La felicità non è un concetto semplice
da spiegare. La si può provare, se ne può sentire la mancanza, oppure esserne
investiti in un tempo così breve che a malapena si riesce ad accorgersene.
Raramente, almeno per come la vedo io, è uno stato d'animo. Credo però sarete
d'accordo con me che quando sta per accadere qualcosa di bello, un evento, un
incontro, un ritrovarsi dopo molti lustri, l'attesa che precede quel momento è
piena di eccitazione, di fervore, di luccichio dell'anima. Forse proprio di
felicità. Ed oggi è successo questo.
Per chi mi conosce nella realtà o mi
segue nel moderno mondo virtuale sa che le mie origini sono pugliesi. Della
Puglia interna, quella delle retrovie rispetto alla costa adriatica della
provincia di Bari, la mia appunto. Quella che sta a contatto con la Murgia ma
anche con la Lucania. Una terra aspra e selvaggia. In una sola parola, scusate
la parzialità, bella. Quando, un secolo fa, dovetti scegliere le superiori,
optai per una scuola tecnica, perchè sembrava quella la mia passione, e la
scelsi nella vicina città di Matera (che non vi vengano facili battute con il
mio cognome, mi raccomando). La terminai nel lontano 1987, dopo un percorso di
studi non semplice, sia per motivi didattici che per la vita da pendolare,
oltre che per la riprovevole logistica: 4 sedi diverse in 5 anni. Così, dopo
alcuni tentativi, gli studenti di allora, tutti più che maturi, oggi si sono
rivisti e riabbracciati 29 anni più tardi.
Il viaggio che ho fatto in auto per
raggiungere il posto del convivio è stato l'emblema di quella che può definirsi
una febbricitante attesa. Ora, non fraintendetemi, sono abbastanza adulto da
non confondere le cose serie (la nascita di un figlio, ad esempio) con quelle
più amene come questo evento. Eppure a me è parso di tornare indietro nel
tempo. Non certo in quello materiale e fisico, nel tempo che fa discutere
fisici quantistici e filosofi con lo stesso fervore, ma anche chi vive di
rimpianti. Voglio dire il tempo dell'anima, di come ci si possa proiettare per
un attimo in momenti di vita vissuta e ripercorrerli, se ne abbiamo la fortuna,
con le stesse persone, gli stessi compagni di una volta. E' una possibilità,
specie quando gli anni passano, e in fretta pure, che non accade di frequente.
Se succede, però, bisogna prenderla al volo.
Avevo la strada davanti stamane, ma non
ero concentrato sull'asfalto. Ripercorrevo con tutto me stesso la vitalità,
l'energia, la passione, la voglia che avevamo tutti allora, di vincere al gioco
della vita, di provarci, di accettare le sfide, di combattere, di alzarsi
prontamente dopo ogni caduta. Ce le vedevamo negli occhi queste cose, nelle
risate sincere, nell'assenza di veri problemi e forse nell'inconsapevolezza
adolescenziale che quelle difficoltà potessero esistere. Ognuno veniva preso in
giro dagli altri, ma solo con affetto, con familiare scherno, senza mai avere
un animo macchiato dall'adulta cattiveria. Si scherzava di professori, di professoresse
soprattutto, visti i fisiologici picchi ormonali di quegli anni, e di ragazze
in generale, ma anche di pallone ed altre allegre stupidaggini. Com'è successo
a tutti, naturalmente.
C'erano le nuvole per strada oggi, a
farmi compagnia durante il tragitto che mi portava verso quei compagni di
scuola. Ma c'era anche un sole bollente, che scaldava quella terra di cui
dicevo sopra e che stavo attraversando, un paesaggio che amerò sempre, per la
sua rudezza e fierezza, una affianco all'altra, pronte ad insegnare le cose
semplici. Mi pareva tutto perfetto, come mi pareva la vita allora, con gli occhi
non smaliziati e pronti ad accogliere il bello che stava per venire. Ed è per
questo che andare a ritrovarli quasi tutti, i compagni del 5° superiore, mi ha
fatto provare una sincera ebbrezza di felicità.
Felice a mia volta. Grazie
RispondiEliminaGrazie a te amico mio :-)
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