Una volta era usanza chiedere ai
bambini, tipo in età da scuola elementare, “cosa vuoi fare da grande?”. Nelle
risposte si andava dalla semplice “il benzinaio” (che oggi non sarebbe neanche
male), passando per “il dottore” (era già quello scafato che voleva giocare con
l’ammalata…), fino a “l’astronauta”. Quest’ultima veniva da pargoli più
ambiziosi, per vocazione o perché spinti da genitori visionari, i quali davano
loro già cenni su NASA e dintorni, e magari sognavano i figli nelle capsule in
partenza da Cape Canaveral. Ma, sogni a parte, l’ente spaziale americano è più
vicino alla gente comune di quello che si pensa. E, a volte, bandisce concorsi
pubblici con premi milionari.
Centennial Challenges è un’iniziativa che la Nasa
porta avanti dal 2005 per coinvolgere i cittadini sugli ultimi sviluppi
tecnologici. E forse per risolvere alcuni problemi, tant’è vero che nelle
edizioni passate pare abbiano ottenuto un'ondata di soluzioni creative,
provenienti sia dal mondo accademico che da inventori improvvisati, oltre che da
piccole imprese. Si è arrivati così a tecnologie come lander lunari, ascensori spaziali e speciali guanti da astronauta. L’ultima
sfida prevedeva di progettare e costruire piccoli satelliti autonomi, di forma
cubica, per speciali operazioni intorno alla luna.
L'attuale competizione richiede la
creazione di habitat completi stampati in 3D, con un occhio a come la cosa
potrebbe essere attuata sul pianeta Marte, voce molto sostenuta nei programmi
Nasa del futuro prossimo (qui
avevamo discorso di come potrebbe essere l'alimentazione lassù). L'obiettivo è
quello di essere in grado di "stampare" una grande struttura, atta a
contenere un intero ecosistema, utilizzando materiali indigeni o riciclati. Si
vuole infatti riuscire a inviare nello spazio solo la macchina di stampa e non la
materia prima. Ed è una differenza non da poco, dato che in luoghi
particolarmente difficili o costosi da raggiungere, tipo il pianeta rosso, ogni
chilogrammo di peso risparmiato nel trasporto è prezioso.
Il concorso prevede tre fasi. Nella
prima, terminata entro il 2015, alcuni team hanno sviluppato degli habitat
innovativi sia dal punto di vista architettonico che riguardo la loro
producibilità tramite la tecnologia 3D. La seconda fase, quella attuale con
montepremi di 1,1 milioni di dollari, prevede la maggiore creatività per ciò
che riguarda la fabbricazione di componenti strutturali, partendo da una
combinazione di materiali locali e riciclabili. E capite bene che quando si
parla di materiali locali marziani la sfida non sarà una passeggiata. Questa
fase verrà gestita e coordinata con la prestigiosa università di Bradley, dell’Illinois,
e con un gigante mondiale della meccanica, la Caterpillar. Nella terza ed
ultima fase si procederà con la stampa 3D vera e propria dell’habitat progettato,
ma in scala ridotta. Qui il montepremi è ancora più ricco, pari a 1,4 milioni
di dollari.
La NASA potrà utilizzare queste
tecnologie come supporto ai futuri esploratori umani su Marte. Sulla Terra,
queste stesse funzionalità potrebbero essere utilizzate anche per la produzione
di alloggi a prezzi accessibili, oppure quando l'accesso ai materiali da
costruzione tradizionali o alle competenze progettuali sono limitati. Dunque,
vengono combinati ambiti espressamente futuristici con temi sociali, ossia portare abitazioni in
luoghi remoti e poveri della Terra. Il concorso è aperto ad aziende
statunitensi ma, udite udite, anche a cittadini di ogni nazionalità del globo
(tranne appartenenti a stati particolarmente “istrionici”, tipo Nord Corea, per
intenderci). Cosa aspettate ad iscrivervi ?
(fonte
http://makezine.com/2016/12/21/design-a-mars-habitat-for-a-chance-at-a-1-1-million-prize-from-nasa/)
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