Ecco, ce l’ho fatta, ho ricominciato. Ci
voleva la pandemia? Può darsi. Oppure è solo quella insana voglia di scrivere
che talvolta non si riesce a tenere dentro e deve sprigionarsi per forza.
La Natura ci ha fatto grandi doni. Oltre
alla vita stessa, voglio dire. Come sappiamo bene, o almeno una parte di noi ne
è a conoscenza, l’inestimabile ricchezza disponibile sul pianeta Terra ce la ritroviamo
soprattutto per una grossa botta di fortuna. Al contrario, la presenza
dell’uomo è indifferente alla Natura stessa. Meglio, forse le era indifferente
fino a qualche tempo fa, visto che nell’attuale era dell’antropocene la stiamo
violentando in grave modo. Ancora non vi è una presa di coscienza generale, per
mancanza di cultura o per grandi interessi economici, del fatto che tale
violenza sia un boomerang ridiretto verso l’uomo. I catastrofisti credono che
di questo passo ci estingueremo.
Lo stesso coronavirus pare sia figlio dell’atteggiamento
prevaricatore, tipicamente umano, verso madre Natura. Abbiamo spinto per anni
sull’acceleratore del consumismo, dello sfruttamento, del volere tutto al
prezzo più basso, soddisfacendo i nostri egoismi a danno anche di alcune zone
del mondo e dei suoi abitanti. Risultato? Un sensibile spostamento degli
equilibri biologici planetari verso aree di grande instabilità. Ma il
coronavirus, come tutti gli esseri viventi, continua a seguire il suo istinto
primordiale, ciò per cui la Natura lo ha programmato: replicarsi. Perché ci
infetta e in alcuni casi ci fa soccombere? Semplice, dentro di noi trova
ambiente fertile per riprodursi, per conservare la sua specie, non perché gli
siamo particolarmente antipatici. Tutti gli animali, scopro l’acqua calda, non
hanno mai perso la funzionalità primaria per cui esistono: continuare a riprodursi.
Banale, vero? Ne avevo parlato qui tempo fa.
Tutti gli animali, dicevo. Siamo proprio
sicuri? Anche l’uomo rientra in questa logica? A guardare il nostro DNA
sembrerebbe di sì. O, nell’alternativa di chi crede, secondo il progetto del
Creatore. Ma la specie umana è, nel regno animale e comunque su tutto il
pianeta azzurro, quella più dotata di intelligenza. Essa ci contraddistingue
perché ci dà coscienza di chi siamo (almeno in teoria), ci permette di avere
una visione del futuro, lasciandoci adattare alle avversità, e di programmare
in tempo come comportarsi (se non siamo volutamente ciechi). Naturalmente non è
solo questo. Lo sviluppo neurale umano di molte migliaia di anni ha portato
anche altro. Parlo di quel carattere borderline dell’intelligenza che
sfocia nella considerazione smodata di sé stessi, nell’egoismo, nella furbizia,
nel nostro tornaconto. Nessun altro animale possiede tali aspetti. L’uomo, nel
passaggio da erectus a sapiens ed infine alla sua versione
iperconnessa, ha sviluppato un Io molto spinto, dimenticando il Noi. Ecco
il nocciolo della questione.
Non più procreazione e riproduzione della
specie, ma tensione eccessiva di un edonismo fine a sé stesso, limitato al
proprio orticello, ma difficilmente condiviso. Ci affanniamo giornalmente per
essere migliori degli altri, non per essere migliori con gli altri. Non abbiamo
più un progetto unico che ci faccia remare nella stessa direzione, magari
sfruttando le giuste correnti. Ognuno va da sé, e quando qualcuno si permette
di dissentire, lo tacciamo di ignoranza, perché la nostra soluzione è sempre quella
giusta, la perfetta. Si è persa la capacità di ascolto, fondamentalmente. E, last
but not the least, il fatto che i tassi di natalità vadano drasticamente
calando nei paesi “civilizzati”, è un ulteriore segno di questo pseudo-progresso.
Indaffarati come siamo, persi dietro a superficiali miserie, procreiamo molto
meno di un tempo, con la convinzione che ciò sia solo uno degli inevitabili aspetti
del benedetto progresso. Però il rischio è che tra gli inevitabili aspetti
rientri pure la chiusura dei porti, o anche il ruotare il capo dall’altra parte
se incrociamo lo sguardo di un mendicante. Finchè qualche presidente di regione
risolverà presuntuosamente quest’ultimo problema, togliendoceli dalla vista.
L’intelligenza umana è diventata più una
sorta di cattiveria ragionata. L’animale esterna la sua aggressività solo se motivato
dall’istinto della fame o della sopravvivenza. Per l’uomo non è così. Si mette
in difficoltà un familiare, il vicino, un collega, uno Stato più debole per
puro sadismo, per manifestare la propria forza, per ingrassare le proprie
tasche, ridendo delle disgrazie in cui finirà chi stiamo schiacciando. Anche il
non comprendere quale importanza abbia per l’intera umanità, dunque per il
singolo, la sostenibilità ambientale, la minimizzazione della nostra impronta
ecologica, sono il frutto dello stesso concetto: nel mio piccolo non posso nulla,
devono essere i politici, i sindaci a rendere vivibile e pulito il
posto dove risiedo. E se inquino traendone vantaggio, che vadano a farsi
fottere i cambiamenti climatici! Il termine Rispetto, nella sua accezione più
ampia possibile, è sparito dal nostro vocabolario. Le ragioni personali hanno
prevalso sulla ragione di tutti e sull’istinto di specie, votato alla
conservazione della stessa, quindi soprattutto dei più deboli.
Dire che ci estingueremo può sembrare
eccessivo. Se guardiamo al numero di abitanti della Terra, in rapido aumento,
ci appare l’esatto contrario. Ma siamo cicale che cantano e godono dei frutti
che, pur se con poco merito, ci arrivano dalla Terra. Quanto durerà ancora
l’estate? Le formiche, molto più previdenti, capirebbero che è tempo di
invertire rotta, facendo le dovute provviste e combattendo unite per la “casa”
che le ospita, ossia per la loro specie. Perché senza questa meravigliosa
dimora, noi spariremmo davvero. Abbiamo paesi con popolazione in crescita
esponenziale e povertà estreme, altri che le multinazionali hanno
“colonizzato”, arrivando all’estremo di schiavitù infantili. E poi, appena
acquistiamo un fiammante smartphone, oppure scarpe sportive griffate, i cui
importi sfamerebbero numerose famiglie del quarto mondo, li mostriamo fieri
come trofei di caccia. Con la differenza che, a lungo andare, siamo diventati
noi le prede: oggi del coronavirus, domani di chissà quale altra pandemia
ancora più terrificante.
Non è mia intenzione fare terrorismo
sociale. Sono, le mie, solo riflessioni di un comune viandante di passaggio su
questa Terra, che prova a fotografare lo stato dell’arte del genere umano. Ma
che altresì vorrebbe urlare “Siamo ancora in tempo per salvarci! Adesso!”.
PS: Per il vezzo del latino titolo, ho
dovuto chiedere al liceale di casa che lo sta studiando. Se non lo trovate corretto, vi prego di
contattarlo… Ah, un’ultima cosa: perdonate la prolissità.