilevi involontariamente una propria
colpa.
"Dalle neuroscienze si potrebbero
trarre informazioni rilevanti sulle capacità di un individuo, ma ci sono anche
stati tentativi di impiegare metodi neuro-scientifici per ottenere intuizioni -
e per informare giurie e giudici - sull'intenzione delle persone e circa la loro
possibile colpevolezza" ha affermato il prof. James Giordano, coautore del lavoro. Deve essere pertanto incoraggiata
la discussione sulla necessità di linee guida chiare, che prendano in
considerazione sia il potenziale che i limiti della scienza del cervello nei
contesti legali. Negli USA infatti le attuali regole delle prove federali
forniscono criteri rigorosi, che limitano il modo in cui la scienza del
cervello può essere utilizzata, ma ci sono occasioni in cui viene comunque considerato
l'uso di prove neurologiche. Il problema è quindi definire un limite mentale e
personale, oltre il quale vada sancito il diritto alla privacy, o in alternativa,
far firmare all'imputato un consenso informato all'uso di tali prove.
Si tratta di un argomento alquanto
spinoso, ma che il rapido avanzare delle neuroscienze costringe ad indagare,
approfondendo le relazioni tra scienza del cervello, etica e diritto a livello
internazionale. Già tempo fa avevo accennato agli intrecci tra la
tecnologia e il diritto, allo scopo di rendere meno soggettivi certi giudizi;
nello studio del prof. Giordano si cerca invece di capire fin dove può essere
spinta la forza della tecnologia per conoscere la pura verità, entrando in
contatto con particolari neurologici troppo intimi, fino a toccare ciò che si
definisce coscienza. A furor di popolo si opterebbe per conoscere sempre e
comunque la verità, anche prevaricando i diritti degli imputati e dei
testimoni. A lume di ragione forse si avrebbe minor certezza.
(fonti https://www.eurekalert.org/pub_releases/2018-02/f-cyb020218.php ; https://www.eurekalert.org/pub_releases/2018-02/difr-isl020118.php; nella foto, un frame dello sceneggiato Rai degli
anni '70 "Gamma" - per restare
in tema etica e cervello)
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